venerdì 10 aprile 2009

Le sofferenze del mondo nella Via Crucis del Papa al Colosseo (Marroni)


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Le sofferenze del mondo nella Via Crucis del Papa al Colosseo

di Carlo Marroni

CITTA' del VATICANO

Ci sono le sofferenze del mondo nella Via Crucis del venerdì santo al Colosseo. Quasi l'ideale fotografia di una realtà che oggi era sotto gli occhi di tutti ai funerali a L'Aquila delle vittime del terremoto in Abruzzo.
Benedetto XVI alle esequie ha inviato un messaggio di speranza di fronte alle tragedie, in contuinuità con le mediatiazioni della Via Crucis: calamità, guerre, rivoluzioni e conflitti possono mettere a dura prova la fede in Dio, ma sotto questi eventi c'è sempre un'azione «divina mirata» perchè dal male nasca il bene e perchè Dio salva «coloro che hanno perduto ogni speranza. Vogliamo dire a noi stessi - afferma il Papa al principio della celebrazione - che tutto non è perduto nei momenti di difficoltà. Quando le cattive notizie si susseguono, siamo oppressi dall'ansia. Quando la disgrazia ci colpisce più da vicino, ci scoraggiamo. Quando una calamità fa di noi le sue vittime, la fiducia in noi stessi è del tutto scossa e la nostra fede è messa alla prova».
In veritá - scrive Benedetto XVI - in tempi difficili non «vediamo nessun motivo per credere e sperare. Eppure crediamo. Eppure speriamo. Questo può succedere nella vita di ognuno di noi. Questo succede nel più vasto contesto sociale». E' «in Cristo - prosegue il Pontefice - che comprendiamo il pieno significato della sofferenza» e il «suo valore redentivi. In questo senso, spiega Ratzinger, «sotto la superficie di calamità naturali, guerre, rivoluzioni e conflitti di ogni genere, vi è una presenza silenziosa, vi è un'azione divina mirata perchè dal male nasca il bene sia nei piccoli eventi quotidiani che nei grandi accadimenti della storia». Le meditazioni di quest'anno per le 14 stazioni della Via Crucis sono affidate al vescovo indiano di Guwahati, monsignor Thomas Menamparampil, rappresentate di una chiesa perseguitata, come le fu lo scorso anno il cardinale cinese Jospeh Zen.
Portano la croce al Colosseo, oltre al cardinale vicario Agostino Vallini, una ragazza e due suore dell'India, due giovani del Burkina Faso, due frati della Custodia di Terra Santa, una famiglia romana, un giovane disabile, un malato. Il cristiano, scrive fra l'altro il vescovo indiano nella meditazioni, deve avere una condotta giusta, integra e onesta, deve avere il «coraggio di assumere decisioni responsabili» quando rende «un servizio pubblico», deve combattere per la giustizia sfidando «il nemico con la giustezza della propria causa» suscitando «la buona volontá dell'oppositore», perchè «desista dall'ingiustizia con la persuasione e la conversione del cuore». Per mons. Menamparampil c'è da farsi un esame di coscienza di fronte ad odio e guerre, «quando la giustizia viene amministrata in modo distorto nei tribunali, quando la corruzione è radicata, le strutture ingiuste schiacciano i poveri, le minoranze sono soppresse, i rifugiati e i migranti maltrattati».

Le responsabilità dei crolli in Abruzzo

Ma dalla chiesa arriva anche qualche accusa: «Perchè nel terremoto sono crollati tanti palazzi costruiti di recente? Cosa ha indotto a mettere sabbia al posto del cemento?» si è domandato retoricamente padre Raniero Cantalamessa, Predicatore della Casa Pontificia, questa sera durante la celebrazione della Passione del Signore presieduta dal Papa nel pomeriggio del Venerdì santo, nella basilica di San Pietro. Come ogni anno il cappuccino ha tenuto la sua predica al Pontefice.
Le frasi sui palazzi crollati sono state aggiunte a braccio nel corso dell'omelia nella quale in merito al sisma si affermava: «Con la sua morte, Cristo però non ha soltanto denunciato e vinto il peccato; ha anche dato un senso nuovo alla sofferenza, anche a quella che non dipende dal peccato di nessuno, come, appunto, il dolore di tante vittime del terremoto che ha sconvolto la vicina regione dell'Abruzzo».

© Copyright Il Sole 24Ore, 10 aprile 2009 consultabile online anche qui.

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