domenica 5 aprile 2009
Benedetto XVI alla Messa delle Palme: le rinunce per amore di Dio rendono autentica la vita (Radio Vaticana)
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Benedetto XVI alla Messa delle Palme: le rinunce per amore di Dio rendono autentica la vita. Il Papa benedice la croce della Gmg e lancia un appello contro le mine antouomo e per gli immigrati vittime delle tragedie in mare
Di fronte ai mali del mondo “non dobbiamo rifugiarci in pie frasi”. La verità esigente del cristianesimo è che quanto più si compiono gesti di rinuncia per amore di Dio, “tanto più grande e ricca diventa la vita”. Con questo insegnamento, che ha detto di aver sperimentato più volte nella sua vita, Benedetto XVI ha concluso questa mattina la Messa solenne della Domenica delle Palme in una Piazza San Pietro affollata di fedeli.
All’Angelus, il Pontefice ha poi levato due appelli: per la firma della Convenzione che mette al bando le mine antiuomo, da parte degli Stati che non l’hanno ancora sottoscritta, e perché la comunità internazionale si impegni per far cessare le tragedie in mare degli immigrati. Quindi, il Papa ha benedetto il passaggio della Croce della Gmg dai giovani australiani a quelli spagnoli, che organizzeranno il prossimo raduno a Madrid nel 2011.
La cronaca della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis:
Viaggi della speranza che si spengono tra le onde di un mare affrontato da disperati. Persone, soprattutto bambini, mutilati dalla crudeltà di armi invisibili e disumane nella loro concezione come possono essere una mina antiuomo o una bomba a grappolo. Due drammi che hanno strappato un grido di dolore al Papa nel giorno in cui la Chiesa apre la Settimana Santa rivivendo il dolore supremo di Gesù, la repentina dissolvenza dagli osanna delle palme all’atrocità del Golgota. Un passaggio che da 24 anni è simboleggiato, nel giorno della Giornata mondiale della gioventù, proprio dalla Croce che passa di mano in mano ai giovani, cristiani di oggi e soprattutto di domani.
Ed è proprio in mezzo alla piazza “giovane”, tra gli striscioni e gli ulivi alzati dalle migliaia di ragazze e ragazzi riversatisi nel colonnato del Bernini illuminato dal sole, che Benedetto XVI è passato a piedi, guidando la processione delle Palme - resa più suggestiva dalla composizione floreale donata dalla Regione Puglia - e ricordando poco dopo all’omelia l’“essenziale” di quel pellegrinaggio che Cristo compì entrando a Gerusalemme a dorso d’asino ma come Signore di un nuovo Regno:
“Il vero scopo del pellegrinaggio deve essere quello di incontrare Dio; di adorarlo e così mettere nell’ordine giusto la relazione di fondo della nostra vita (…) Cari amici, per questo ci siamo riuniti qui: Vogliamo vedere Gesù. A questo scopo, l’anno scorso, migliaia di giovani sono andati a Sydney. Certo, avranno avuto molteplici attese per questo pellegrinaggio. Ma l’obiettivo essenziale era questo: Vogliamo vedere Gesù”.
Le caratteristiche del Regno instaurato da Cristo, ha detto il Papa, sono due: la cattolicità e l’universalità. Un Regno che non poggia sulla “regalità di un potere politico, ma si basa unicamente sulla libera adesione dell’amore”. “L’universalità - ha soggiunto - è sempre un superamento di se stessi, rinuncia a qualcosa di personale. L’universalità e la croce vanno insieme. Solo così si crea la pace”. E tuttavia, ha continuato Benedetto XVI, questi resterebbero solo principi spirituali se nella vita l’uomo non fosse in grado di “osare il grande sì” a Dio: ovvero, “metterci a disposizione, quando in fondo vorremmo aggrapparci al nostro io”. E qui, il Papa ha enunciato una verità che la mentalità odierna troppo spesso cerca di rimuovere:
“Ad una vita retta appartiene anche il sacrificio, la rinuncia. Chi promette una vita senza questo sempre nuovo dono di sé, inganna la gente. Non esiste una vita riuscita senza sacrificio. Se getto uno sguardo retrospettivo sulla mia vita personale, devo dire che proprio i momenti in cui ho detto ‘sì’ ad una rinuncia sono stati i momenti grandi ed importanti della mia vita”.
Anche Gesù ha saputo offrire a Dio il suo “sì” assoluto, superando il “terrore della passione” che lo attendeva:
“Anche noi possiamo lamentarci davanti al Signore come Giobbe, presentargli tutte le nostre domande che, di fronte all’ingiustizia nel mondo e alla difficoltà del nostro stesso io, emergono in noi. Davanti a Lui non dobbiamo rifugiarci in pie frasi, in un mondo fittizio. Pregare significa sempre anche lottare con Dio, e come Giacobbe possiamo dirGli: ‘Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto!’”
