lunedì 3 agosto 2009
Un vescovo: se parlo faccio politica, se taccio tradisco Cristo. Recensione del nuovo libro di Leonardo Sapienza sull'Anno Sacerdotale (Izzo)
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Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo la recensione del bel libro di padre Sapienza per l'Anno Sacerdotale.
R.
UN VESCOVO: SE PARLO FACCIO POLITICA, SE TACCIO TRADISCO CRISTO
Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 3 ago.
“Se parlo faccio della politica, se taccio tradisco la Chiesa, o piuttosto Cristo, perche’ la Chiesa e’ da tempo che la si accusa d’aver rinnegato il Vangelo”.
Sono le parole di un vescovo, scritte sul proprio diario, nel quale il presule - che rimane anonimo - immagina l’obiezione che gli verra’ mossa se alzera’ la voce per difendere la verita’ e la giustizia, e dunque i piu’ deboli: “perche’ un vescovo che non sa niente di tali problemi deve permettersi di trinciare giudizi cosi’ alla buona in un campo che non lo riguarda?”. E se le sua parole saranno solo generali gli si rimproverera’ dall’altra fazione: “i grandi principi sta bene, ma era una presa di posizione che volevamo”.
E dunque il pastore di una Chiesa locale alla fine si trova, scrive lui stesso, “preso come capro espiatorio dalle due parti”.
Ma alla fine prevale la linea del coraggio perche’, spiega, “pluralismo si’, ma non questo bizantinismo decadente verso cui stanno avviandosi tutti i cattolici se perseveranno nel loro settarismo senza intelligenza e nelle loro dispute senza amore”.
Sebbene datate 22 ottobre di un anno che non sappiamo, sono parole attualissime quelle di questo presule anonimo, pubblicate da padre Leonardo Sapienza nella sua ricca “Antologia di scritti sul sacerdote”, intitolata “Se fossi tu?”.
Il vescovo, infatti, confida di voler far convivere nella sua azione pastorale “leone ed agnello. Leone per difendere, rivendicare, combattere; agnello per patire, accettare, testimoniare”. E di considerarsi chiamato “non soltanto a reggere e santificare, ma anche a rendere inquieti”.
Ma a preoccuparlo e’ anche la difficolta’ di aggiornare il proprio ruolo senza tradire il messaggio evangelico.
“Ancora - scrive il 9 marzo - il conflitto conservatorismo-adattamento.
Proprio ora, tornando dalla Cattedrale, guardavo Marcello mentre riponeva nel suo astuccio la mitria e smontava il pastorale dividendolo accuratamente nei cinque tronconi in cui si compone e rimettendolo nello scrigno: operazione che compiva maestosamente e che mi e’ sembrata di un tratto ridicola, penosa, quasi atroce. Ho sentito bruscamente il fossato che separa la nostra epoca industriale dalla civilta’ essenzialmente agraria e pastoral ein cui sono immersi l’Antico e il Nuovo Testanmento: gli uomini di oggi non sanno piu’ affatto che sia un gregge e che cosa raffiguri davvero un pastore”.
"Il protocollo esige il titolo di Eccellenza, per metterci all'altezza dei rappresentanti di Stato.
E' nel tempo stesso troppo e non abbastanza.
La nostra missione e' di ben altro ordine, ma gli uomini non lo comprendono; per essi il vescovo non e' che un alto funzionario, il dignitario locale d'un'Amministrazione internazionale che ha la sua sede centrale in Vaticano.
Si apre cosi' "Propositi e confidenze di un vescovo", uno dei capitoli piu' avvincenti del bel volume di padre Sapienza, religioso rogazionista da anni in Vaticano con importanti responsabilita', uscito in occasione dell'Anno Sacerdotale.
"Quando la mia auto si trova mescolata ad altre davanti ad un segnale rosso - racconta l'anonimo presule - vedo curiosita' rispettosa in alcuni, sguardi insistenti ma senza indulgenza in altri.
Automaticamente mi trovo accaparrato, classificato in un campo dall'opinione. Segno di una parola d'ordine o di contraddizione. Ma chi percepisce il 'mistero' del vescovo nella sua essenza e nella sua missione?".
