domenica 8 novembre 2009
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Per Paolo VI una devozione sempre più grande
A Brescia il santuario delle Grazie raccoglie testimonianze del culto e dell’affetto popolare
DAL NOSTRO INVIATO A BRESCIA
LORENZO ROSOLI
«Un ringraziamento speciale a Papa Paolo VI. Per intercessione di lui mamma e piccolo Matteo sono vivi dopo un parto pericolosissimo». Il biglietto, scritto a mano, è appuntato in una vetrina del Santuario delle Grazie, a Brescia. Qui attorno di ex voto ce ne sono tanti: in questo luogo sorto nel XVI secolo nel cuore della città la devozione mariana ha il respiro dei secoli. Ma c’è una bacheca che racconta una storia nuova. Una foto di Paolo VI, inginochiato, orante; sotto, tre ex voto nella classica forma a cuore. Sotto ancora, il biglietto.
La storia nuova è quella della devozione e del culto verso il pontefice di Concesio, che la Chiesa bresciana sta curando come un virgulto ancora tenero. Con gesti concreti: come l’apertura – il 22 maggio scorso – della sede diocesana della causa di beatificazione di Montini presso il Santuario delle Grazie. Così ha voluto il vescovo di Brescia, Luciano Monari. Una scelta che ha diverse motivazioni.
«In primo luogo si tratta di un santuario diocesano, non legato a una famiglia religiosa o ad una singola comunità locale », spiega don Pierantonio Lanzoni, dal 2007 vicepostulatore della causa di beatificazione e dal 2008 delegato vescovile per la promozione della memoria di Paolo VI. «Va poi ricordato che la famiglia Montini aveva casa a due passi dal santuario, che qui il futuro pontefice crebbe e trovò illuminazione e alimento la scelta di farsi prete. E alle Grazie celebrò la prima Messa, il 30 maggio 1920». Come dirà Paolo VI all’Angelus dell’8 settembre 1973: «In quel pio domicilio, casa e chiesa di culto mariano, maturò la nostra giovanile vocazione sacerdotale». E mise radici profonde la pietà mariana di un figlio della Chiesa bresciana che, da Papa, avrebbe proclamato Maria «Madre della Chiesa» e le avrebbe dedicato un’esortazione apostolica, la «Marialis cultus». «La causa di beatificazione di Paolo VI, avviata grazie all’input delle Chiese latinoamericane, venne aperta nel 1990 dall’allora vescovo di Brescia, Bruno Foresti, e vede la nostra diocesi nel ruolo di attore – prosegue Lanzoni – . Perciò cerchiamo di sostenere la conoscenza e il culto di Paolo VI».
Il Santuario offre un «calendario» di celebrazioni montiniane: il 30 maggio, l’anniversario della prima Messa (1920); il 30 giugno quello dell’incoronazione (1963); il 6 agosto la morte (1978); il 26 settembre la nascita (1897). Ogni quarta domenica del mese si celebra la Messa con la recita della «preghiera per la glorificazione del servo di Dio» e la raccolta di offerte per la causa; a maggio, a tutte le Messe, viene richiamato il magistero mariano di Montini; non mancano poi celebrazioni del Seminario di Brescia alle Grazie «nel segno della vocazione sacerdotale» di Montini. Un capitolo aperto – spiega ancora Lanzoni – è la costruzione e il consolidamento di una «rete» fra i molti luoghi legati alla vita e all’insegnamento di Paolo VI, disseminati nel territorio diocesano: a partire da Concesio, dove Montini nacque e venne battezzato – e dove ora sorge la nuova sede dell’Istituto Paolo VI.
Segni di un culto che cresce non mancano. Fra la gente bresciana, anzitutto. Ma anche tra i fedeli di altre diocesi: «Non rari, ad esempio, i pellegrini che vengono alle Grazie da Milano, dove Montini fu arcivescovo.
I Grest ambrosiani hanno fatto visita a Concesio. Un mese fa, sempre alle Grazie, sono venuti una trentina di seminaristi da Como», racconta Lanzoni. Con la causa, a che punto siamo? «Alla stesura della positio, per mostrare come Montini abbia vissuto in modo eroico le virtù teologali e cardinali». Un’avventura «drammatica e magnifica», si potrebbe dire della causa di Montini attingendo alle «Note» al suo testamento: tale è la complessità della sua figura, la trama delle relazioni e delle amicizie, l’ordito delle responsabilità ecclesiali, la vastità e profondità del suo pensiero, la partecipazione da protagonista alle vicende del ’900, da rendere ardua la ricostruzione della sua vita e impegnativa la sua proposta al culto popolare. «Paolo VI è morto all’età di 80 anni – conclude Lanzoni –. Una vita ricca e lunga, la sua. Che alla fine ci consegna una certezza: l’unica ricchezza della Chiesa è il Vangelo».
