martedì 14 aprile 2009
Pasqua, povertà, pace: le tre "p" di Papa Ratzinger (Accattoli)
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Pasqua, povertà, pace: le tre "p" di Ratzinger
di Luigi Accattoli
[14 aprile 2009]
Caro direttore, tre settimane dopo il rientro dal viaggio in Africa e a un mese dalla missione in Terra Santa, Benedetto XVI ha levato il suo grido di pace, il giorno di Pasqua, per il continente nero e per il Medioriente, ambedue martoriati da «interminabili conflitti» e bisognosi di «indispensabile riconciliazione».
Trovo di forte significato che il Papa teologo, che forse un po' tutti tendiamo a immaginare concentrato più sulle parole che sui fatti, stia invece legando con crescente efficacia la sua predicazione agli eventi esterni e interni al Pontificato. I due viaggi simbolo di questa primavera e la crisi economica mondiale sono i principali tra quegli eventi che si direbbe comandino le sue parole. Conviene porre mente agli elementi della situazione africana e medio-orientale che ha richiamato nel messaggio "Urbi et Orbi" per intendere la lezione che ha tratto dal viaggio compiuto in marzo in Camerun e in Angola e come si sta preparando a quello che in maggio lo porterà in Giordania, in Israele e nei Territori Palestinesi. Il profeta disarmato sta compiendo sui suoi viaggi un investimento di energie e una scommessa davvero notevoli e forse più impegnativi di quanto egli stesso non li avesse messi nel conto all'inizio del Pontificato.
Il Papa ha dunque affermato che i mali del mondo chiedono di essere affrontati dai cristiani con «le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell'amore». Più disarmato di così, il nostro profeta non potrebbe presentarsi! Ha poi argomentato che è stato "questo il messaggio" che ha inteso portare con la sua recente missione "a tutto il Continente africano", che l'ha accolto "con grande entusiasmo e disponibilità all'ascolto".
Qui era possibile intuire un paragone - dal Papa non espresso - su come quella sua missione africana era stata invece recepita, ovvero "non"recepita, dal mondo del benessere.
Con parole toccanti, Benedetto è poi tornato a farsi avvocato dell'Africa dalla loggia di San Pietro, come lo era stato per una infaticabile settimana negli stadi e nei parchi di Yaoundè e di Luanda: perché l'umanità di quel continente - ha detto - «soffre in modo smisurato per i crudeli e interminabili conflitti - spesso dimenticati - che lacerano e insanguinano diverse sue Nazioni e per il numero crescente di suoi figli e figlie che finiscono preda della fame, della povertà, della malattia». Il Papa era andato in Camerun e in Angola anche per richiamare su quel continente l'attenzione d'ognuno: e cioè perché - aveva detto in uno degli appuntamenti conclusivi - «gli uomini e le donne di ogni parte del mondo volgano i loro occhi all'Africa» così «assetata di giustizia e di pace». È indubbio che lo stesso affermerà per il Medio Oriente.
Il giorno di Pasqua ha abbozzato questo parallelo tra le due missioni: «Il medesimo messaggio ripeterò con forza in Terrasanta, ove avrò la gioia di recarmi fra qualche settimana. La difficile ma indispensabile riconciliazione, che è premessa per un futuro di sicurezza comune e di pacifica convivenza, non potrà diventare realtà che grazie agli sforzi rinnovati, perseveranti e sinceri, per la composizione del conflitto israelopalestinese ». Benedetto ha anticipato che da Amman, da Gerusalemme e da Betlemme parlerà a tutta l'umanità: «Dalla Terrasanta, poi, lo sguardo si allargherà sui Paesi limitrofi, sul Medio Oriente, sul mondo intero». E ne verrà un messaggio globale che non tacerà su nessuno dei drammi epocali, dalla crisi economica al surriscaldamento del pianeta, dalle migrazioni apocalittiche alla geografia della fame e a quella del terrorismo.
«In un tempo di globale scarsità di cibo - ha detto con giusta enfasi, segnalando indirettamente i temi ai quali sta ponendo mano - e di scompiglio finanziario, di povertà antiche e nuove, di cambiamenti climatici preoccupanti, di violenze e miseria che costringono molti a lasciare la propria terra in cerca di una meno incerta sopravvivenza, di terrorismo sempre minaccioso, di paure crescenti di fronte all'incertezza del domani, è urgente riscoprire prospettive capaci di ridare speranza ». Possiamo immaginare che Papa Benedetto stia già preparando i discorsi per la missione in Terra Santa e che abbia deciso di impostare la predicazione che svolgerà in quell'occasione come un appello all'intera comunità internazionale, perché tutta si senta coinvolta nel dramma medioorientale e da tale coinvolgimento apprenda a occuparsi di ogni altro dramma.
© Copyright Liberal, 14 aprile 2009 consultabile online qui.
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