mercoledì 6 maggio 2009

Papa Ratzinger sfida contestazioni e pericoli perché ama il suo gregge più di se stesso (Tempi)


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Ratzinger sfida contestazioni e pericoli perché ama il suo gregge più di se stesso

Il Papa sa che la situazione è grave. Teheran non cede sul nucleare e gli israeliani sono favorevoli a bombardare l’Iran. Mentre tra Hamas e Fatah l’intesa è lontana

di Tempi

Con la sua visita in Terra Santa Benedetto XVI aggiunge un altro atto potenzialmente foriero di polemiche ai difficili passi del suo drammatico pontificato.
Stavolta sono stati un certo numero di esperti del dialogo interreligioso e di personalità cristiane e musulmane locali ad esprimere critiche pregiudiziali, paventando che il viaggio venga inteso come una legittimazione dell’operazione militare israeliana a Gaza e del governo Netanyahu, presentito come avverso al processo di pace.
Il Papa ha confermato la visita nonostante i rischi per la sua sicurezza e l’avviso, da parte delle autorità israeliane, che potrebbe trovarsi di fronte a proteste plateali a Nazareth. Cosa lo spinge a sfidare dissensi che vengono dal suo stesso gregge e pericoli per la sua persona? La coscienza lucida della minaccia di conflagrazione che pesa sulla Terra Santa e quindi su tutta l’umanità.
Il Papa va come «pellegrino di pace» e chiede a tutti di unirsi «alla mia preghiera per tutti i popoli della Terra Santa e della regione; possano essi ricevere il dono della riconciliazione, della speranza, della pace». Perché è cosciente della gravità della situazione. Teheran prosegue lo sviluppo del programma nucleare nonostante la mano tesa di Obama, mentre il 66 per cento degli israeliani è favorevole a un bombardamento delle installazioni in Iran senza preoccuparsi di quello che pensa il capo di Stato americano (solo il 38 per cento lo considera amico di Israele); sul fronte palestinese Hamas e al Fatah non riescono a pervenire ad alcun accordo di riconciliazione.
Anche stavolta Benedetto XVI non si preoccupa dei dissensi e dei rischi perché, da buon pastore, è più preoccupato della salute del gregge che non della sua propria.
Gran parte della speranza che il suo coraggio dia frutti di pace sta nella possibilità che altre personalità in Terra Santa – ebrei, cristiani e musulmani – si pongano seguendo il suo esempio.

© Copyright Tempi, 6 maggio 2009

2 commenti:

euge ha detto...

Carissimi amici del blog, ho letto questo articolo e sinceramente lo trovo inquietante. Sappiamo tutti che, questo viaggio nasconde delle insidie e nenanche tanto leggere anzi; ma, trovo inquietante definire il Pontificato di Benedetto XVI addirittura drammatico.
Drammatico perchè? Sarebbe gradito un approfondimento da parte dell'autore. Vorrei, sottolineare, che, se esaminiamo i pontificati passatai, ogni Papa ha avuto un momento di drammaticità nel proprio pontificato. E' assurdo, come in questo caso, si voglia dare una valenza politica a questo viaggio. Il Papa lo ha definito un viaggio di PACE e così sarà anche per quelli che sicuramente strumentalizzeranno questa importante tappa del Pontificato di
Benedetto XVI a loro uso e consumo.
Smettiamola per un momento di vedere nero in ogni dove e ricordiamoci che Benedetto XVI non è solo ricordate? " Chi crede non è mai solo " anche in prove difficili come questa.
I pericoli ci sono e tanti ma, come fu per la Turchia, Benedetto XVI andrà in Terra Santa con questa consapevolezza.

mariateresa ha detto...

Euge ha ragione da vendere. Tutta la storia cristiana e non solo dei papi, ha avuto momenti difficili. Bisognerebbe pesare le parole e anche gli stati d'animo , se è per questo.
Si fa un bel dire di essere autonomi dal conformismo dilagante eppoi si usano frasi e termini che fanno capire che la minestra invece è stata inghiottita.
Se invece l'intento è creare suspence, beh, ne faccio volentieri a meno. Mi basta e avanza la quotidianità.