sabato 30 maggio 2009

Il Papa conclude il mese mariano alla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani (Radio Vaticana)


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Il Papa conclude il mese mariano alla Grotta di Lourdes nei Giardini Vaticani

Domani la Chiesa celebra la solennità di Pentecoste: il Papa presiederà la Messa nella Basilica Vaticana alle 9.30 e alle 12.00 guiderà il Regina Caeli. Quest'anno la Pentecoste coincide col 31 maggio, memoria della Visitazione di Maria: perciò si svolgerà questa sera la conclusione del mese mariano. Nei Giardini Vaticani ci sarà una processione accompagnata dalla recita del Santo Rosario. Il percorso dei fedeli si svilupperà dalla Chiesa di Santo Stefano degli Abissini alla Grotta di Lourdes, dove il cardinale Angelo Comastri, Vicario generale per la Città del Vaticano, guiderà la Liturgia della Parola. Quindi, Benedetto XVI rivolgerà il suo saluto ai presenti ed impartirà la sua Benedizione. La Radio Vaticana seguirà l'evento a partire dalle 20.00. Ma come è nata la devozione mariana del mese di Maggio? Isabella Piro lo ha chiesto al padre monfortano Stefano De Fiores:

R. – La devozione del mese mariano, del mese di maggio, è sorta nel ‘700 per opera di tre gesuiti che hanno operato nel nord, nel centro e nel sud d’Italia. Il più famoso è certamente Alfonso Muzzarelli, ed hanno approfittato del ciclo della primavera, quando la natura era in fiore, per convocare tutti i fedeli ad onorare la madre del Signore, che è il fiore dell’umanità.

D. – Per la donna di oggi, Maria quale modello rappresenta?

R. – La donna di oggi s’ispira a Maria, ma, secondo la figura biblica e non secondo alcuni clichés tradizionali che l’hanno presentata come donna passiva e remissiva. Paolo VI, nella “Marialis Cultus” reagisce contro questa presentazione, invitando ad andare al Vangelo, dove si vede che Maria, invece, è una donna attiva e responsabile, che prende decisioni e che proclama il “Magnificat” secondo i criteri di una sapienza divina e non di una sapienza umana.

D. – “Il Santo Rosario non è una pratica del passato o una preghiera meccanica”, ricorda spesso il Papa; che valore ha allora, oggi, questa preghiera mariana?

R. – Il Rosario dev’essere considerato come un modo per metabolizzare, nella nostra vita, ciò che noi celebriamo nella liturgia e che noi annunciamo nella Scrittura, cioè i fatti salvifici per la vita di Cristo – e a cui Maria è stata intimamente unita – vengono meditati e quindi interiorizzati da parte dei fedeli. Come? Il mezzo migliore che abbiamo, fino a questo momento, è proprio quello del Rosario, perché ricorriamo a Maria il cui cuore era veramente – come diceva il santo curato D’Ars– scrigno che conteneva i misteri di Dio. Difatti, Luca ci presenta Maria come Colei che medita nel suo cuore i fatti e le parole riguardanti Gesù.

D. – Pratica stretta del Rosario è, appunto, lo sgranamento della coroncina; ecco, che valore simbolico ha questo strumento?

R. – La ripetizione non è da considerare come un qualcosa di estraneo alla spiritualità, perché fa parte della religione, perché è il solo mezzo che noi abbiamo per interiorizzare. Non basta dire una volta, una cosa bisogna ripeterla; questa è, diciamo, una prima spiegazione del fatto che noi ripetiamo. L’altra spiegazione viene dal fatto che, quando si ama, si ricorre spesso alle stesse parole; “ti amo” si ripete continuamente, per cui il Rosario è visto come un dialogo tra amici. Del resto, anche Gesù, nel Giardino degli Ulivi, ha detto tre volte la stessa preghiera al Padre, perché era sotto l’influsso di un sentimento molto profondo.

D. – I giovani di oggi comprendono l’importanza del Rosario, come aiutarli a capire veramente il valore di questa preghiera?

R. – Bisogna vincere alcuni condizionamenti, perché il Rosario è visto, in genere, come preghiera per vecchiette, per gente che non ha magari niente da fare, e che fa come una specie di cantilena. No, il Rosario non è questo; senza la meditazione dei misteri, il Rosario è come un corpo senza anima. Quando il Rosario è trasformato in un’autentica preghiera ed in un’autentica espressione di spiritualità, perché c’è l’enunciazione biblica, ci sono i momenti di silenzio, c’è il canto – anche del Gloria al Padre, come ci viene raccomandato da Giovanni Paolo II -, allora diventa veramente una preghiera dignitosa, e credo che i giovani, una volta conosciuta e sperimentata, non la lasceranno più.

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