sabato 27 giugno 2009

Enciclica. La crisi c’è e si combatte con la carità e la verità (Rodari)


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Enciclica. La crisi c’è e si combatte con la carità e la verità

giu 27, 2009 il Riformista

Paolo Rodari

Dopodomani, lunedì 29 giugno, festività di san Pietro e Paolo, Benedetto XVI firmerà la sua terza enciclica, la Caritas in veritate: tre anni e mezzo dopo la Deus caritas est (25 dicembre 2005) e un anno e mezzo dopo la Spe salvi (30 novembre 2007). Il testo uscirà nei prossimi giorni, probabilmente entro il 10 del mese di luglio.
Il Riformista, da colloqui avuti con alcuni di coloro che hanno coadiuvato il Pontefice a stendere l’enciclica - un lavoro lungo e non facile -, può ricostruire in anteprima i punti essenziali di un testo il cui scopo è stato evidenziato bene dallo stesso Pontefice lo scorso 13 giugno, durante l’udienza concessa alla Fondazione Centesimus annus Pro Pontifice: con la Caritas in veritate - ha detto il Papa - si è cercato di «porre in evidenza quelli che per noi cristiani sono gli obiettivi da perseguire e i valori da promuovere e difendere instancabilmente, al fine di realizzare una convivenza umana veramente libera e solidale».
Come questi obiettivi e valori possono essere perseguiti? Solo «con la carità nella verità», principale forza propulsiva per il vero sviluppo di ogni persona e dell’umanità intera. Infatti, è dalla carità di Dio che tutto proviene. Certo, sappiamo bene che solo nella verità la carità risplende e può essere autenticamente vissuta: la verità è luce che dà senso e valore alla carità. Questa luce è, a un tempo, quella della ragione e della fede, attraverso cui l’intelligenza perviene alla verità naturale e soprannaturale della carità: ne coglie il significato di donazione, di accoglienza e di comunione.
La dottrina sociale della Chiesa ruota attorno al principio della Caritas in veritate. La dottrina sociale della Chiesa, infatti, è annuncio della verità dell’amore di Cristo nella società. Tale dottrina è servizio della carità, ma nella verità. Non per niente, è la verità che preserva ed esprime la forza di liberazione della carità nelle vicende sempre nuove della storia. È, insieme, verità della fede e della ragione, nella distinzione e nella sinergia dei due ambiti cognitivi. Lo sviluppo, il benessere sociale, un’adeguata soluzione dei gravi problemi che affliggono l’umanità, hanno bisogno di questa verità. Senza verità, senza fiducia e amore per il vero, non c’è coscienza e responsabilità sociale, e l’agire sociale cade in balìa di privati interessi e di logiche di potere, con effetti disgregatori sulla società, tanto più in una società in via di globalizzazione, in momenti difficili come quelli attuali. Solo nella carità, illuminata alla luce della ragione e della fede, è possibile conseguire obiettivi di sviluppo dotati di una valenza più umana e umanizzante.
La carità nella verità, esige giustizia: «ubi societas, ibi ius». Non posso donare all’altro del mio, senza avergli dato ciò che gli compete secondo giustizia.
Ma - va detto - la carità supera la giustizia e la completa nella logica del dono e del perdono. La “città dell’uomo” non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione. Quindi, adoperarsi efficacemente per il bene comune è esigenza di giustizia e di carità.
Già nel 1967 con l’enciclica Populorum progressio Paolo VI illuminò il tema dello sviluppo dei popoli con la luce della verità e la forza della carità di Cristo.
Ecco allora che Benedetto XVI, con la Caritas in veritate, è anzitutto alla memoria di Papa Montini che intende rendere omaggio, riprendendo in questo modo, attualizzandoli nel presente, i suoi insegnamenti sullo sviluppo umano integrale.
Questo è l’insegnamento di Paolo VI: l’autentico sviluppo dell’uomo riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione.
Paolo VI nella Populorum Progressio volle dire che un autentico sviluppo è anzitutto una vocazione. Siccome la vocazione è un appello che chiede una risposta, lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli: nessuna struttura può garantire tale sviluppo al di fuori e al di sopra della responsabilità umana, una responsabilità capace di riconoscere nella visione dello sviluppo come vocazione la centralità della carità nella verità.
Anche oggi, come era ai tempi della Populorum Progressio, la carità nella verità chiede urgenti riforme per affrontare con coraggio e senza indugio i grandi problemi dell’ingiustizia nello sviluppo dei popoli. Infatti, lo sviluppo economico che auspicava Paolo VI doveva essere tale da produrre una crescita reale, estensibile a tutti e concretamente sostenibile. Va tuttavia riconosciuto che, a distanza di quarant’anni, quello stesso sviluppo economico è stato e continua a essere gravato da distorsioni e problemi drammatici.
