mercoledì 2 dicembre 2009

Claudio Baglioni risponde al Papa: Quel sottile filo di luce che passa sotto la porta (Osservatore Romano)


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Un artista risponde al Papa

Quel sottile filo di luce che passa sotto la porta

di Claudio Baglioni

Non so se ciò che faccio si possa definire arte. Non lo garantiscono il metodo, né i risultati. E non spetta a me dirlo. Ma è grazie a ciò che faccio che ho potuto incontrare Sua Santità, Benedetto XVI, insieme ad altri uomini accomunati dal misterioso appellativo di artisti. Uomini che, credo, convivano con il mio stesso dubbio. Perché l'arte è ricerca. E il dubbio è il primo motore della ricerca. Dubbio che, quindi, non è negazione. Ma, al contrario, presupposto, preludio, anticamera della verità. Anticamera nella quale trascorre la vita di ogni uomo.
E, tra tutti gli uomini, credo che coloro i quali vengono chiamati artisti siano tra quelli che attendono più vicini alla "porta". Con i sensi dell'interiorità, avvertono i silenzi, i suoni, le voci e i rumori che provengono dalla "stanza accanto". Vedono un filo di luce filtrare da sotto la porta. Scorgono segni e riflessi che cercano di mettere a fuoco, decifrare, ordinare - non a caso questa è una delle mille, affascinanti, radici della parola "arte" - e rendere visibili.
Una condizione che è, allo stesso tempo, esaltazione e sofferenza. Perché il dono di una sensibilità non ordinaria, porta con sé il peso di non ordinarie responsabilità. Lo ricordava Paolo vi, quando diceva che la missione degli artisti è "carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità". Rendere visibile l'invisibile, appunto. Nessuno sa da dove vengano le note di una melodia, le parole di un romanzo, i passi di una coreografia; i tratti e i colori di una tela, le liriche di una poesia; le forme di una scultura o i volumi di una architettura; le immagini di una foto o le inquadrature di un film. Né sappiamo chi o cosa le porti dentro di noi. Tutti, però, sappiamo dove queste cose portano noi. Cambiano. Sollevano. Elevano. Non solo ci consentono di violare il limite orizzontale di questo nostro pellegrinaggio nell'esistenza, ma suggeriscono un nuovo orizzonte. Orizzonte verticale. Dal quale l'anima è, evidentemente, chiamata. E al quale essa, per sua natura, tende. Da sempre. Per sempre. "La storia dell'umanità - ha ricordato il Papa - è movimento e ascensione". L'arte è parte di quella storia. Parte importante. Movimento e ascensione contengono, però, il rischio della caduta dell'uomo. Rischio che "incombe sull'umanità quando si lascia sedurre dalle forze del male". In questo senso l'arte ha la responsabilità di essere, allo stesso tempo, frutto e seme di bellezza. Chi semina bellezza, raccoglie bellezza. Bellezza autentica, naturalmente. Profondità, non superficie. Sostanza, non forma. Quella bellezza che l'uomo ha, di volta in volta, identificato con verità, virtù, bene. Bellezza che è antidoto alla disperazione. Come ha ricordato Sua Santità, quando ha sottolineato il "legame profondo tra bellezza e speranza". Legame fondamentale. Soprattutto oggi, in un mondo che ha un bisogno estremo di bellezza. Quella bellezza che, come diceva Dostoevskij, sarà l'unica a salvare il mondo e senza la quale l'umanità non potrebbe vivere. Perché, se l'arte è davvero tale, riesce a colmare la distanza, sempre troppo grande, tra il presente come è e come, invece, potrebbe e dovrebbe essere. A rivelare il confine tra imperfezione e perfezione. Tra abisso e infinito. Non solo mostrando le strade da non battere, ma anche illuminando quelle da seguire.
E, soprattutto, rivelando, nel comporsi a rotta di queste ultime, il valore di una prospettiva. Dimostrando che ciò che si immagina o si teme impossibile, impossibile non è. Se l'uomo guarda, vede. E all'arte spetta - accanto ad altre "arti", naturalmente - il compito difficile, ma irrinunciabile, di mostrare ciò che non riesce o, talvolta, si rifiuta di vedere. Non solo dare senso e valore al suo cammino orizzontale - regalando, ad esempio, più umanità all'umanità - ma dimostrando che la meta è fine, ma non sempre è "la" fine. Spesso, anzi, essa è inizio. Nuovo inizio. E suggerendo all'uomo, attraverso il piccolo mistero della creatività, l'idea di aprirsi a sondare il mistero, ben più grande, della Creazione.
Per la musica il compito è ancora più delicato. Non perché esista una classifica di merito tra le arti. Che, evidentemente, non c'è. Ma perché l'immediatezza della musica, la sua universalità, la facilità, rapidità e vastità della sua diffusione, il fatto di valicare qualunque confine, di essere l'unica lingua che tutti sono in grado di comprendere e parlare - anche chi ne ignora completamente vocabolario, grammatica e sintassi - e di esercitare un richiamo particolarmente forte sulle generazioni giovani, la rendono una tra le arti più amate e ascoltate. Il che impone a chiunque le dia voce un supplemento di coscienza, autenticità e verità. Oltre all'obbligo, che vale per tutti gli artisti, di non dimenticare mai di essere, come scriveva Paolo vi, "i custodi della bellezza nel mondo". Parole che stordiscono e fanno tremare i polsi a tutti noi, piccole anime di confine, che tendiamo l'orecchio e speriamo di cogliere e saper interpretare dignitosamente i fragili segnali che ci manda quel sottile filo di luce che passa sotto la porta.

