sabato 15 novembre 2008

Su Eluana solo i Radicali dicono il vero. Rita Bernardini usa la parola che tutti si rifiutano di usare: «Eutanasia» (Ubaldo Casotto, "Il Riformista")


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Su Eluana solo i Radicali dicono il vero

Di Ubaldo Casotto

Viva i Radicali. Hanno almeno il buon gusto di evitare l'ipocrisia. Di chiamare le cose con il loro nome, di condurre apertamente le loro battaglie senza infingimenti. Combattono per idee inconciliabili con le mie se non quella nel campo della giustizia, dove ci accomuna il garantismo.
Per il resto il mondo che loro sognano (e che a dispetto degli strepiti contro le “ingerenze della Chiesa” e del “potere del Papa” è sempre di più il mondo in cui viviamo) è un mondo diverso da quello in cui vorrei vivere. Non mi piace il divorzio e c'è il divorzio. Non mi piace l'aborto e per loro invece è un “diritto” ormai acquisito, anzi da allargare ulteriormente. Penso che che il desiderio di un figlio non sia automaticamente un diritto al figlio e per questo sono contrario all'artificializzazione dell'amore e all'invadenza tecnico-scientifica nel nucleo della vita; invece la fecondazione in vitro è una realtà anche se non ancora estesa (in Italia) a tutte le possibilità ed incroci immaginabili. Sinceramente non mi sento nel mainstream. Culturalmente il pensiero radicale è molto dominante più della presunta “egemonia cattolica”. Ebbene, i radicali ieri, dopo la sentenza della Cassazione su Eluana Englaro, hanno esultato: «Finalmente. È una senza storica. Sono anni che ci battiamo» e Rita Bernardini usa la parola che tutti si rifiutano di usare: «Eutanasia».
Per il resto, ieri è stato il trionfo dell'ipocrisia. Un esultare senza avere il coraggio di esultare. Una cosa triste. Gli ipocriti, si sa, sono tristi. Che cosa ci sia poi da celebrare in una morte, me lo devono spiegare. Io sono abituato a felicitarmi per le nascite.
Repubblica titola con un «Ora Eluana può morire», l'Unità fa una prima pagina con scritto «Libera - La Cassazione: diritto all'autodeterminazione in ogni fase della vita». Che è una bugia, doppia. Perché un feto di otto mesi e mezzo nel grembo di sua madre non ha alcuna capacità di autodeterminarsi; un bambino di due anni nemmeno. Di tre? Di quattro? Quanto vogliamo andare avanti? Capacità di autodeterminazione non ce l'ha un demente. Non ce l'ha un uomo anziano affetto da Alzheimer. Non ce l'ha un uomo che dorme, questa strana sospensione della vita cosciente in cui cadiamo tutti i giorni. Capacità di autodeterminazione non ce l'ha Eluana in “questa” fase della sua vita. Tranne che tutti gli stati descritti non vengano considerati “vita”.
Ma non è questa l'unica, seppur pietosa, bugia. Si dice: questa sentenza permette al padre, tutore di Eluana, di realizzare la sue volontà. Ma quale fosse la sua volontà non è assolutamente certo. E anche chi è d'accordo con la Cassazione, come il professor Carlo Federico Grosso sulla Stampa, parla di decisione del tutore «ricostruendo la presunta volontà del paziente inconsapevole», e più avanti «presumibile volontà del paziente». Lo dice anche il professor Umberto Veronesi su Repubblica: «le sue volontà sono state “ricostruite”».
E veniamo alla terza mistificazione, anch'essa propugnata in nome della pietà. Quello nei confronti di Eluana è stato, scrive Eligio Resta sul manifesto, un accanimento ideologico, troppo sordo alla “dignità” di questa persona», consistente nella «volontà di perpetuare una vita soltanto artificiale». Di più, il professor Grosso sulla Stampa: «una vita in condizione vegetativa irreversibile, che non è più, propriamente, vita umana meritevole di ogni protezione giuridica». Cosa vuol dire il professor Grosso? Che se qualcuno ammazzasse Eluana non sarebbe incriminato per omicidio? Ma ci pensa Veronesi a fugare ogni dubbio: «Eluana è morta sedici anni fa. Vivono, anzi vegetano proprio come piante, gli organi del suo corpo». Si tratterebbe quindi, secondo la logica di questo ragionamento, di decidere se tagliare o meno un albero. E allora dov'è il problema?
Quando sento parlare di dignità della vita mi vengono i brividi. Perché se ogni vita non è degna di essere vissuta, nessuna vita è degna di essere vissuta.
Un ultimo dubbio spacciato per certezza (sorvoliamo sulla natura terapeutica dell'alimentazione e dell'idratazione, cioè del mangiare e del bere): togliendole il sondino Eluana «dovrebbe morire in dieci-quindici giorni», ma per il chirurgo Ignazio Marino «è scientifico, non proverà dolore»; per il neurologo Carlo Albero Defanti si somministreranno «antiepilettici e sedativi come per i grandi dolori, anche se in base alla conoscenze non dovrebbe sentire nulla». Molto rassicurante.

Per tutti questi motivi il Caso di Eluana non potrà tornare a essere «una storia privata». Perché pubblica l'ha voluta rendere suo padre che cercato una soluzione giudiziaria all'incredibile dolore che provava e prova, e oggi dice «nessuno più mi fermerà».

Non può tornare a essere una storia provata perché ne va di mezzo una concezione del mondo, della vita, della società che vogliamo costruire, una società dove l'eutanasia, nonostante tutte le rassicurazioni, diventerà un diritto. Una società in cui l'uomo, arrogatosi il diritto di vita sui chi deve ancora venire al mondo, conquisterà anche quello di morte. Per sé e per i suoi “cari”. In questa società non vorrei essere “caro” a nessuno.
P.S. Tutto questo verrà risolto da una legge sul testamento biologico? Non lo so, personalmente associo la parola testamento a ciò che si farà dei miei averi dopo che sarò morto. Faccio fatica a usarla per dire ciò che si deve fare di me finché sono vivo. Ci pensi il Parlamento.

© Copyright Il Riformista, 15 novembre 2008 consultabile online anche qui.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Questo articolo è bellissimo.
Nel Sito de Il Riformista sotto l'articolo è stata inserita una discussione, una specie di sondaggio.
Per lo più i commenti sono a favore della sentenza, con più o meno questa richiesta: basta non parliamone più... ovviamente per rispetto!
Mi pare che oggi la gente ritenga obiettivo primario di un'esistenza il divertirsi spensieratamente e il "godersi la vita" secondo logiche edonistiche e a tal fine voglia rimuovere alla svelta ogni ostacolo o fastidio.... Se questo vale per un argomento mediatico, figuriamoci quando un "fastidio" può protrarsi per molti anni mandando a monte tanti bei progetti....
Tanti pensano all'ora presente in cui non vogliono fastidi, ma non pensano a quando, pur mantenendo la stessa voglia di vivere attuale, toccherà a loro stessi diventare per qualcuno un "fastidio"....
A quel punto la nostra "fastidiosa" morale Cristiana potrebbe tornare utile anche a loro.