sabato 10 ottobre 2009
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Tra i Santi che il Papa canonizzerà domenica prossima, Giovanna Maria della Croce, fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri
Uno stile di vita umile: questo ha caratterizzato l’esistenza di Giovanna Maria della Croce, fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri, che sarà canonizzata domenica prossima da Benedetto XVI in Piazza San Pietro. Vissuta fra il XVIII e XIX secolo, si è dedicata sin da giovane ai bisognosi e agli ammalati e per loro ha dato vita ad una Congregazione radunando donne desiderose di consacrarsi a Dio per servire gli ultimi. Ma quali tratti caratterizzano Maria della Croce? Tiziana Campisi lo ha chiesto a padre Vito Tomás Gómez, Domenicano, postulatore della Causa di canonizzazione:
R. - Era veramente un’innamorata dei poveri. Ha vissuto la povertà nel suo Paese natio appartenente alla Bretagna francese. Maria della Croce ha dovuto fare un servizio domestico, impegnarsi nel lavoro per portare avanti anche i suoi fratelli, ha sofferto veramente in quel mondo della sua infanzia e anche della sua gioventù, in maniera particolare. Ma riceve un messaggio chiaro dal Signore: il servizio a Cristo nei poveri. Aiuta le parrocchie, insegna la dottrina cristiana, visita gli ammalati, gli anziani, i poveri e raduna persino delle persone per costituire la Congregazione delle Piccole Sorelle dei Poveri.
D. - Oggi, a quale riflessione invita la fondatrice delle Piccole Sorelle dei Poveri?
R. - Ci invita a seguire il cammino della povertà come cammino di servizio al Regno di Dio. Cristo e Maria sono stati al centro della sua spiritualità: presenza di Dio continua, anche continua preghiera, amore per il prossimo povero e bisognoso di aiuto spirituale e materiale, amore per gli anziani abbandonati, amore per la Chiesa, umiltà profonda, vita nascosta con Cristo in Dio, umiltà. La nuova Santa è un esempio eroico di umiltà. E’ stata allontanata dalla carica di superiora generale ricevuta, ha accettato con gioia anche quella decisione arbitraria, ha fatto un servizio straordinariamente generoso ed efficace per la nuova Congregazione, specialmente cercando di avvicinare le novizie al vero spirito di povertà, nel servizio alle persone che hanno bisogno.
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Domenica prossima la canonizzazione di fratel Rafael Arnáiz Barón, oblato cistercense
Benedetto XVI presiederà domenica prossima a Roma, in Piazza San Pietro, alle 10.00, la Messa di canonizzazione di 5 Beati. Tra loro figura fratel Rafael Arnáiz Barón, oblato dell’Ordine cistercense vissuto nel secolo scorso. Giovane esuberante, pieno di vita, intelligente e brillante negli studi, avviato ad una promettente carriera, spinto da un forte desiderio di interiorità, ha scelto la vita monastica lottando fino alla morte contro il diabete. Tiziana Campisi ha chiesto a suor Augusta Tescari, trappista e postulatrice della Causa di canonizzazione, di tracciare un profilo del religioso nato a Burgos, in Spagna:
R. – E’ il più giovane dei cinque canonizzati di domenica prossima. E’ morto a 27 anni ed ha vissuto interamente nel XX secolo: i suoi nipoti parteciperanno alla canonizzazione. Apparteneva ad una famiglia molto agiata; studente di architettura a Madrid, ha interrotto gli studi per entrare nella Trappa di San Isidro de Dueñas, ma dopo quattro mesi di noviziato si è ammalato di una forma molto molto grave di diabete mellito, per cui è dovuto rientrare in famiglia. E’ ritornato quattro volte nel monastero, uscendone sempre per il riacutizzarsi della sua malattia. L’ultima volta che è rientrato ha avuto una crisi molto forte ed è morto di coma diabetico, il 26 aprile 1938.
D. – Cosa ha portato alla canonizzazione di fratel Rafael?
R. – Si è scoperto Rafael per i suoi scritti, nel senso che lui aveva la penna molto facile ed ha lasciato molte lettere e diari spirituali. Quando è morto, tutti hanno riconosciuto che era stato un ottimo monaco, anche se è entrato come “oblato”, cioè come religioso senza voti perché nella sua situazione non poteva seguire esattamente la Regola: dunque in una posizione umiliante, all’ultimo posto … Ma, pur di seguire la sua vocazione monastica lui ha accettato, anzi, ha proposto questa condizione abbastanza umiliante. Nei suoi scritti è apparsa in pieno la spiritualità, che è molto semplice ma profondissima, un’esperienza di Dio estremamente profonda, esperienza della grandezza di Dio, della bontà di Dio, della sua misericordia, della sua signoria sulla storia … una grandissima devozione all’Eucaristia, alla Madonna …
D. – Come guardare oggi alla figura di fratel Rafael?
R. – Aveva tutto nella vita, perché la sua famiglia era agiata. Liberamente ha scelto e deciso la vocazione monastica e l’ha perseguita fino all’ultimo con una tenacia e con una decisione che oggi sembrano abbastanza incredibili, perché i nostri giovani non si decidono mai, né per il matrimonio né per la vita religiosa, e hanno paura di affrontare una decisione. Allora, io direi che la prima cosa che colpisce in Rafael è proprio questo: questa decisione che gli veniva da Dio di seguire Gesù fino all’ultimo, in qualsiasi condizione: ma di seguirlo. E poi, il suo amore straordinario per l’Eucaristia, l’adorazione eucaristica e la Madonna con cui parlava come si parla con una madre e con Gesù come si parla con un amico, dipendendo in tutto da loro.
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