mercoledì 27 maggio 2009

Il Papa all'udienza: il mondo ha bisogno di sobrietà e di rispetto delle regole per uscire dalla povertà e umanizzare il lavoro (Radio Vaticana)


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Il Papa: "Solo imparando ad inserirsi nella comune libertà, condividere e sottomettersi ad essa, imparare la legalità, cioè la sottomissione e l’obbedienza alle regole del bene comune e della vita comune, può sanare una società come pure l’io stesso dalla superbia di essere al centro del mondo" (Catechesi)

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Benedetto XVI all'udienza generale: il mondo ha bisogno di sobrietà e di rispetto delle regole per uscire dalla povertà e umanizzare il lavoro

Difendere e far crescere “la perfetta unità del Corpo di Cristo” dalle forze che spingono verso il primato della volontà che distrugge la società, disumanizza il lavoro e non conosce la solidarietà verso i poveri.
Con affermazioni di grande vigore, Benedetto XVI ha tenuto oggi l’udienza generale in Piazza San Pietro davanti a circa 20 mila persone. La catechesi è stata ispirata da San Teodoro Studita, un monaco vissuto tra l’ottavo e il nono secolo che si spese contro l’iconoclastia e nel rafforzare l’identità cristiana dei suoi monaci. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Ancora un uomo forte, nascosto nelle miti vesti di un saio monacale, protagonista della catechesi di Benedetto XVI, che da qualche tempo sta indagando l’epoca bizantina tra l’ottavo e il nono secolo, dominata dalla lotte contro l’iconoclastia. Un “uomo formato e informato dalla fede”, i cui insegnamenti sono stati presi ed attualizzati con incisività dal Papa, che a più riprese ha fatto una sorta di “parallelo” storico e di valori tra il periodo “turbolento” nel quale visse San Teodoro Studita e le analoghe turbolenze che agitando il terzo millennio cristiano:

“Vi sono oggi numerose correnti che insidiano l’unità della fede comune e spingono verso una sorta di pericoloso individualismo spirituale e di superbia spirituale. E’ necessario impegnarsi nel difendere e far crescere la perfetta unità del Corpo di Cristo, nella quale possono comporsi in armonia la pace dell’ordine e le sincere relazioni personali nello Spirito”.
La persecuzione iconoclasta che portò San Teodoro Studita a subire per lunghi anni carcere, torture ed esilio è strettamente legata, ha detto il Papa, alla riforma della vita cenobitica che il monaco attuò con grande ispirazione. Forte di una comunità numerosa - trecento monaci quando i monasteri ne contavano in media una trentina - San Teodoro insistette sulla necessità dell’ordine e della sottomissione, oltre che sul “rigore” e l’“intensità” della vita cristiana. Lo fece, ad esempio, affrontando il nodo della povertà con insegnamenti che, ha affermato Benedetto XVI, valgono ancora oggi:

“Non dobbiamo dipendere dalla proprietà materiale, dobbiamo invece imparare la rinuncia, la semplicità, l’austerità e la sobrietà. Solo così può crescere una società solidale e può essere superato il grande problema della povertà di questo mondo”.

Un’altra tentazione dalla quale San Teodoro Studita tentò di difendere i suoi monaci - disabituati dopo le persecuzioni che li avevano dispersi a vivere come un corpo unico - fu quella del “primato della volontà”, in senso egoistico, al quale il monaco oppose quello dell’obbedienza. Una “rinuncia”, ha osservato il Pontefice, del tutto necessaria anche in una società come la nostra, che spesso dimentica i suoi valori fondanti:
“Se ognuno segue solo se stesso, il tessuto sociale non può funzionare. Solo imparando ad inserirsi nella comune libertà, condividere e sottomettersi ad essa, imparare la legalità, cioè la sottomissione e l’obbedienza alle regole del bene comune e della vita comune, può sanare una società come pure l’io stesso dalla superbia di essere al centro del mondo”.

Ma oltre al dominio di sé, che parte dall’obbedienza per arrivare alla pratica della povertà e della castità, Bendetto XVI ha individuato un’altra “virtù” nella vita e nella missione dell’antico monaco di Bisanzio, “l’amore al lavoro”:

“Colui che è fervente negli impegni materiali, che lavora con assiduità, egli argomenta, lo è anche in quelli spirituali. Non ammette perciò che, sotto il pretesto della preghiera e della contemplazione, il monaco si dispensi dal lavoro, anche dal lavoro manuale, che in realtà è, secondo lui e secondo tutta la tradizione monastica, il mezzo per trovare Dio (...) E proprio così il mondo del lavoro va umanizzato e l’uomo attraverso il lavoro diventa più se stesso, più vicino a Dio”.

I saluti e le catechesi in sintesi, oggi pronunciate in nove lingue, hanno completato l’udienza generale, al termine della quale il Papa ha salutato, oltre a vari gruppi parrocchiali e diocesani, anche i membri della Fondazione San Matteo in memoria del Cardinale Van Thuan, accompagnati dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente di Giustizia e Pace. Il Pontefice li ha invitati a “diffondere la dottrina sociale della Chiesa” e soprattutto, ha detto, “a far sentire la vicinanza della Chiesa a quanti sono poveri materialmente e spiritualmente”. Poco dopo, intrattenendosi con i fedeli al di là delle transenne, Benedetto XVI ha conversato per qualche minuto con Margaret Thatcher, ex premier britannica dal 1979 al 1990.

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