(©L'Osservatore Romano - 2 dicembre 2009 )

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cara Raffaella ho trovato questo articolo de "IL VELINO" del 21 novembre scorso...scusa ma non ricorso se è stato riportato nel blog...ciao li.pa.:-)

Benedetto XVI: Artisti siate testimoni di speranza per l’umanità

Roma, 21 nov (Velino) - “La via della bellezza ci conduce a cogliere il Tutto nel frammento, l’Infinito nel finito, Dio nella storia dell’umanità. Cari Artisti, voi siete custodi della bellezza. Siate perciò grati dei doni ricevuti e pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza, quali annunciatori e testimoni di speranza per l’umanità”. Questi alcuni dei passaggi significativi del discorso con cui il Santo Padre Benedetto XVI ha accolto oggi nella Cappella Sistina artisti “appartenenti a Paesi, culture e religioni diverse, forse anche lontani da esperienze religiose, ma desiderosi di mantenere viva una comunicazione con la Chiesa cattolica e di non restringere gli orizzonti dell’esistenza alla mera materialità, ad una visione riduttiva e banalizzante”. Un incontro per “rinnovare l’amicizia della Chiesa con il mondo dell’arte, un’amicizia consolidata nel tempo, poiché il Cristianesimo, fin dalle sue origini, ha ben compreso il valore delle arti” e che nel recente passato ha trovato nell’Incontro di Paolo VI con gli Artisti (7 maggio 1964) e nella Lettera di Giovanni Paolo II agli Artisti (4 aprile 1999), due momenti importanti a cui riallacciarsi. Nell’incontro odierno voluto da S.E. Mons. Gianfranco Ravasi erano presenti esponenti della pittura, scultura e architettura come Ugo Nespolo, Mimmo Paladino, Arnaldo Pomodoro e Santiago Calatrava; scrittori come Alberto Bevilacqua (che ricorda di aver incontrato Paolo VI che invitò lui, “scrittore laico”, a scrivere un poemetto pubblicato sull’“Osservatore Romano” dal titolo “Esser Papa”), cantanti come Andrea Bocelli, Riccardo Cocciante, Antonello Venditti e Roberto Vecchioni, e esponenti di cinema, teatro e danza come Pupi Avati, Claudia Koll, Paolo Sorrentino e Irene Papas.

Per il maestro Gianluigi Gelmetti è stato un discorso di “grande spessore umano e spirituale”. Per il regista Giuseppe Tornatore “una carezza in tempi di schiaffi”. Raoul Bova ha accolto col sorriso e piena consapevolezza la responsabilità di “un lavoro di ricerca in parallelo con la fede”. Giacomo Poretti si è soffermato a riflettere sul passaggio in cui il Papa ha detto che “gli artisti sono persone gettate nell’abisso per portare brandelli di luce e di speranza, in particolare noi tre (riferendosi ai compagni Aldo e Giovanni, ndr) – ha affermato - cerchiamo di dare gioia e sorriso alle persone”. Carla Fracci ha riconosciuto nelle parole del Papa “un supporto vero”. Per Lino Banfi oggi è stato come vincere “un piccolo Oscar perché fra tanti – ha detto – il Papa si è fermato a salutare me”. Claudio Baglioni se oggi avesse potuto parlare da vicino col Papa gli avrebbe portato una notizia: “Gli avrei detto che ieri all’inaugurazione dell’oratorio di Andria il suo saluto è stato accolto con entusiasmo dai giovani. Gli oratori – ha sottolineato - per me svolgono l’importante funzione di salvare tanti ragazzi dalla strada”. Con Claudio Baglioni il giovane figlio musicista Giovanni, colpito dalle parole sulla “dimensione spirituale delle bellezza”. Infine Massimo Ranieri, entusiasta per la “generosità” del Papa e il “mecenatismo” della Chiesa, ha confessato che, se oggi avesse dovuto prendere la parola come nell’incontro al Quirinale, in questo periodo di crisi avrebbe detto: “Patetierno aiutaci tu (Padreterno, mettici tu una mano)”.

(Ornella Petrucci) 21 nov 2009