© Copyright Avvenire, 7 novembre 2009
Tadini: il parroco santo che si chinò sulle sofferenze di lavoratori e operaie
«Io sono ambasciatore povero.
Tutta la mia scienza: la croce, tutta la mia forza: la stola» . Così disse Arcangelo Tadini presentandosi ai suoi parrocchiani. In quelle parole è riassunto il segreto della sua vita di prete donatosi senza riserve al Vangelo e agli uomini del suo tempo.
Tadini nacque a Verolanuova, nella Bassa Bresciana, il 12 ottobre 1846 da famiglia benestante. Ultimo di undici figli, nonostante la salute cagionevole, scelse il sacerdozio e mostrò una dedizione infaticabile alla causa di Cristo.
Ordinato prete nel 1870, venne mandato a Lodrino, Valle Trompia e dopo due anni trasferito alla Noce, borgata alle porte di Brescia.
A 40 anni venne nominato parroco di Botticino Sera, dove resterà fino alla morte ( 20 maggio 1912). In questo borgo pedemontano nei pressi di Brescia si dispiegò tutto il suo genio pastorale. Grazie a lui rifiorirono l’oratorio, il Terz’Ordine Francescano, le Figlie di Sant’Angela e altre realtà; mostrò grande amore per la liturgia e il canto sacro; dedicò cura particolare alla famiglia e all’educazione dei bambini e dei giovani. Il suo ministero, soprattutto, venne profondamente segnato dall’enciclica « Rerum novarum » di Leone XIII, che lo aprì alla sollecitudine verso la questione sociale, le sfide del lavoro e in particolare della condizione femminile. Eccolo fondare, allora, una società operaia cattolica di mutuo soccorso, una filanda, un convitto per le lavoratrici; infine le Suore Operaie della Santa Casa di Nazaret, la sua eredità più duratura – e all’inizio contrastata, anche dentro la Chiesa: donne consacrate che condividessero in fabbrica la vita e le condizioni di lavoro della classe operaia. Tadini è stato canonizzato il 26 aprile 2009 a Roma, in piazza San Pietro, da Benedetto XVI, che ora – nel cuore dell’Anno Sacerdotale – gli rende omaggio nella parrocchiale di Botticino Sera, dov’è custodita l’urna con i suoi resti mortali.
(L. Ros.)
© Copyright Avvenire, 7 novembre 2009
Montini: nato nel 1897, prete dal 1920 guidò Milano prima di diventare Papa
«Man mano che il nostro sguardo sul passato si fa più largo e consapevole, appare sempre più grande, direi quasi sovrumano, il merito di Paolo VI nel presiedere l’assise conciliare, nel condurla felicemente a termine e nel governare la movimentata fase del post-Concilio». Così disse Benedetto XVI all’Angelus del 3 agosto 2008, alla vigilia del 30° della morte del suo predecessore (6 agosto 1978). Parole illuminanti.
Giovanni Battista Montini nacque a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897 da Giorgio, esponente di primo piano del cattolicesimo sociale e da Giuditta Alghisi. Ordinato sacerdote a Brescia il 29 maggio 1920, trasferitosi a Roma vi compì gli studi universitari. Nel maggio 1923 iniziò il servizio diplomatico presso la Segreteria di Stato vaticana; inviato alla nunziatura di Varsavia, rientrò in Italia nell’ottobre dello stesso anno, venne nominato nel 1924 assistente ecclesiastico del circolo romano della Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) e nel 1925 assistente ecclesiastico nazionale, incarico che ricoprirà fino al 1933. Il 13 dicembre 1937 venne nominato sostituto della segreteria di Stato, il 29 novembre 1952 pro-segretario di Stato per gli Affari straordinari. Il 1° novembre 1954 Pio XII lo nominò arcivescovo di Milano; fu Giovanni XXIII a crearlo cardinale il 15 dicembre 1958. Eletto pontefice il 21 giugno 1963, assunto il nome di Paolo VI, guidò il Concilio Vaticano II fino alla conclusione, l’8 dicembre 1965. A lui si deve la prima celebrazione della Giornata mondiale della pace, il 1° gennaio 1968; fu inoltre il primo Papa a utilizzare l’aereo per i suoi numerosi viaggi in Italia e all’estero.
