martedì 1 dicembre 2009

Benedetto XVI ai teologi: se non si ha l'umiltà di sentirsi piccoli non è possibile alcuna comprensione di Dio (Radio Vaticana)


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Benedetto XVI ai teologi: se non si ha l'umiltà di sentirsi piccoli non è possibile alcuna comprensione di Dio

Il vero teologo è colui che non cede alla tentazione di misurare con la propria intelligenza il mistero di Dio, spesso svuotando di senso la figura di Cristo, ma è colui che è cosciente della propria limitatezza, come lo furono molti grandi Santi riconosciuti anche come grandi maestri. E’ questo il pensiero di sintesi che Benedetto XVI ha rivolto all’omelia della Messa celebrata stamattina con i membri della Commissione Teologica Internazionale, impegnati da ieri nella plenaria annuale. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Il prototipo del teologo saccente che studia la Sacra Scrittura come certi scienziati studiano la natura - cioè con una freddezza accademica che pretende di vivisezionare il mistero e ignora la scintilla del trascendente - Benedetto XVI lo ravvisa negli antichi scribi che indicano ai Magi la strada per Betlemme, per il Dio Bambino. Costoro, osserva, sono “grandi specialisti: possono dire dove nasce il Messia” ma “non si sentono invitati ad andare”. La notizia “non tocca la loro vita, rimangono fuori. Possono dare informazioni, ma l’informazione non diventa formazione della propria vita”:

“E così anche nel nostro tempo, negli ultimi duecento anni, osserviamo la stessa cosa. Ci sono grandi dotti, grandi specialisti, grandi teologi, maestri della fede che ci hanno insegnato tante cose. Sono penetrati nei dettagli della Sacra Scrittura, della storia della salvezza. Ma non hanno potuto vedere il mistero stesso, il vero nucleo: che questo Gesù era realmente Figlio di Dio (…) Si potrebbe facilmente fare grandi nomi della storia della teologia di questi duecento anni dai quali abbiamo imparato tanto, ma non è stato aperto agli occhi del loro cuore il mistero”.

Il Papa è severo con questo modo di procedere che, afferma, “si mette sopra Dio”. Lo è con gli scienziati che adottano, dice, un metodo nel quale “Dio non entra” e quindi “non c’è”. Ma lo è ancor più con certa teologia che mortifica il divino e della quale spiega i difetti con un’immagine efficace:

“Si pesca nelle acque della Sacra Scrittura con una rete che permette solo una certa misura per questi pesci e quanto va oltre questa misura non entra nella rete e quindi non può esistere. E così il grande mistero di Gesù, del Figlio fattosi uomo, si riduce a un Gesù storico, realmente una figura tragica, un fantasma senza carne e ossa, uno che è rimasto nel sepolcro, è corrotto, è realmente un morto”.
Ma la storia della Chiesa è ricca di uomini e donne capaci di riconoscere la loro piccolezza al cospetto della grandezza di Dio, capaci di umiltà e dunque di arrivare alla verità. E di questa lunga schiera Benedetto XVI cita qualche nome:
“Da Bernardette Soubirous a santa Teresa di Lisieux con una nuova lettura della Sacra Scrittura, non scientifica, ma entrando nel cuore della Sacra Scrittura, fino ai santi e beati del nostro tempo: suor Bakhita, madre Teresa, Damian de Veuster. Potremmo elencarne tanti”.

Ecco, ha proseguito il Papa, una categoria di “piccoli che sono anche dotti”, modelli cui ispirarsi perché, ha auspicato, ci aiutino “a essere veri teologi che possono annunciare il suo mistero perché toccati nella profondità del loro cuore”. Come lo fu la Madonna, o San Giovanni, o il centurione sotto Croce. O ancora San Paolo, che nella sua vicenda racchiude in modo emblematico la parabola del passaggio dalla falsa alla vera sapienza:

“E così anche dopo la sua risurrezione il Signore, sulla strada verso Damasco, tocca il cuore di Saulo, che è uno dei dotti che non vedono. Lui stesso, nella prima lettera a Timoteo, si chiama ignorante in quel tempo, nonostante la sua scienza. Ma il risorto lo tocca. Diventa cieco e diventa realmente vedente. Comincia a vedere. E il dotto grande diviene un piccolo e proprio così vede la stoltezza di Dio che è saggezza, sapienza più grande di tutte le saggezze umane”.
I lavori della Commissione Teologica Internazionale, presieduta dal cardinale William Levada, proseguiranno in Vaticano fino venerdì prossimo. In questa prima sessione del nuovo quinquennio, la Commissione deciderà i temi da trattare nei prossimi cinque anni e l’organizzazione concreta dei lavori. Tra i temi che il cardinale presidente ha chiesto alla Commissione di prendere in considerazione figura la questione della metodologia teologica, già affrontata durante il precedente quinquennio.

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