lunedì 16 novembre 2009
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In nome della famiglia umana
Una denuncia chiara e realista di una situazione intollerabile: cresce il numero di chi soffre la fame, ma non se ne prende coscienza.
A parlare in questi termini è stato Benedetto XVI di fronte alla Fao, l'organismo delle Nazioni Unite preposto all'alimentazione e all'agricoltura che ha riunito un vertice mondiale sulla sicurezza alimentare. Con un discorso per il quale è ragionevole attendersi interesse e risposte concrete provenendo da un'autorità a cui guardano con fiducia moltissime persone in ogni parte del pianeta, anche al di fuori della Chiesa cattolica.
In continuità con l'enciclica Caritas in veritate e con l'insegnamento dei suoi predecessori, il Papa ripete che il dramma della povertà - del quale "la fame è il segno più crudele e concreto" - non dipende dalla crescita della popolazione. Questo è un dato acquisito e viene negato soltanto da motivazioni ideologiche o dalla difesa di interessi e privilegi. Già Paolo VI lo aveva detto nelle due encicliche sorelle in difesa della vita umana (Populorum progressio e Humanae vitae), poi più volte lo ha ripetuto Giovanni Paolo II e oggi lo ribadisce il loro successore, forte anche di un consenso che ora inizia a diffondersi anche negli organismi internazionali.
Il lungo discorso del Papa merita attenzione perché è realistico. Soprattutto interpella le autorità civili e le componenti della comunità internazionale. E lo fa con uno sguardo lucido che vede "la debolezza degli attuali meccanismi della sicurezza alimentare" e suggerisce cambiamenti. A nome della Chiesa cattolica - come già Paolo VI nel 1965 quando per la prima volta un Papa parlò davanti ai rappresentanti di tutti i popoli della terra - e senza alcuna pretesa di interferire nelle scelte politiche.
A nome cioè di una realtà mondiale preoccupata soltanto di difendere ogni persona umana. E il criterio della "comune appartenenza alla famiglia umana universale" è l'unico - ha sottolineato con forza Benedetto XVI - in nome del quale "si può richiedere ad ogni Popolo e quindi ad ogni Paese di essere solidale". Con un appello, dunque, alla ragione che impone con urgenza un cambiamento nell'agenda internazionale e nelle scelte concrete: ponendo fine alla scandalosa distruzione di derrate alimentari, modificando i meccanismi degli aiuti internazionali e della cooperazione, ridisegnando gli stessi rapporti tra le Nazioni, tornando a guardare con attenzione al mondo rurale, tutelando l'ambiente.
Ci si può domandare se il ragionare lucido e concreto di Benedetto XVI sarà ascoltato, se le sue parole saranno prese in considerazione. Molti forse le ignoreranno - e qui fondamentale è il ruolo dei media internazionali - e altri ricorreranno agli stereotipi di una Chiesa cattolica oscurantista di fronte a una presunta sovrappopolazione mondiale.
Ma non sarà facile: il Papa ha infatti ribadito che la Chiesa è "rispettosa del sapere e dei risultati delle scienze, come pure delle scelte determinate dalla ragione". E in nome della ragione, oltre che della fede, parla.
g. m. v.
(©L'Osservatore Romano - 16-17 novembre 2009)
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