martedì 26 maggio 2009

Benedetto XVI in Terra Santa: un Papa costruttore di ponti (Citron)


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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE A CASSINO E MONTECASSINO (24 MAGGIO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Su segnalazione di Elisabetta leggiamo:

UN PAPA COSTRUTTORE DI PONTI

Federico Citron

Doveva essere una visita eminentemente pastorale e così è stato. Impreziosita da gesti commoventi e da trentuno discorsi di rara profondità. Che hanno mostrato un Benedetto XVI davvero "Pontefice", cioè ideatore e costruttore di ponti.
Riassume così monsignor Giacinto Boulos Marcuzzo - nativo di San Polo di Piave (Tv), vescovo di Nazareth e ausiliare del Patriarca di Gerusalemme per Israele - il pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa.
Marcuzzo ha seguito passo passo il Papa dal giorno dell'arrivo in Giordania alla partenza dall'aeroporto di Tel Aviv. Era infatti incaricato della preparazione liturgica di tutte le celebrazioni.

Eccellenza, lei ha seguito da vicino tutta la visita apostolica. Come ha trovato papa Benedetto? Come si è rapportato con le persone che ha incontrato?

«Da un punto di vista fisico, il Papa è una persona che si stanca, e questo si vedeva nella differenza tra l'inizio e la fine delle cerimonie, però ha una grande lucidità, presenza di mente e memoria.
Sono rimasto stupito di vedere come ricordi i dettagli di fatti e incontri passati e recenti. Ho visto un Papa attento: ha ascoltato i discorsi di tutti, dal presidente al laico ebreo al sacerdote, con la stessa identica e intensa attenzione, con uno sguardo di partecipazione e la volontà di cercare una piattaforma comune tra il pensiero dell'interlocutore e quello che egli stesso avrebbe detto poco dopo. È una persona che prega, ha un'intensa vita interiore e per questo non si lascia dominare dalle folle».
Vi aspettavate una visita soprattutto pastorale. È stato così?
«L'aspetto dominante è stato pastorale, cioè l'incontro del pastore con i fedeli di Terra Santa. Spesso il Papa ha "violato" il protocollo per incontrare la gente, stringere una mano, fare un segno di croce. Sono stati momenti eccezionali in cui la gente vibrava. Questo andare in mezzo alla gente ha colpito ed emozionato i fedeli di Terra Santa. A Nazareth c'erano tra le 55 mila e le 62 mila persone: dopo la comunione ci sono stati tre minuti di silenzio, voluti dal Papa, e si è creato un clima di preghiera che ha edificato tutti e impressionato gli ebrei e i musulmani».

La visita apostolica ha avuto anche una valenza interreligiosa ed ecumenica.

«Iniziamo dagli ebrei. Certa stampa ebraica aveva aspettative troppo audaci e ha criticato le parole del Papa. Noi non ci sentiamo di condividere queste critiche. Benedetto quello che doveva dire lo ha detto. E l'incontro con il presidente Peres è stato un evento di sincerità e vera commozione. All'aeroporto, al momento del congedo Peres si è commosso e non è riuscito a concludere il discorso.
Con il mondo musulmano si sono davvero costruiti ponti. Nazareth ha ospitato l'incontro interreligioso perché è il luogo di eccellenza dell'incontro tra Dio e l'uomo, il verbo di Dio si è fatto fratello e tutti noi siamo diventati figli nel Figlio. Alla fine dell'incontro interreligioso il Papa ha dato la mano spontaneamente al rabbino David Rosen e a un imam della Galilea, e tutti si sono messi a ripetere un ritornello biblico di pace».

Possiamo dire che è stata una visita segnata da gesti emblematici del Papa?

«Secondo me ciò di più prezioso che il Papa ha lasciato sono le parole. Il Papa ha tenuto, con molta serenità e calma, trentuno discorsi che sono dei gioielli sui quali bisogna tornare. Al loro interno c'è una miniera di pensiero, teologia, pastorale, spiritualità. Sono un incanto. In questi giorni non faccio altro che rileggerli e gustarli. Abbiamo capito che ha pensato e meditato su questo pellegrinaggio e ha dato ai cristiani di Terra Santa il meglio di quello ch e aveva dentro. A titolo di esempio segnalo l'omelia di Nazareth dedicata alla famiglia, soprattutto laddove dice che i bambini hanno una missione speciale verso i loro genitori nel farli crescere verso la santità».

Su alcune questioni scottanti il Papa è stato molto chiaro: dal diritto dei palestinesi a uno stato al "no" al muro di separazione.

«Avevamo chiesto al Papa di essere coraggioso nel ribadire i diritti della persona e dei popoli. Ha avuto il coraggio e la franchezza di parlarne, anche in Israele. Per questo i palestinesi gli sono molto riconoscenti, perché una parola del Papa vale più di tanti congressi sulla pace. Ha sempre parlato serenamente e pacatamente. Ha detto quello che doveva dire senza lasciarsi trascinare da sentimenti viscerali o toni enfatici. Forse il gesto più toccante di tutto il viaggio è stata la visita al campo profughi di Aida, quasi circondato dal muro di separazione eretto dagli israeliani».

© Copyright L'Azione, 23 maggio 2009

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