mercoledì 16 settembre 2009
Anno Sacerdotale, Mons. Piacenza: Nessun presbitero annuncia se stesso o proprie idee, né interpretazioni personalistiche o soggettive del Vangelo
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«Volete compiere in maniera degna e saggia il ministero della parola, nell’annuncio del Vangelo e conservando l’ortodossia nella esposizione della fede?»
(Pontificale Romanum. De Ordinatione Episcopi, presbyterorum et diaconorum, editio typica altera , Typis Polyglottis Vaticanis 1990)
Dal Vaticano, 12 settembre 2009
Carissimi Confratelli nel Sacerdozio,
La «Nuova evangelizzazione» convoca ciascuno ad un impegno, sempre rinnovato, di apostolato ed annuncio.
Il mandato del Signore agli Apostoli è, in tal senso, esplicito ed inequivocabile: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo» (Mc 16,15-16a).
L’impegno assunto durante l’ordinazione sacerdotale è esattamente quello di “compiere il ministero della parola”, cioè spendere l’intera esistenza nell’annuncio di Gesù Cristo, Verbo incarnato, morto e Risorto, unica autentica risposta alle esigenze del cuore umano.
La sollecitudine nel “servizio della parola” non può essere semplicemente di alcuni sacerdoti, particolarmente sensibili a tale dimensione.
Essa è caratteristica propria ed irrinunciabile dello stesso ministero presbiterale, costituendo parte essenziale di quel munus docendi, ricevuto dallo Spirito nel sacramento dell’Ordine.
Il rito prevede l’impegno a compiere tale servizio in maniera “degna” e “saggia”. La dignità rimanda immediatamente all’oggetto dell’annuncio: Gesù Cristo Salvatore.
Nessun presbitero annuncia se stesso o proprie idee, né interpretazioni personalistiche o soggettive dell’unico eterno Vangelo. Siamo chiamati a riconoscere la suprema “dignità” di Colui del Quale siamo stati resi portatori e, per conseguenza, a compiere in maniera “degna” tale servizio. Tale coscienza non può non tradursi nell’impegno ad un approfondimento costante delle Sacre Scritture, «Parola di Dio in quanto […] messa per iscritto sotto l’ispirazione dello Spirito Divino» (Dei Verbum, 9); approfondimento certamente esegetico-teologico, ma soprattutto spirituale. La vera conoscenza delle Scritture è quella del cuore, che nasce dalla quotidiana intimità con esse, dalla Lectio divina, compiuta nell’alveo della grande Tradizione dei Padri, dalla meditazione profonda che, gradualmente ma efficacemente, conforma l’anima al Vengelo, trasformando ciascun sacerdote in un “vangelo vivente”. Ben sappiamo che «Il Vangelo non è solo parola, Cristo stesso è il Vangelo» (Benedetto XVI, Omelia, 12/09/09) ed a Lui siamo chiamati a conformarci, anche attraverso l’esercizio del ministero dell’annuncio.
Accanto alla dignità di tale servizio, la sacra Liturgia ne indica la “saggezza” come caratteristica.
Questa presuppone la prudenza e la capacità di guardare alla realtà, tendenzialmente, secondo la totalità dei suoi fattori, non assolutizzando alcun punto di vista umano, ma sempre riferendo tutto all’Unico Assoluto che è Dio.
Una predicazione saggia tiene conto innanzitutto delle reali esigenze di coloro ai quali si rivolge, mai imponendo arbitrarie ed insufficienti interpretazioni, ma favorendo sempre l’unica cosa davvero necessaria: il reale incontro con Dio dei fratelli affidati alle nostre cure.
La saggezza è capace di distinguere circostanze, tempi e modi, è umile e non fa ergere l’annunciatore al di sopra di Colui che deve annunciare e nemmeno al di sopra della Chiesa che, da duemila anni, custodisce vivente il Vangelo. Infine, compiere in maniera saggia il “ministero della parola” significa essere sempre lucidamente consapevoli dell’opera di Dio in ogni annuncio: è lui che prepara i cuori, è lui che incontra gli uomini, è lui che fa germogliare i fiori di conversione e maturare i frutti di carità. L’Unico “relativismo” ammesso è quello verso se stessi: dobbiamo essere, come predicatori, totalmente “relativi a Dio”!
Scopriremo, in tal modo, l’efficacia e la bellezza del ministero a noi affidato attraverso l’annuncio della Parola, avvertiremo quell’intima compagnia del Signore, che ama chi dona con gioia e non lascia mai solo il suo servo, contempleremo, commossi, i frutti che Lui permetterà ed avvertiremo la Sua compagnia anche nel momento della Croce.
X Mauro Piacenza
Arciv. tit. di Vittoriana
Segretario
http://www.clerus.org/clerus/dati/2009-09/12-13/SE_Mauro_Piacenza_12_09_09.html
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