lunedì 26 ottobre 2009

Dialogo con i Lefebvriani, al via i colloqui dottrinali (Cardinale)


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Dialogo con i lefebvriani, al via i colloqui dottrinali

DI GIANNI CARDINALE

Vent’anni dopo ricominciano i colloqui dottrinali tra Santa Sede e comunità le­febvriana.
Nel 1988 non ebbero un e­sito felice, questa volta c’è la forte speranza da ambo le parti che i risultati possano essere po­sitivi.
Domattina, nell’austero palazzo del Sant’Uffi­zio, dove ha sede la Pontificia Commissione Ec­clesia Dei, si incontreranno le due delegazioni. Da parte vaticana ci saranno l’arcivescovo Luis Francisco Ladaria, gesuita, segretario della Con­gregazione per la dottrina della fede (Cdf), il pa­dre Karl I. Becker, anche lui gesuita, professore emerito della Gregoriana, padre Charles More­rod, domenicano, rettore dell’Angelicum e se­gretario della Pontificia Commissione teologi­ca internazionale, monsignor Fernando Oca­riz, vicario generale dell’Opus Dei. Tutti e tre questi ecclesiastici sono consultori della Cdf, e sono noti per non avere preclusioni 'ideologi­che' nei confronti della controparte, anche se coscienti della complessità dei problemi che verranno trattati.
Da parte della Fraternità sa­cerdotale di san Pio X ci saranno invece il ve­scovo Alfonso de Galarreta, direttore del semi­nario argentino della Fraternità e i sacerdoti Pa­trick de La Rocque, Jean-Michel Gleize e Benoit de Jorna.
Quest’ultimo è autore di alcuni scrit­ti dai toni piuttosto accesi, ma questo non do­vrebbe essere un problema se un certo estre­mismo sarà circoscritto al linguaggio e non ai contenuti. Comunque la presenza di Galarreta dovrebbe, almeno nelle intenzioni, essere ga­ranzia di equilibrio e misura.
I sei partecipanti al dialogo saranno moderati da monsignor Gui­do Pozzo, segretario di Ecclesia Dei.
I temi dei colloqui, come annunciato dallo stes­so Benedetto XVI nella lettera del 10 marzo scor­so in cui ne aveva preannunciato l’inizio, sono «di natura essenzialmente dottrinale e riguar­dano soprattutto l’accettazione del Concilio Va­ticano II e del magistero post-conciliare dei Pa­pi». In discussione quindi non c’è l’ultimo Con­cilio.
E in questo senso hanno suscitato una buo­na impressione le recenti dichiarazioni del su­periore dei lefebvriani, il vescovo Bernard Fel­lay, per il quale le «serie obiezioni» della Frater­nità sono «circa» e quindi non «sul» Concilio in sé.
Il dialogo quindi potrà esserci solo sull’in­terpretazione autentica del Concilio e di alcuni suoi documenti in particolare, come quelli riguardanti la collegialità episcopale, la libertà re­ligiosa, l’ecumenismo e i rapporti con le altre re­ligioni.
A questo riguardo hanno suscitato una impressione meno positiva le dichiarazioni di Fellay, che sembravano auspicare un allarga­mento dei temi di dialogo a questioni inerenti, ad esempio, «l’influenza della filosofia moder­na » nella Chiesa del post-Concilio.
Temi inte­ressanti che però non dovrebbero costituire di per sé oggetto di discussione dirimente per l’ac­coglimento dei lefebvriani e che rischiano di al­lungare indefinitamente i tempi dei colloqui.
In sostanza si tratterà di vedere se la Frater­nità fondata da monsignor Marcel Lefebvre è disposta ad accettare il Concilio Vaticano II al­la luce di tre principi. Innanzitutto nel segno dell’ « ermeneutica della continuità » e non di «rottura» con la tradizione come affermato da Benedetto XVI nel celebre discorso alla Curia Romana per gli auguri natalizi del 2005.
Det­to questo per la Santa Sede è imprescindibile il fatto che il deposito della fede sia conside­rato «un tutto», nella sua integrità e organicità, e che non è possibile estrapolarvi arbitraria­mente dottrine gradite a scapito di altre che non piacciono. In questo caso il testo di riferi­mento sarà il Catechismo della Chiesa catto­lica. Questo secondo principio sarà forse quel­lo su cui potrebbero registrarsi le maggiori dif­ficoltà, poiché in campo lefebvriano si tende a volte a non dare il giusto peso ai diversi gra­di di importanza dei pronunciamenti magi­steriali (ad esempio la dottrina dello 'stato cat­tolico', ancorché teoricamente legittima, non può essere invocata come l’unica vincolante per la Chiesa...).
Terzo principio che guiderà i colloqui sarà quello di discutere della lettera au­tentica del Concilio e non delle di­scutibili interpretazioni, anche nel caso godessero di un certo seguito all’interno della Chiesa cattolica.
Come si noterà di materia da discu­tere ce n’è in abbondanza. E per non allungare troppo i tempi si prevede che le discussioni proseguiranno a scadenze ravvicinate. Quanti mesi occorreranno è ancora presto per dirlo. E comunque alla fine le con­clusioni dovranno essere sottopo­ste alle istanze superiori ( Congre­gazione per la dottrina della fede e Papa per la Santa Sede, Fellay e Ca­pitolo della Fraternità per i lefeb­vriani). Solo dopo potrà essere cer­tificata la piena comunione. Le mo­dalità canoniche con cui questo po­trà avvenire (prelatura personale o altro) è un’altra storia.

© Copyright Avvenire, 25 ottobre 2009

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