La sua prima enciclica fu la «Ecclesiam suam» (1964); la «Populorum progressio» (1967), la «Humanae vitae» (1968) e la «Sacerdotalis caelibatus» (1976) le ultime; poi pubblicò lettere apostoliche come la «Octogesima adveniens» (1971) ed esortazioni apostoliche come la «Gaudete in domino» (1975) e la «Evangelii nuntiandi» (1975). Il 6 agosto 1978, solennità della Trasfigurazione, morì a Castel Gandolfo.
(L.Ros.)
© Copyright Avvenire, 7 novembre 2009
Concesio
«È il luogo dove il futuro Pontefice imparò cos’è la civiltà dell’amore»
DAL NOSTRO INVIATO A CONCESIO
La casa natale, il fonte battesimale, la nuova sede dell’Istituto Paolo VI. Un luogo per venire al mondo, un luogo per incontrare la luce della grazia, un luogo per illuminare il cammino delle generazioni che verranno. Chi volesse penetrare il legame fra Concesio e il suo figlio più illustre deve farsi pellegrino fra questi luoghi. I medesimi che Benedetto XVI visiterà domani nell’ultima parte della sua giornata bresciana.
La casa natale, innanzitutto, dove Montini vide la luce il 26 settembre 1897. Paolo VI è il Papa che «annunciò al mondo la civiltà dell’amore che fanciullo apprese fra queste mura», sta scritto su una lapide.
«Ricorda il ruolo fondamentale che ebbe la sua famiglia: è dal padre Giorgio e dalla madre Giuditta Alghisi che il futuro Papa imparò che cos’è la civiltà dell’amore», scandisce monsignor Dino Osio, parroco di Concesio Sant’Antonino dal 1996. Sant’Antonino è la chiesa dove il piccolo Montini venne battezzato il 30 settembre 1897. Anni fa il battistero venne rinnovato attingendo al linguaggio dell’arte contemporanea, grazie all’intervento congiunto di Gabriella Furlani e Francesco Landucci.
Una scelta che Montini, il Papa che rilanciò il dialogo tra Chiesa e artisti, avrebbe apprezzato.
L’Istituto Paolo VI, infine. Il Centro internazionale di studi e documentazione avviato dopo la morte di Montini e finora ospitato a Brescia, ha una nuova sede edificata proprio nel brolo della casa natale del Pontefice. Sarà Ratzinger a inaugurarla. Qui proseguirà quell’impegno di approfondimento scientifico della vita, del pensiero e dell’opera di Montini perché possano continuare a illuminare il cammino della Chiesa e della società di domani. Qui avrà i- noltre collocazione la collezione «Arte e spiritualità», mirabile raccolta di opere di autori del ’900 e contemporanei, legata nella genesi e nello sviluppo alla figura di Paolo VI e del suo segretario, Pasquale Macchi.
«Quello che ci apprestiamo a vivere è un vero momento di grazia. Accogliendo Benedetto XVI nel paese natale di Paolo VI incontriamo la Chiesa intera. Quella di Montini è un’eredità viva, che Concesio custodisce e condivide con gioia e senso di responsabilità », prosegue il parroco dando voce a una comunità che in questa vigilia appare in trepidante attesa. Ci sono molti modi – spiega ancora monsignor Osio – per vivere questa fedeltà alla memoria di Montini: a partire dalla preghiera. «Ad ogni Messa preghiamo per la sua beatificazione », aggiunge. Quella memoria condivisa ha il suo momento più forte e partecipato nella «Settimana montiniana », giunta ormai alla decima edizione, che a settembre ogni anno intreccia eventi di carattere spirituale, ecclesiale, culturale e di solidarietà. «Quest’anno per la prima volta abbiamo riunito tutti insieme i parroci e i sindaci dei paesi natale dei «Papi del Concilio», da Giovanni XXIII a Benedetto XVI: è stata un’esperienza di grazia eccezionale», racconta, infervorandosi, monsignor Osio.
«Fu papa Montini a nominare arcivescovo Ratzinger e a crearlo cardinale – prosegue il parroco –. Paolo VI e Benedetto XVI li riuniremo nella medaglia d’oro che doneremo al vescovo di Roma ospite fra noi». Ma ci sono anche altri ospiti, destinati questi a rimanere a Concesio.
