domenica 24 maggio 2009

Montecassino, il Papa nell'abbazia del patrono d'Europa (Bobbio)


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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE A CASSINO E MONTECASSINO (24 MAGGIO 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Montecassino, il Papa nell'abbazia del patrono d'Europa

Alberto Bobbio

Montecassino (Frosinone)

La prima volta che vi salì, passò ore, insieme al fratello Georg, a suonare i diversi organi del monastero. Era il 13 giugno 1992 e il cardinale Joseph Ratzinger restò ammirato della potenza dei suoni, ma soprattutto dalla grandiosità dell'abbazia dove sono custodite le reliquie di San Benedetto.
Oggi Ratzinger torna a Montecassino con il nome di Benedetto, simbolo, per il Papa, dell'urgenza per l'Europa e l'Occidente di recuperare le sue radici cristiane. Celebrerà la Messa per la diocesi di Cassino, l'unica al mondo dove l'abate è anche vescovo, incontrerà tutti gli abati e le badesse benedettine del mondo, che sono circa cinquecento, guiderà i vespri, visiterà il cimitero polacco e inaugurerà la Casa della Carità, un centro di assistenza per i poveri, voluto dai frati e realizzato con il contributo della Regione Lazio. L'attesa è soprattutto per le parole che Ratzinger pronuncerà su San Benedetto, il monaco e il santo che più lo ha affascinato fin dall'inizio della sua vocazione, al punto che da giovane aveva pensato di diventare monaco proprio nel suo ordine. Ma sarà anche l'occasione per il Papa per fare il punto sull'Europa, di cui San Benedetto è patrono, proclamato da Paolo VI nel 1964, a due settimane dalle elezioni del Parlamento europeo.
Montecassino evoca un motto, che San Benedetto non ha mai scritto, «Ora et labora», che tuttavia è diventata la sintesi di un modo di mettere Dio nel cuore della storia e che oggi, secondo Ratzinger, va ripreso per ridare cittadinanza pubblica alla fede, visibilità al Vangelo nella cultura di un'Europa che invece tende a dimenticare le radici cristiane. Anche Paolo VI quando, in pieno Concilio Vaticano II, salì a Montecassino per riconsacrare la basilica, ricostruita dopo la furia dei bombardamenti del 1944, si soffermò su questo concetto, cuore del messaggio del monachesimo di San Benedetto, che Montini definì «messaggero di pace, maestro di civiltà, araldo della religione di Cristo».
Quest'anno sono 65 anni dalla distruzione del monastero. E solo da pochi anni la maggior parte degli storici concorda che fu un errore tragico, poiché l'avamposto poteva essere benissimo aggirato e la linea Gustav spezzata in altri punti e non sotto l'antica abbazia.
Il monastero venne bombardato da B17 alleati, ridotto in cumulo di polvere e macerie, poi venne dato l'ordine di assalto alla fanteria. Fu un massacro, combattimenti furiosi quasi corpo a corpo, perché i carri armati non potevano muoversi tra i crateri delle bombe e perché i tedeschi per primi occuparono le rovine e si trincerarono. Una collina venne chiamata «one million hill», collina da un milione di dollari, perché gli alleati calcolarono che per uccidere un solo nazista agli alleati costò 25 mila dollari in proiettili.
Oggi le colline attorno al monastero sono un contrappunto di cimiteri militari.
I primi a conquistare le rovine del monastero furono i polacchi dell'undicesimo Corpo d'armata. Morirono in oltre mille. Montecassino è così anche memoria della follia degli uomini.
Esattamente trent'anni fa Karol Wojtyla a Montecassino ricordò la tragedia con parole tremende: «Perché hanno combattuto gli uni contro gli altri uomini e nazioni? Sicuramente non li hanno spinti a questa terribile strage le verità del Vangelo e le tradizioni della grande cultura cristiana». Il cimitero dei polacchi, dove oggi Ratzinger pregherà, insieme a tutti gli altri, resta un monito, non ancora sufficiente, per l'umanità.

© Copyright Eco di Bergamo, 24 maggio 2009

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