venerdì 26 giugno 2009
Obama dal Papa dopo il G8. I temi dell’enciclica Caritas in Veritate (Vecchi)
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L’incontro La visita in Vaticano il 10 luglio sbloccata dalla nomina dell’ambasciatore Usa
Obama dal Papa dopo il G8
Nel colloquio si parlerà anche dell’enciclica Caritas in Veritate
Gian Guido Vecchi
CITTÀ DEL VATICANO — Il tema centrale è la ricerca d’un «nuovo modello di sviluppo» che sostenga «i diritti dei deboli» e dei «poveri», valori di «solidarietà » e «giustizia» e regole di mercato fondati sulla «legge naturale» valida anche per chi non crede, l’idea che che il mondo è casa di tutti e l’economia — oikonomia significa «legge» o «amministrazione» del-- l’oikos: la casa — va sostenuta da un «codice etico comune» e una visione del «bene comune» perché o è per l’uomo oppure si trasforma in uno strumento fine a se stesso che lo distrugge, vedi la crisi economica mondiale.
La Caritas in Veritate, terza enciclica di Benedetto XVI, porta la data del 29 giugno, solennità dei santi Pietro e Paolo, ma le traduzioni sono in corso e verrà presentata tra il 6 e il 7 luglio, giusto all’inizio del G8 dell’Aquila. In tempo per diventare il principale argomento di discussione tra il Papa e i grandi che vedrà in quei giorni: a cominciare dal primo e attesissimo incontro con Barack Obama.
Che il pontefice e il presidente degli Stati Uniti si vedessero era scontato, un mese fa la nomina del teologo Miguel H. Diaz ad ambasciatore presso la Santa Sede aveva rimosso «l’unico ostacolo» all’appuntamento. Restava da trovare il momento giusto: Benedetto XVI riceverà in Vaticano Barack Obama il 10 luglio, al pomeriggio (dopo l’indiscrezione del Catholic News Service, agenzia dei vescovi Usa, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha confermato la «disponibilità del Santo Padre» alla richiesta), tra la fine del G8 e la partenza del presidente, in serata, per il Ghana. Prima e dopo, il Papa incontrerà il giapponese Taro Aso, primo cattolico del suo Paese a divenire premier (7 luglio), il primo ministro australiano Kevin Rudd (9) e il premier canadese Stephen Harper (11).
I temi di confronto, tra Benedetto XVI e Obama, certo non scarseggiano.
È noto come siano divisi dai temi «eticamente sensibili», tipo la ricerca sulle staminali embrionali, anche se in Vaticano si è apprezzato il tentativo del presidente di «trovare un terreno comune» sull’aborto. In compenso c’è sintonia in politica internazionale, a cominciare dal Medio Oriente e dalla soluzione «due popoli, due Stati» sostenuta da entrambi per la pace tra israeliani e palestinesi. Soprattutto, però, Benedetto XVI può trovare in Obama un orecchio attento a molti dei temi dispiegati nella nuova enciclica, già prenotabile negli Usa ( Love in truth, in internet costa 14,95 dollari). Il testo, un centinaio di pagine dedicate «al vasto tema dell’economia e del lavoro», è diviso in due parti: nella prima si ricordano l’enciclica Populorum progressio di Paolo VI — che nel ’67 denunciò l’ingiustizia della disuguaglianza tra Paesi ricchi e quelli poveri «che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell’ignoranza» — e il magistero di Giovanni Paolo II che nella Centesimus annus del ’91 parla dell’economia di mercato come «via di progresso economico e civile solo se orientata al bene comune» e della libertà economica che va inquadrata «in un solido contesto giuridico ».
Nella seconda parte si affronta il tema della crisi, «una denuncia ragionevole e ragionata che non si fonda su grandi moralismi ma su ragioni concrete ». La crisi, ha detto il Papa, è nata da un «deficit di etica nelle strutture economiche» e rappresenta «un banco di prova». Si è dimostrato che «una finanza appiattita sul breve termine diviene pericolosa per tutti». Valori e regole, dignità umana e bene comune, appunto: la globalizzazione non è il male ma nemmeno «sinonimo di ordine mondiale». La fame «inaccettabile » e le spese per le armi, guerre e terrorismo. Bisogna ripensare i «paradigmi dominanti ». Il punto centrale è che occorre una «solidarietà globale», nella casa di tutti ciascuno dipende dagli altri e finisce per pagare un prezzo. I Paesi poveri vanno «sostenuti» e soprattutto «coinvolti» nei processi decisionali delle istituzioni internazionali: un appello già lanciato nel viaggio in Africa. Distribuzione equa «del potere decisionale » ma anche delle risorse, cura dell’ambiente e demografia: il problema non è la crescita demografica, al contrario sviluppo economico e crescita demografica corrispondono ed è questo che l’Occidente a crescita zero ha finito col pagare.
© Copyright Corriere della sera, 25 giugno 2009
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