lunedì 26 ottobre 2009

Fraternità Sacerdotale San Pio X: dallo scisma alla remissione della scomunica (Gambassi)


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Dallo scisma alla remissione della scomunica

Il rifiuto del Concilio, la nascita della Fraternità «San Pio X», l’ordinazione di sacerdoti e nel 1988 di quattro vescovi da parte di Lefebvre.

Storia di una frattura dolorosa e dell’inesausta volontà della Chiesa di ricomporre l’unità nella verità

DI GIACOMO GAMBASSI

Un «invito alla riconciliazio­ne con un gruppo ecclesia­le implicato in un processo di separazione» che ha 491 sacer­doti, 215 seminaristi, 88 scuole e mi­gliaia di fedeli.
Lo scorso marzo Be­nedetto XVI spiegava così, nella sua lettera di chiarimento, il «gesto di misericordia» del 21 gennaio 2009 verso i quattro vescovi consacrati dall’arcivescovo Marcel- François Lefebvre il 30 giugno 1988 senza il mandato della Santa Sede.
A di­stanza di ventuno anni papa Rat­zinger – che da prefetto della Con­gregazione per la dottrina della fe­de aveva compiuto risoluti tentati­vi di riconciliazione prima che si consumasse lo scisma – ha rimosso la scomunica in cui erano incorsi i pastori e il fondatore del movimen­to tradizionalista che, secondo il Pa­pa, hanno congelato «l’autorità ma­gisteriale della Chiesa al 1962».

Quei «no» al Vaticano II.
Proprio dal­l’anno di apertura del Concilio Vati­cano II occorre partire per comprendere l’impostazione lefebvria­na. All’assise conciliare il presule che era stato arcivescovo di Dakar, in Se­negal e vescovo di Tulle, in Francia, partecipa come superiore generale della Congregazione dello Spirito Santo. Ha 57 anni ed è vescovo dal 1947. Durante i lavori assume un at­teggiamento critico sulla libertà re­ligiosa, la collegialità episcopale, l’e­cumenismo e la riforma liturgica che diventerà un vessillo del movimen­to. Questioni che, per l’arcivescovo francese, sono introdotte nella Chie­sa da un «Colpo da maestro di Sata­na », stando al titolo del volume pub­blicato in Italia nel 1978.
La costante a cui si richiama è la tra­dizione secondo una nozione che, però, è «incompleta perché non tie­ne sufficientemente conto del suo carattere vivo» e «contraddittoria» in quanto «si oppone al magistero u­niversale della Chiesa», scrive Gio­vanni Paolo II nel motu proprio «Ec­clesia Dei» del 1988 all’indomani del­le ordinazioni episcopali illegittime.

«Senza il consenso di Roma».
La scelta di «ricorrere alla integrità fe­conda di quel Missale Romanum di san Pio V» (secondo le parole del «Breve esame critico del 'Novus Or­do Missae'» presentato nel 1969 a Paolo VI) spinge Lefebvre a dare vi­ta nel 1970 alla «Fraternità sacerdo­tale internazionale San Pio X» a Fri­burgo. L’anno successivo benedice la prima pietra della casa di forma­zione di Ecône, in Svizzera. L’impo­stazione del seminario provoca il ri­tiro del riconoscimento canonico e l’ordine di chiusura che Lefebvre di­sattende insieme al divieto di ordi­nare sacerdoti. E nel 1976 viene so­speso a divinis.
Negli anni non vengono mai meno gli sforzi per assicurare la piena co­munione con la Chiesa alla Frater­nità.
Snodo di questo percorso è il protocollo firmato il 5 maggio 1988 dall’allora cardinale Joseph Ratzin­ger e dall’arcivescovo francese che, però, già il giorno successivo lo stes­so Lefebvre sconfessa quando, con una lettera, annuncia che il 30 giu­gno avrebbe provveduto a una con­sacrazione episcopale «anche sen­za il consenso di Roma». E così av­viene.

«Ecclesia Dei», riparte il dialogo.
Il cammino non si interrompe con la scomunica e con la morte di Lefeb­vre nel 1991. Proprio papa Wojtyla i­stituisce nel 1988 la Pontificia Com­missione «Ecclesia Dei» per favorire il dialogo con sacerdoti, seminaristi e religiosi legati a Lefebvre. E il 28 di­cembre 2008 uno dei quattro vesco­vi ordinati venti anni prima, Bernard Fellay, scrive al presidente della Commissione, il cardinale Dario Ca­strillón Hoyos, per indicare la loro «volontà di rimanere cattolici» no­nostante i problemi dottrinali anco­ra aperti.
Il mese successivo il pre­fetto della Congregazione per i ve­scovi, il cardinale Giovanni Battista Re, firma il decreto di remissione del­la scomunica come «segno per arri­vare a togliere lo scandalo della di­visione».

© Copyright Avvenire, 25 ottobre 2009

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