giovedì 28 maggio 2009

Luca Volonté: vita e famiglia, pilastri d’Europa (Ognibene)


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Riceviamo e con grande piacere pubblichiamo:

Volonté: vita e famiglia, pilastri d’Europa

«In Italia la bioetica è teatro di molte battaglie, ma il Parlamento europeo non è da meno: dalle radici giudaicocristiane estirpate dalla Costituzione dell’Unione all’eugenetica, dall’aborto fai-da-te ai fondi destinati alla ricerca sugli embrioni. E noi dovremmo tacere?» Il giovane parlamentare Udc spiega le ragioni della sua scelta di correre per Strasburgo

di Francesco Ognibene

Tra i candidati a Strasburgo è uno dei più giovani, ma il suo nome è già noto da tempo tra chi si occupa di vita e famiglia. Luca Volonté – deputato a Montecitorio per l’Udc – corre per un seggio con l’idea di portare in Europa le sue battaglie sulle grandi questioni eticamente rilevanti del nostro tempo.

Ci sono già moltissime sfide su grandi temi etici in Italia. Vale la pena di puntare anche sull’Europa?

«Difendere e proporre i 'valori non negoziabili' è la ragione della mia vita privata e pubblica, la proposta di una esperienza. In Italia la bioetica è teatro di molte battaglie, ma il Parlamento europeo non è da meno: dalle radici giudaico-cristiane estirpate dalla Costituzione dell’Unione alla deriva sull’eugenetica, dall’aborto fai-da-te ai fondi destinati alla ricerca sugli embrioni umani. Frullano i nostri figli nei laboratori, lo fanno con i nostri soldi e noi dovremmo tacere? Mai, è una questione di laicità e di civiltà».

Vita e famiglia: su quali battaglie ha trovato ascolto e sintonia, e dove invece ha incontrato ostilità o indifferenza?

«Le 'frequenze' cristiane, in Europa, sono avversate da lobby potenti e da un laicismo relativista diffuso, marcatamente cristofobico. Quanto alle ostilità, basti ricordare il trattamento riservato nel 2004 a Rocco Buttiglione, allora designato come Commissario europeo alla Giustizia e libertà, ma stroncato da un feroce complotto messo in atto per tutelare i privilegi omosessuali, a scapito di procedure e competenze istituzionali».

Su quali punti occorre battersi in Europa?

«Dignità assoluta della vita umana, difesa della famiglia come unione tra un uomo e una donna fondata sul matrimonio, tutela dell’occupazione e della libertà di scelta educativa. Sono questi cardini dell’ethos europeo che si sono smarriti. Ma l’esperienza del popolo cristiano è viva, e qui sta ogni speranza per l’Europa. Su sicurezza e immigrazione, per esempio, mi preoccupa la politica di un governo che abiura l’accoglienza e mette a rischio i laici diritti umani, confidando negli sterili respingimenti. L’immigrazione clandestina è un problema europeo, non solo italiano, e l’Europa deve occuparsene, nonostante l’ignavia anche dei nostri commissari europei negli ultimi cinque anni. L’Europa rischia di tornare a essere un 'paese delle tenebre' e della paura, proprio perché ha perso la memoria delle sue radici, quindi la coscienza di sé e la speranza nel futuro. Urge l’azione di uomini e donne che pongano al centro dell’arena pubblica europea tutto il positivo dell’esperienza cristiana e perciò si oppongano allo svilimento umano e civile che stiamo vivendo. Sulla famiglia come sulla libertà della Chiesa c’è bisogno di una ripresa di realismo e laicità».

Nelle assemblee internazionali tende a prevalere la convinzione che l’etica sia una somma di approcci individuali, e che dunque sia preferibile una sostanziale neutralità. Apparente, peraltro, perché punta a fare piazza pulita delle antropologie 'concorrenti'. Cosa ne pensa?

