martedì 14 aprile 2009
Il Papa e Nietzsche, duello tedesco (Vecchi)
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Dibattiti Cacciari critico, Reale approva. Vattimo: un cristiano inconsapevole. Severino: nega l' eterno
Il Papa e Nietzsche, duello tedesco
«Libertà assoluta» e «dileggio dell' umiltà»: Ratzinger contesta il filosofo Esistono anche la superbia distruttiva e la presunzione, che disgregano ogni comunità e finiscono nella violenza. Conosciamo la retta umiltà?
Gian Guido Vecchi
«Via sulle navi, filosofi!», esclama ne La gaia scienza. E in Aurora: «E dove dunque vogliamo arrivare? Al di là del mare?». Nietzsche e l' idea di libertà. Dell' andare oltre ogni «miserevole ricetto».
Un pensiero che ha una responsabilità grande, riflette Benedetto XVI citando - come già nell' enciclica Deus Caritas est - il filosofo suo compatriota: «Friedrich Nietzsche ha dileggiato l' umiltà e l' obbedienza come virtù servili, mediante le quali gli uomini sarebbero stati repressi. Ha messo al loro posto la fierezza e la libertà assoluta dell' uomo».
Parole tanto più significative se si considera che il Papa, ieri mattina nella Basilica di San Pietro, parlava ai sacerdoti durante la Messa crismale: davanti a cardinali, vescovi e presbiteri che «rinnovano le promesse» prima delle celebrazioni di Pasqua.
Un' omelia raffinata sul senso della «consacrazione» come «sacrificio» di sé, un «togliere dal mondo e consegnare a Dio» che per i sacerdoti «non è una segregazione» ma un donarsi a tutti, come Gesù «sacerdote e vittima» che «si consegna al Padre per noi» e prega per i discepoli: «Consacrali nella verità». È a questo punto che Benedetto XVI ha alzato lo sguardo: «Come stanno le cose nella nostra vita? Siamo veramente pervasi dalla parola di Dio? O non è piuttosto che il nostro pensiero sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa? Non sono forse assai spesso le opinioni predominanti i criteri secondo cui ci misuriamo?».
Di qui il riferimento a Nietzsche e al dileggio dell' umiltà in favore della libertà assoluta.
Il Papa chiede di «imparare da Cristo la retta umiltà», non certo «una sottomissione sbagliata, che non vogliamo imitare». E vede un pericolo: «Esiste anche la superbia distruttiva e la presunzione, che disgregano ogni comunità e finiscono nella violenza».
Problema: le cose stanno così? E fino a che punto Nietzsche ne sarebbe responsabile? «Il Papa ha perfettamente ragione nel prendersela con le libertà assolute e le fierezze virili, ma temo che la sua lettura di Nietzsche risenta di un' interpretazione vecchia», commenta Massimo Cacciari, autore di un saggio sul «Gesù di Nietzsche», un tema che compare anche nella sua opera più recente, Della cosa ultima.
«La libertà di Nietzsche è problematica, non è quella dei moderni che anzi critica: la sua è una visione presente in Schelling che sarà ripresa da Heidegger, la libertà non come qualcosa che "tu hai" ma che "ti ha"». Ma non basta: «Lo Zarathustra ha pagine in cui indica nella figura dell' Oltreuomo la capacità di donare tutto, di non tenere nulla per sé: amo coloro che sanno tramontare, dice. Ci sono passi in cui l' affinità tra Oltreuomo e Gesù è fortissima. Del resto la polemica di Nietzsche contro il cristianesimo è rivolta alla teologia paolina, peraltro fraintesa, e non alla figura sinottica di Gesù». Secondo Cacciari, insomma, «la grandezza di un filosofo imprescindibile per la contemporaneità andrebbe compresa in tutta la sua complessità, altrimenti la polemica danneggia la stessa predicazione come capacità di assimilare a sé le voci discordanti. Gesù andava da coloro che lo rispecchiavano, era un narciso? O invece si rivolgeva ai pubblicani, al centurione? "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!". Perché la Chiesa non si sforza di fare lo stesso con Nietzsche e la cultura contemporanea?». Emanuele Severino, che al filosofo tedesco ha dedicato L' anello del ritorno, sorride: «Ai cattolici dico sempre che con l' inevitabilità di questi pensieri bisogna fare seriamente i conti». Dal suo punto di vista, capisce il Papa: «Per la tradizione al centro della verità c' è Dio mentre Nietzsche, preceduto da Leopardi, mostra l' impossibilità di ogni eterno e di ogni divino. Conseguenza necessaria è la negazione di ogni "umiltà" rispetto al divino. E l' esaltazione di libertà e fierezza». Questo però non c' entra con le idee correnti: «La libertà di Nietzsche presuppone si sappia perché "Dio è morto". L' ateismo, il relativismo, l' indifferentismo sono essi stessi superficiali e dogmatici, non hanno nulla a che fare con la radicalità di quel pensiero. Ci vuole ben altro per arrivare a Nietzsche e a Cristo!». In tutto questo, uno studioso nietzschiano come Gianni Vattimo riconosce a Benedetto XVI di «aver ragione sul dileggio dell' obbedienza», ma non sull' umiltà: «Nietzsche è un cristiano inconsapevole, o che non voleva riconoscere di esserlo: un po' per via del padre pastore protestante e un po' perché amava il Vangelo ma non la struttura gerarchica della Chiesa, come me. Penso alle tre metamorfosi che aprono lo Zarathustra: lo spirito da cammello si fa leone e si rivolta alle autorità, ma alla fine si muta in fanciullo, "occorre un sacro dire di sì". E non era Gesù a dire che dobbiamo diventare come fanciulli?». Sarà, ma il filosofo cattolico Giovanni Reale non è convinto: «Nietzsche ha scritto cose molto belle e cose terribili.
Ciò che presentava come una conquista si è rivelato terribile, Benedetto XVI ha ragione. La libertà assoluta alla fine l' abbiamo avuta. Però, come diceva Bauman, ci è arrivata con il cartellino del prezzo, un prezzo salatissimo: l' egoismo, la solitudine». Non è un caso che il Papa si sia rivolto ai sacerdoti: «Loro hanno la responsabilità di dire la Parola. Io non mi capacitavo: perché Gesù non ha lasciato nulla di scritto? L' ho capito grazie a Platone, al finale del Fedro: la verità non si scrive sui rotoli di carta ma nel cuore degli uomini».
© Copyright Corriere della sera, 10 aprile 2009 consultabile online qui.
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