mercoledì 15 aprile 2009
La provocazione del Papa al cuore del sacerdozio: Quella domanda della gente di preti «innamorati» (Don Salvatore Giuliano)
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PROVOCAZIONE AL CUORE DEL SACERDOZIO
Quella domanda della gente di preti «innamorati»
DI DON SALVATORE GIULIANO
Nella tradizionale Messa crismale, Benedetto XVI ha lasciato anche quest’anno a tutti i sacerdoti un prezioso messaggio che ci aiuta ad entrare sempre meglio in quel grande «Dono e Mistero» consegnato nelle nostre fragili mani. Il Papa ha ricordato come il Maestro, pregando il Padre per gli Apostoli e per quelli che avrebbero continuato il loro ministero sacerdotale , ha chiesto: «Consacrali nella verità.
La tua Parola è verità» (Gv 17,17).
In quel modo Gesù otteneva la consegna dei Dodici nelle mani del Padre, tirandoli fuori dal mondo per essere inseriti totalmente in Dio.
Ha voluto così ricordare che la nostra vera dignità sacerdotale , iniziata nel giorno della consacrazione, si misura proprio nell’essere tirati nell’intimo di Dio, attraverso un’immersione totale nella sua Parola. È questo il nutrimento quotidiano del ministro ordinato che deve dare un’impronta alla vita e al pensiero.
È la Parola che ci indica a quali stili alternativi dobbiamo avere il coraggio di rinunciare per essere realmente prolungamento del sacerdozio di Cristo. È la familiarità con Dio che il sacerdote vive a renderlo faro per la vita di tanti.
Le parole del Papa ci richiamano a centrare nell’incontro quotidiano con Dio il nocciolo fondamentale dell’essere preti. I nostri fedeli vogliono vederci innamorati di Cristo, vogliono ritrovare in noi dei maestri di preghiera che, grazie alla profonda familiarità con Dio, riescono ad indicarlo presente nella vita di ciascuno. La richiesta di quei greci che, rivolgendosi all’apostolo Filippo, dissero «Vogliamo vedere Gesù» (Gv 12,21) è il grido interiore che tacitamente tanti rivolgono a noi.
La familiarità con l’Eucaristia che ogni giorno abbiamo tra le mani, il continuo conferimento degli altri Sacramenti e la proclamazione ininterrotta della Parola, portano con sé il rischio di farci smarrire il senso di trascendenza per ciò che ci è stato donato, per la realtà ontologicamente inscritta in noi. È importante in realtà che tutti ci scoprano sempre appassionati ed entusiasti della nostra vocazione. È di una potente eloquenza il farci trovare spesso raccolti e in ginocchio, in profonda orazione innanzi al Tabernacolo, immersi nel Mistero della sua presenza.
Lo sguardo appassionato sul suo Corpo, l’intensa vita ascetica, il capo reclinato teneramente sul petto del Maestro… è questo che il mondo ha bisogno di vedere in noi sacerdoti e non tanto l’abilità nel management dell’esercizio ministeriale.
Benedetto XVI ha inoltre ricordato quanto sia difficile oggi essere ministri della parola di verità e quanto la menzogna, venduta come verità a basso costo, sia di gran lunga più appetibile. Una donazione vera a Cristo ed una vita vissuta in intimità con Lui ci dona la forza ed il coraggio per pronunciare i nostri continui «sì» in obbedienza alla Sua volontà.
Nel pronunciare la formula di consacrazione della santa Messa «Questo è il mio corpo… questo è il mio sangue», mi viene sempre in mente che in quel momento non presto solo la voce a Gesù ma rinnovo, davanti alla mia comunità, l’atto di donazione del mio corpo, del mio sangue, di quella cioè che è la mia vita e la vita di ogni sacerdote che si offre liberamente per continuare la missione di Cristo.
Questo sentirci «insieme» nella comune vocazione ci aiuta a superare le nostre solitudini e a rafforzare tra noi l’affetto, l’unione e l’intimità scaturita da quell’originario Cenacolo di Gerusalemme dal quale Cristo non ha mai smesso di pensarci.
© Copyright Avvenire, 10 aprile 2009
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