lunedì 21 settembre 2009

Benedetto XVI: i Vescovi sono responsabili dei loro sacerdoti (Zenit)


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Il Papa ai nuovi vescovi: "L’essere a disposizione della gente non deve diminuire o offuscare la nostra disponibilità verso il Signore. Il tempo che il sacerdote e il Vescovo consacrano a Dio nella preghiera è sempre quello meglio impiegato, perché la preghiera è l’anima dell’attività pastorale, la "linfa" che ad essa infonde forza, è il sostegno nei momenti di incertezza e di scoraggiamento e la sorgente inesauribile di fervore missionario e di amore fraterno verso tutti" (Discorso)

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Benedetto XVI: i Vescovi sono responsabili dei loro sacerdoti

Durante l’annuale incontro con i presuli di recente nomina

ROMA, lunedì, 21 settembre 2009 (ZENIT.org).

Di fronte a un'identità sacerdotale sempre più messa in crisi dalla crescente secolarizzazione, i Vescovi sono chiamati a farsi carico della loro “paterna responsabilità”.
E' quanto ha detto questo lunedì Benedetto XVI nell’incontro annuale per i Vescovi di recente nomina.
Ricevendo a Castel Gandolfo i presuli - dieci dei quali di rito orientale - che hanno partecipato in questi giorni all’incontro promosso dalle Congregazioni per i Vescovi e per le Chiese Orientali, il Papa ha ricordato che “uno dei compiti essenziali dei Vescovi è proprio quello di aiutare con l'esempio e con il fraterno sostegno i sacerdoti a seguire fedelmente la loro vocazione e a lavorare con entusiasmo e amore nella vigna del Signore".
“La missione di un presbitero e a maggior ragione quella di un Vescovo – ha continuato – comporta oggi una mole di lavoro che tende ad assorbirlo continuamente e totalmente”.
Nel breve saluto rivolto al Santo Padre, all'inizio dell'udienza, il Cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, ha detto che “questi giorni di preghiera, di riflessione e di studio sono stati utili per approfondire come essere Vescovi nella società odierna, segnata dalla secolarizzazione e dal relativismo, ma in pari tempo anche da sete di valori umani e spirituali”.
Dal canto suo il Papa ha osservato che al giorno d'oggi “le difficoltà aumentano e le incombenze vanno moltiplicandosi”, e che allo stesso tempo l'identità del sacerdote risulta “messa a dura prova dalla crescente secolarizzazione".
Il rischio, ha sottolineato il Papa, è che possa venir meno “la linfa, il sostegno nei momenti di incertezza e di scoraggiamento, la sorgente inesauribile di fervore missionario e di amore fraterno verso tutti”.
Ecco quindi il suggerimento di Benedetto XVI: “L’essere a disposizione della gente non deve diminuire o offuscare la disponibilità verso il Signore. Il tempo che il sacerdote e il vescovo consacrano a Dio nella preghiera è sempre quello meglio impiegato”.
"Condizione indispensabile perché produca frutti di bene è infatti che il sacerdote resti unito al Signore – ha detto –. Sta qui il segreto della fecondità del suo ministero: soltanto se incorporato a Cristo vera vite porta il frutto".
“Condizione indispensabile perché il presbitero produca frutti di bene è che resti unito al Signore”, che al centro della sua vita sacerdotale ci sia l’Eucaristia, ha detto il Papa ricordando di aver indetto l’Anno sacerdotale al fine di promuovere l’impegno di interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti “per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi”.
"La Santa Messa è formativa nel senso più profondo del termine, in quanto promuove la conformazione a Cristo e rinsalda il sacerdote nella sua vocazione”, ha sottolineato.
“L'imitazione di Gesù Buon Pastore è, per ogni sacerdote, la strada obbligata della propria santificazione – ha concluso il Papa – e la condizione essenziale per esercitare responsabilmente il ministero pastorale”.

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1 commento:

sam ha detto...

"Benedetto XVI: i Vescovi sono responsabili dei loro sacerdoti"

Propongo di mandarlo all'Arcivescovo di Milano, insieme a qualche estratto del sito www.dongiorgio.it.

L'unico timore è che - se fosse vero quel che sostiene Don Giorgio quando afferma «su tante cose anche il cardinale Tettamanzi la pensa come me, solo che non può dirlo» - se ne possa assumere la responsabilità, non con imbarazzo, ma con soddisfazione.