Ed è un’altra novità importante. Si tratta della comunità di Figlie di Maria Ausiliatrice alle quali verrà chiesto di custodire il carattere religioso della casa natale di Paolo VI e di mettere il loro carisma educativo al servizio dell’intera comunità.
(L.Ros.)
© Copyright Avvenire, 7 novembre 2009
Botticino
«Qui lavoriamo per gli ultimi nel nome di don Arcangelo»
Lorenzo Rosoli
DAL NOSTRO INVIATO A BOTTICINO
Una folla di persone ha accompagnato sabato scorso la nuova urna col corpo di sant’Arcangelo Tadini dalla casa madre delle «sue» Suore Operaie alla chiesa parrocchiale di Botticino Sera. La «sua» chiesa – qui fu parroco dal 1886 fino alla morte, il 20 maggio 1912 – elevata a maggio al rango di santuario e basilica minore. Qui, domattina, arriverà Benedetto XVI a venerare le spoglie del prete da lui stesso canonizzato il 26 aprile scorso. Un segno importante, quel «pellegrinaggio» con l’urna del santo fra la comunità delle religiose fondate da Tadini e la parrocchiale. «Il segno che Tadini, grazie al cammino fatto insieme, non «appartiene» più solo alle Suore Operaie ma all’intera comunità di Botticino. E grazie alla canonizzazione, anche alla diocesi». A parlare è don Raffaele Licini, parroco delle tre parrocchie presenti nel territorio comunale, confluite in un’unità pastorale intitolata proprio a Tadini. La costruzione dell’unità pastorale – che ha mobilitato le comunità in un itinerario formativo e missionario – si è intrecciato con la riscoperta e la «condivisione» della figura di Tadini, spiega il parroco. In questo memorabile 2009, la canonizzazione e la visita del Papa.
Cosa significa essere il successore di un «prete sociale» e di un parroco santo come Tadini? «Significa ricordarsi che se non parti dal rapporto con Dio, il tuo impegno sociale rischia di essere vano». Tadini diede risposte innovative alla 'questione sociale' – nella scia della Rerum novarum di Leone XIII – perché era un prete che arrivava all’impegno di carità attraverso la preghiera, l’Eucaristia, l’amicizia coltivata con Gesù. Se non è così, diventi un prete che segue le mode o che si rinchiude in chiesa», scandisce Li- cini, trent’anni esatti da sacerdote e fondatore di una comunità terapeutica in Valle Sabbia.
Benedetto XVI rende omaggio a Tadini ad Anno Sacerdotale in corso. Un gesto significativo. «E una coincidenza singolare: la data di apertura dell’Anno Sacerdotale, il 19 giugno, è la stessa dell’ordinazione presbiterale di Tadini – sottolinea Maria Regina Biscella, suora operaia e postulatrice della causa di Tadini – . Quale gioia accogliere il Papa davanti all’urna del nostro fondatore! Noi siamo una piccola congregazione, appena 200 suore, presenti in Italia, Inghilterra, Burundi e Brasile. La nostra spiritualità è illuminata dal mistero dell’Incarnazione, guarda al Gesù di Nazareth che nella Santa Famiglia crebbe e lavorò con mani d’uomo». Al santo fondatore è stato dedicato un «Anno Tadiniano» che si concluderà il 21 maggio 2010. Molte le iniziative culturali e spirituali. Non solo: «La cosituzione del Fondo Tadini da parte delle parrocchie di Botticino con la Pro Loco, la nostra congregazione e il sostegno delle aziende della Valverde, per aiutare le famiglie toccate dalla crisi economica e dalla disoccupazione».
Ma il respiro delle Suore Operaie è globale: «Al Papa – conferma la religiosa – presenteremo il progetto di un centro sociale e di formazione professionale da realizzare in Burundi con l’aiuto dell’Associazione Cuore Amico». Una vigilia all’insegna della solidarietà, dunque. Ma anche della bellezza. Con la nuova pala d’altare per la parrocchiale dedicata a Tadini e realizzata dall’artista armeno Yuroz; con l’opera «Memoria dell’uomo» dello scultore Gianpietro Moretti allestita sul sagrato; con l’incisione di Girolamo Battista Tregambe e la scultura di Lino Sanzeni che verranno donati al Papa.
© Copyright Avvenire, 7 novembre 2009
Vedi anche:
INTERVISTA A MONARI: «Un omaggio alla Chiesa del Concilio»
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