Oggi occorre assumere con fiducia e realismo le nuove responsabilità a cui chiama lo scenario del mondo il quale necessita di un profondo rinnovamento culturale e della riscoperta dei valori di fondo su cui costruire un futuro migliore. È l’attuale situazione di crisi che obbliga a riprogettare il cammino, a dare nuove regole e a trovare nove forme d’impegno, a puntare sulle esperienze positive e a rigettare quelle negative. La crisi può diventare occasione di discernimento e di nuova progettualità: si tratta di dilatare la ragione e di renderla capace di conoscere e di orientare le nuove dinamiche derivanti da quella esplosione dell’interconnessione planetaria oramai comunemente nota come globalizzazione. Questa, infatti, può essere vista come una grande opportunità.
Oggi lo sviluppo è poliedrico.
Le cause dello sviluppo e del sottosviluppo sono molteplici. Continua però lo scandalo di disuguaglianze clamorose nonostante molte aree del pianeta si siano evolute. Qui occorre dire che non serve progredire solo da un punto di vista economico e tecnologico: l’uscita dall’arretratezza economica, infatti, seppure positiva non risolve la complessa problematica della promozione dell’uomo.
Cosa sta allora al centro di un vero sviluppo? L’apertura alla vita. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita si inaridiscono. Anche il diritto alla libertà religiosa è collegato in modo stretto con lo sviluppo. Dio, infatti, è il garante del vero sviluppo dell’uomo. Inoltre, uno sviluppo imperniato a un assolutismo della tecnologia e a una visione prometeica dell’uomo finisce per negare lo sviluppo stesso e rendere l’uomo schiavo. La libertà umana è sé stessa quando risponde al fascino della tecnica con decisioni che siano frutto di responsabilità morale. E lo sviluppo economico è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello al bene comune.
In molti Paesi è la fame a mietere vittime. Dare da mangiare agli affamati è un imperativo categorico della Chiesa. Occorre eliminare le cause strutturali della fame nel mondo e promuovere lo sviluppo agricolo dei Paesi poveri. Poi occorre una coscienza solidale che consideri il cibo e l’acqua come diritti universali di tutti. È evidente che la soluzione della crisi globale passa anche dal percorrere una via solidaristica allo sviluppo dei Paesi poveri.
Il ruolo e il potere degli Stati - limitati oggi di fronte al nuovo contesto economico finanziario - debbono essere rivalutati in modo che gli stessi Stati siano in grado di far fronte alle sfide del mondo odierno. Anche la partecipazione dei cittadini alla politica e l’impegno delle associazioni di lavoratori debbono essere rivalutati perché non va dimenticato che il primo capitale da salvaguardare è l’uomo, la persona nella sua integrità. In questo senso, tutte le scienze, comprese la teologia e la ragione metafisica, debbono interagire e collaborare a servizio dell’uomo.
È dunque necessaria una nuova riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini, insomma una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo. Riconoscendo il significato plurivalente dei termini «imprenditorialità» e «autorità politica», e il fatto che l’economia ha bisogno dell’etica per funzionare correttamente, questo approfondimento deve portare alla valorizzazione della solidarietà reciproca, al recupero della gratuità, e al riconoscimento che l’economia di mercato va finalizzata al bene comune.
Occorre ripensare nuovi stili di vita che aiutino a salvaguardare la vita e l’ambiente: i doveri che si hanno verso l’ambiente si collegano con quelli che si hanno verso la persona considerata in sé stessa e in relazione con gli altri.
Inoltre, è evidente che lo sviluppo dei popoli non può che dipendere dal riconoscimento d’essere una sola famiglia che collabora in comunione, l’uno in relazione con gli altri e con Dio. Manifestazione particolare della carità e criterio guida per la collaborazione fraterna di credenti e non credenti è senz’altro il principio di sussidiarietà. Un principio adatto a governare la globalizzazione, soprattutto se connesso al principio di solidarietà.
Di fronte a queste tematiche, per lavorare per un commercio internazionale equo, per una condivisione delle risorse energetiche, occorre una vera Autorità mondiale che dovrà essere regolata dal diritto, attenersi in modo coerente ai princìpi di sussidiarietà e solidarietà, essere subordinata alla realizzazione del bene comune e impegnarsi nella promozione di un autentico sviluppo umano integrale ispirato ai valori della carità nella verità. Questo sviluppo però deve comprendere una crescita spirituale, oltre che materiale, perché la persona umana è le due cose assieme: è anima e corpo.

© Copyright Il Riformista, 27 giugno 2009 consultabile online anche qui, sul blog di Rodari.

Complimenti a Rodari...siamo su un livello completamente diverso dalle polemiche sul latino!
Articolo davvero molto approfondito
.
R.

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