Interrogativi che ben si applicano anche al ruolo del sacerdote ("il prete e' un uomo mangiato", scrive Sapienza nella sua introduzione, citando Chevrier) e forse, anche alla condizione del cristiano nel mondo di oggi. Tra le pagine piu' toccanti un testo di mons. Oscar Romero, l'arcivescovo di El Salvador assassinato il 24 marzo 1980 dagli squadroni della morte, che del suo ministero scrisse "questo e' quello che facciamo: piantiamo semi che un giorno cresceranno, sapendo che essi conservano una promessa per il futuro".
E nell'antologia sul sacerdozio non manca un forte senso autocritico nelle parole invece di don Primo Mazzolari, applicabilissime allo scandalo dei preti pedofili: "che contrasto, quando la nostra vita spegne la vita delle anime! Preti che sono soffocatori di vita!
Invece di accendere l'eternita' spegnamo la vita".
Ne' una descrizione salace di Giuseppe Gioacchino Belli che ne "Le cappelle papale" descrive "li cardinali arriccorti cor barbozzo inchiodato sur breviario com'ettanti cadaveri de morti. E nun ve danno piu'
sseggno de vita sin che je s'accosta er caudatario a ddijje: Eminentissimo e' ffinita".
Testi entrambi molto "ratzingeriani" come e' facile constatare leggendo la "Lettera del Santo Padre Benedetto XVI per l'indizione dell'Anno Sacerdotale in occasione del 150esimo anniversario del dies natalis di Giovanni Maria Vianney", che apre la raccolta.
Il volume ha anche un capitolo intitolato "I preti sanno morire", in cui e' ricordato il dramma dei tanti ancora oggi "uccisi in odio alla fede o ammazzati per soldi, vittime della violenza religiosa o etnica, o perche' dalla parte dei poveri".
"Dalle periferie disperate del Terzo Mondo ai santuari del benessere americani e europei ovunque - rileva padre Sapienza - si puo' morire per amore di Dio e dei fratelli".
Ma, nonostante tutto, quel che colpisce di piu' nelle 500 pagine del libro e' la riproduzione anastatica di una breve frase vergata di suo pugno da Giovanni Paolo II: "questo e' un tempo meraviglioso per essere prete".
© Copyright (AGI)
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3 commenti:
Ho letto l'articolo. E' molto interessante. Direi alcune cose:
- a me sembrano anacronistiche mitra e pastorale. Mi piaceva Paolo VI che per tutto il pontificato ha usato quasi sempre solo una mitra e sempre il pastorale con la croce. Sono segni di potere più che di servizio
- la medesima cosa direi dei paramenti. Mi sembravano più sobri quelli usati da Paolo VI e anche più moderni
- leone e agnello: bella la similitudine, ma forse varrebbe la pena di essere più radicali e cercare di capire che in questo mondo un credente nel Cristo (non importa se sia vescovo o no) deve portare un messaggio e deve renderlo credibile con la vita. Per prendere un ultimo esempio: mons. Sgreccia s'è limitato a dire che chi usa la pillola del giorno dopo è scomunicato. Non possiamo essere un po' più capaci di addentrarci nei problemi della gente? Sappiamo solo sentenziare?
In ogni caso il commento mi interessa molto e mi fa riflettere.
Paolo VI almeno fino al 65' ha usato diverse e splendide mitrie.
Solo verso la fine ha usato quasi sempre la cdt "mitria degli evangelisti".
Una copia identica di qst mitria dovrebbe appartenere anche al Papa.
La indossava infatti per la messa "pro eligendo romano pontifice" e per la Messa pro ecclesia nella cappella sistina il giorno dopo l'elezione.
Antonio
Per prendere un ultimo esempio: "mons. Sgreccia s'è limitato a dire che chi usa la pillola del giorno dopo è scomunicato. Non possiamo essere un po' più capaci di addentrarci nei problemi della gente? Sappiamo solo sentenziare?"
Mi accorgo solo ora di qst affermazione.
Innanzittutto bisogna specificare.
La pillola del giorno dopo rientra tra i cosidetti contraccettivi di emergenza.
Tale termine però può trarre in inganno in quanto la pillola non impedisce la fecondazione (come ad es. nel caso del preservativo) ma ha un effetto di fatto abortivo perchè impedisce l'impianto dell'ovulo nell'utero.
L'effetto abortivo si ha però solo se effettivamente c'è stata la fecondazione dell'ovulo,in caso contrario non succede nulla.
La scomunica quindi scatta automatica (latae sententiae) solo se c'è stato aborto.
Credo che la dichiarazione di mons. Sgreccia si riferisse alla pillola RU486 che è sempre e cmq abortiva.
Antonio
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