martedì 6 ottobre 2009

Sinodo africano: leadership senza principi è causa di conflitti (Izzo)


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SINODO PER L'AFRICA (4-25 OTTOBRE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG

Riceviamo e con grandissimo piacere e gratitudine pubblichiamo questo servizio di Salvatore Izzo che ci aiuta a capire meglio le problematiche affrontate nel corso dei lavori del Sinodo.
Mi ha colpito molto la testimonianza di Mons. Tonye Bakot che ha raccontato come spesso i fedeli non si diano nemmeno il segno della pace
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R.

SINODO AFRICANO: LEADERSHIP SENZA PRINCIPI E' CAUSA CONFLITTI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 6 ott.

"I vecchi dittatori non ci sono piu', ma i dittatori leggeri sono uguali ai primi: non credono ai principi della democrazia". Lo denuncia l'arcivescovo emerito di Kampala, in Uganda, card. Emanuel Wamala, intervenuto questa mattina al Sinodo Africano per il quale una "leadership senza principi e' la prima causa dei conflitti".
"Molti leader - sottolinea - alimentano le divisioni per assicurare il loro ruolo". In questo contesto, "la riconciliazione rappresenta la sfida principale per i cattolici".
Ed e' proprio quello della riconciliazione il tema piu' trattato dai 18 padre sinodali che hanno preso la parola oggi. Dal Senegal arriva l'invito a "liturgie di penitenza e perdono che debbono essere celebrazioni di gioia, dove l'uomo si riappacifica col fratello, dal Camerun l'esaltazione del "perdono ricevuto e accolto" nella cultura tribale dei Bantu' del Sud.
"Il clan - spiega il presidente dei vescovi, mons. Simon Victor Tonye Bakot - sa ristabilire la pace e la riconciliazine piu' dei cristiani, che hanno l'Eucaristia ma spesso non sanno superare le divergenze e in molti casi tra i fedeli nemmeno si danno il segno della pace". "E' urgente che le questioni etniche esplose in conflitti siano affrontate apertamente con iniziative pastorali", auspica il presidente del Simposio delle Conferenze Episcopali d'Africa e Madagascar, card. Polycarp Pengo, per il quale "e' triste dover riconoscere che molti pastori sono coinvolti nei conflitti, tramite partecipazione o omissione. Dobbiamo accusare anche noi stessi e riconoscere l'abuso del nostro ruolo e la pratica del potere - ha detto il porporato africano - nonche' il rischio di tribalismo e di etnocentrismo".
"Non dobbiamo nascondere le tensioni itneretniche e la corruzione su larga scala che minano il Continente", chiede da parte sua mons. Fidele Agbatchi del Benin, per il quale "l'Africa ha paura e vive di paura, chiudendosi in un atteggiamento di autodifesa che sfocia troppo spesso in aggressivita'".
Piu' ottimista mons. Maroun Elias Lahham, vescovo di Tunisi che descrive relazioni "ricche di speranza e dialogo" tra musulmani e cristiani in Africa del Nord, dove "la Chiesa non e' perseguitata ma impegnata nel servizio alla societa' e con un grande margine di liberta', collaborando ad esempio con la scuola magrebina che ha un pensiero critico sul fondamentalismo".
E avverte che "alle volte la paura e' una cattiva consigliera". Mons. Giorgio Bertin, vescovo in Somalia, racconta pero' un'esperienza ben diversa quando ha ricordato che "venti anni fa e' stato ucciso mons. Salvatore Colombo, dopo che aveva servito il popolo per 40 anni e come lui sono state assassinate anche Annalena Tonelli e suor Leonella".
"Il 9 luglio - spiega - celebriamo la Giornata dei Martiri della Somalia e vogliamo fare memoria insieme di queste personalita' eroiche". Mons. Bertin lancia anche un appello contro la pirateria. Mons. Sthembele Anton Sipuka del Sudafrica sottolinea invece che il suo Paese testimonia come "grazie all'affermarsi di una mentalita' che la Chiesa deve favorire", la pace e la riconciliazioni siano "possibili dopo anni di confliti", anche se nella societa' "non mancano purtroppo comportamenti aggressivi" e c'e' "rabbia contro gli altri popoli africani".
Nutrita la pattuglia dei curiali intervenuta oggi nel dibattito. Il decano del Collegio cardinalizio, Angelo Sodano, ha sostenuto infine che "l'amore alla Nazione e' un nobile dovere del cristiano ma la deviazione del nazionalismo e' totalmente contraria ai principi evangelici".
"Le 53 nazioni africane avranno un avvenire nel contesto dei 192 paesi che fanno parte dell'Onu se sapranno superare le divisioni e cooperare per il progresso materiale e spirituale dei loro popoli".
Il card. Zenon Grocholeski ha esortato vescovi e rettori dei seminari sottoporre alal Santa Sede il "regolamento studiorum" per la formazione dei futuri sacerdoti e raccomandato coerenza anche di vita nei docenti delle 12500 scuole materne (un milione 260mila allievi), delle 33 mila 250 scuole primarie (14 miloni di scolari), 10 mila scuole secondarie (4 miloni di studenti).
Mentre, ha affermato, "debbono rafforzare la loro chiara identita' cattolica in particolare gli istituti superiori: 23 universita' cattoliche 5 facolta' teologiche, 3 filosofiche e 70 atenei affiliati alle Universita' Pontificie". In sintonia con lui il card. Franc Rode', prefetto della Congregazione per i religiosi, che ha denunciato come "difficolta'" nella formazione alla vita religiosa in Africa, "la mancanza di una cultura cristiana diffusa che rende piu' difficile la pratica dei valori".

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