«Smarrendo la via dell’etica, azzerando il significato di bene e male – lo diceva Isaia – ci siamo inoltrati in tempi cupi e terribili, l’Europa ha perso la bussola, barcolla invece di procedere. La deriva eugenetica è sotto gli occhi di tutti, l’eutanasia per gli anziani e i malati, l’olocausto degli embrioni e dell’aborto sono la realtà di ciò che avviene nei Paesi europei. Di certo, non è con la pavidità del relativismo che si tutela la vita umana. Se essa non torna a essere considerata come il bene più prezioso, se non torna il 'personalismo cristiano', non usciremo nemmeno dalla crisi economica e sociale. Solo gli sprovveduti e i superbi non capiscono l’analisi di Benedetto XVI sulla crisi etica da cui sorge quella economica».

L’Europa è puntualmente in affanno di fronte alle grandi questioni. Non sarà che dietro questo perenne ritardo c’è un’idea sbagliata o tradita di Europa?

«La simbolica abolizione di Dio dalla storia europea avvenuta nel 2004 ha evidenziato gli effetti della spaventosa mancanza di speranza della vita quotidiana, un vuoto nel quale trovano spazio la droga, l’emergenza educativa, l’indifferenza verso le situazioni economiche dei Paesi dell’est, la cattiveria verso i richiedenti asilo... Ora la crisi ci dà una occasione irripetibile di 'tornare indietro per andare avanti', come profeticamente dicevano Eliot, Chesterton e Lewis nel secolo scorso. I costituenti europei si sono illusi di spegnere la luce di Dio e ora sono al buio, perciò si finanziano le più abominevoli ricerche pseudo-scientifiche sugli uomini- cavallo mentre si salvano cagnolini e seppie di mare. L’esperienza inglese di educazione al libertinaggio sessuale ha prodotto decine di migliaia di giovani violenti e disadattati, oltreché miliardi di sterline di spese sociali. Ora si pensa a direttive che obblighino alla parità di diritti tra coppie omosessuali e famiglie, diritti uguali e doveri solo per le famiglie. Non saranno l’ideologia del gender o lo scientismo a salvare l’Europa, ma una ripresa delle ragioni della speranza».

La famiglia è oggetto di attenzione da parte delle istituzioni europee, e non sempre per tutelarne la natura ma piuttosto per estenderne il concetto. Cosa occorre fare al Parlamento europeo?

«Proporre politiche che non inquadrino la famiglia come un fatterello privato ma per ciò che è: una società naturale costituita da un uomo e una donna, fondata sul matrimonio. Solo dentro una famiglia si educano i cittadini virtuosi del domani, perciò essa è un fattore di coesione sociale. In alcuni Paesi la famiglia è più solida nonostante l’assenza di politiche specifiche, mentre in altri è l’esatto contrario. Occorre dunque ribadire che le politiche familiari devono essere applicate in via sussidiaria e non assistenziale, riconoscendo la famiglia come cellula primaria della società che crea benessere e prosperità».

Non di rado sui temi etici si è trovata una saldatura con parlamentari di ispirazioni diverse da quella cristiana, e altrettanto spesso è stato proprio il fronte degli eurodeputati di matrice cristiana a teorizzare l’impossibilità di 'imporre' la propria etica a chi non la condivide. Cosa ne pensa, e cosa ritiene di poter fare?

«Grazie all’Udc, tra i fondatori del Partito popolare europeo, al recente congresso di Varsavia si sono reinseriti i valori non negoziabili nel Programma del Ppe per le Europee. Non c’è da imporre nulla: la nostra proposta è la più ragionevole e convincente, la più utile per la democrazia e per la prosperità sociale. Sono altri che pretendono di ridurre al silenzio i credenti. C’è chi vuole che i cattolici abbandonino la fede, un ostracismo e una discriminazione inaccettabile. È nostro dovere proporre la condivisione di princìpi e valori per noi sono assoluti e imprescindibili attraverso la presentazione di risoluzioni con cui consolidare i diritti umani».

Cosa le hanno insegnato le battaglie parlamentari in Italia su famiglia e vita?

«Questi anni incredibili di audacia e responsabilità mi hanno confermato nella fede, nella sua dimensione di preghiera come in quella pubblica: questo è il più bel dono che Dio mi ha fatto. I cavalieri medioevali dicevano che chi non sa stare in ginocchio nemmeno sa stare in piedi. Così ho combattuto in Italia, e farò in Europa ».

© Copyright Avvenire, 28 maggio 2009

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