Una circostanza, ha sottolineato Benedetto XVI, che ci insegna, in quanto cristiani, che la volontà di Dio “è sempre più importante e più vera” della nostra e che “la sua volontà è la verità e l’amore”. Un pensiero che il Pontefice ha diretto in particolare ai giovani che di lì a poco avrebbero passato di mano la Croce della Gmg:
“Quanto più per amore della grande verità e del grande amore – per amore della verità e dell’amore di Dio – possiamo fare anche qualche rinuncia, tanto più grande e più ricca diventa la vita. Chi vuole riservare la sua vita per se stesso, la perde. Chi dona la sua vita – quotidianamente nei piccoli gesti, che fanno parte della grande decisione – questi la trova. È questa la verità esigente, ma anche profondamente bella e liberatrice, nella quale vogliamo passo passo entrare durante il cammino della Croce attraverso i continenti”.
In sette lingue Benedetto XVI ha salutato al termine dell’Angelus la folla dei fedeli, non prima di essersi appellato ai governi di tutto il mondo circa due problemi che richiedono interventi solleciti. A 10 anni dall’entrata in vigore della Convenzione per la messa al bando delle mine antipersona e dopo la recente apertura alla firma per la convenzione per l’interdizione delle munizioni a grappolo, ha detto anzitutto il Papa:
“Desidero incoraggiare i Paesi che non lo hanno ancora fatto a firmare senza indugio questi importanti strumenti del diritto internazionale umanitario, ai quali la Santa Sede ha dato da sempre il proprio appoggio. Esprimo altresì il mio sostegno a qualsiasi misura intesa a garantire la necessaria assistenza alle vittime di tali armi devastanti”.
Poi, con toni accorati, Benedetto XVI ha affrontato il temi dei viaggi che migliaia di immigrati intraprendono dall’Africa verso l’Europa con esiti spesso devastanti, come accaduto giorni fa quando 200 persone salpate dalla Libia sono naufragate nel Mediterraneo. “Non possiamo rassegnarci a tali tragedie, che purtroppo si ripetono da tempo”, ha esclamato il Pontefice pregando per le vittime e invitando Unione Europea e nazioni africane ad adottare strategie “urgenti” e “adeguate misure di carattere umanitario, per impedire - ha incalzato - che questi migranti ricorrano a trafficanti senza scrupoli”:
"Mentre prego per le vittime, perché il Signore le accolga nella sua pace, vorrei osservare che questo problema, ulteriormente aggravato dalla crisi globale, troverà soluzione solo quando le popolazioni africane, con l’aiuto della comunità internazionale, potranno affrancarsi dalla miseria e dalle guerre".
Al termine dell’Angelus, Benedetto XVI ha dato spazio alla 24.ma Giornata mondiale della gioventù - nel 2009 celebrata a livello diocesano - salutando le delegazioni di ragazzi provenienti con i loro vescovi da Australia e Spagna per la consegna della Croce. “Questo ‘passaggio di testimone’ – ha affermato - assume un valore altamente simbolico, con cui esprimiamo immensa gratitudine a Dio per i doni ricevuti nel grande incontro di Sydney e per quelli che vorrà concederci in quello di Madrid”.
Sul tema della speranza, che fa da filo conduttore alla Gmg di quest’anno, Marina Tomarro ha raccolto le impressioni di alcuni giovani presenti alla Messa in Piazza San Pietro:
R. La speranza è la speranza in un mondo di pace, sicuramente. Nella mia vita questo sentimento vuol dire avere la speranza di superare tutte le difficoltà, nella consapevolezza e certezza che il Signore è comunque una presenza costante: da quando sono nato mi ha portato fino qua e mi conduce anche per il resto dei miei giorni.
R. - Tutta la nostra speranza è in Cristo, perché uno che scopre Cristo tutto ciò cui aspira è di reincontrarlo il più possibile nella propria vita.
R. - Nella vita si fanno delle esperienze sia in famiglia che fuori casa. L’unica conferma che c’è nella vita è che veramente Gesù Cristo ti ama così come sei e quindi ci rimane questa speranza che lui ci ama senza giudicare.
R. - Speranza per me è sapere che Gesù ci è sempre vicino e quindi dobbiamo avere questa certezza grande che il suo amore ci segue e ci accompagna.
R. - Per mè è vivere ogni giorno secondo i principi che Gesù stesso ci ha trasmesso nel corso della sua vita, quindi vivendo alla luce dei principi di Cristo con la speranza di avere anche la presenza del Signore ogni giorno accanto.
D. - La prossima domenica sarà Pasqua, come vivrai questo tempo di attesa…
R. - Come gli altri giorni magari con un pensiero in più verso gli altri… Riflettendo di più su quello che poi si fa quotidianamente.
R. - E’ una grazia, perché noi dobbiamo in questo momento avvicinarci a Gesù, alle sue sofferenze. In questo tempo dobbiamo imparare ad amare con molta forza il nostro Salvatore che è Gesù Cristo.
R. - Cercando di sforzarci, di mettere con più fervore in atto gli insegnamenti di Cristo…
R. - Pregando, meditando, pensando che Lui è morto per noi, cogliendo magari veramente l’essenza di questo mistero.
R. - Affrontando i momenti difficili e belli che la vita ci pone davanti, come un rivivere anche la presenza di Cristo all’interno della propria esistenza.
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1 commento:
Bellissimi i canti nella celebrazione di oggi!
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