sabato 10 ottobre 2009
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Un predicatore domenicano fra i nuovi santi che saranno proclamati domenica da Benedetto XVI
Si deve a lui la fondazione della Congregazione delle Suore Domenicane dell’Annunciazione della Beata Maria Vergine nel 1856. Francesco Coll y Guitart, spagnolo, tra i Beati che domenica il Papa canonizzerà a Roma in Piazza San Pietro, era un sacerdote domenicano. E’ vissuto nel periodo delle leggi antiecclesiastiche che lo hanno costretto a lasciare il convento, cosa che non gli ha impedito di rimanere fedele ai voti per tutta la vita predicando il Vangelo. Ma che cosa ha reso santo Francesco Coll? Lo spiega il postulatore della causa di canonizzazione, il domenicano padre Vito Tomás Gómez, al microfono di Tiziana Campisi:
R. – Io direi una fedeltà assoluta al Vangelo, una fedeltà assoluta alla vocazione domenicana ricevuta misteriosamente, perché lui era uno studente di filosofia al seminario di Vic, nella provincia di Barcellona, e una persona sconosciuta si è avvicinata e gli ha detto: “Tu Coll dovresti farti domenicano”. Mai aveva pensato ad una simile scelta, ma per tre anni non ha avuto altro nella sua mente. Così ha chiesto l’ingresso nel convento domenicano di Gerona; ma non ancora sacerdote, appena ordinato diacono, fu cacciato via dal convento. Non soltanto lui, tutti i religiosi della Spagna hanno sofferto le conseguenze delle leggi esclaustratorie. Francesco Coll ha vissuto questa vocazione domenicana senza convento e senza abito perché perfino l’abito religioso era proibito in Spagna.
D. – Quale messaggio vuole dare Francesco Coll ai giorni nostri?
R. – La fedeltà alla vocazione ricevuta dal Signore. Infatti, è il Signore che chiama. Lui ha sentito questa chiamata alla vita religiosa come predicatore nel servizio generoso alla Parola di Dio e ha corrisposto, ha dato il suo contributo all’evangelizzazione in circostanze veramente difficili, perché lungo la sua vita è stato un religioso con professione solenne fino alla morte. Ha osservato fedelissimamente le costituzioni professate. Dunque un messaggio di evangelizzazione, un messaggio di fedeltà che diventa veramente eroico, un impegno missionario nell’apertura al mondo intero. Aveva molto a cuore l’evangelizzazione sia dell’Europa, sia dell’America, sia dell’Africa, sia dell’Asia. Il mondo intero era il suo campo per propagare, per predicare il Vangelo.
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Il Beato Sigismondo Felice Felinski sarà canonizzato domenica dal Papa
È stato vescovo titolare di Tarso e arcivescovo di Varsavia dove ha voluto avviare una decisa azione di rinascita spirituale e morale incrementando la preparazione del clero, la catechesi al popolo, l’assistenza per i poveri e i bambini. Sigismondo Felice Felinski, che sarà canonizzato domenica dal Papa in Piazza San Pietro, insieme ad altri quattro Beati, è nato nell’attuale Ucraina, ha studiato a Mosca e nel 1857 a Pietroburgo ha fondato la Congregazione delle Suore della Famiglia di Maria. Per la sua fedeltà a Roma e i suoi contatti con la Sede Apostolica senza la mediazione del governo zarista, il 14 giugno 1863 è stato deportato e condannato all’esilio ma ha continuato ad assistere spiritualmente i cattolici e gli esiliati in Siberia. Al microfono di Tiziana Campisi, suor Teresa Antonietta Frącek, francescana della Famiglia di Maria e postulatrice della causa di canonizzazione, descrive i tratti di mons. Felinski:
R. – Lo chiamavano “apostolo della concordia nazionale e della fratellanza evangelica”. E’ da annoverare tra i grandi riformatori religiosi che si dedicavano al risveglio del cattolicesimo nell’impero russo. Rappresenta un modello di vita, di carità di Dio e di amore per la patria. Al contempo è simbolo di unità, di fratellanza delle nazioni sulla base del Vangelo. A Pietroburgo era padre spirituale degli alunni dell’Accademia ecclesiastica romano-cattolica e docente nella stessa, ma guardava anche la gente, i poveri, gli orfani. E per loro ha fondato un ricovero e al contempo una comunità religiosa che ha chiamato “Famiglia di Maria”. Desiderava che le suore, dedicandosi a Dio, al servizio della Chiesa, formassero una nuova famiglia per gli orfani e per i poveri che non hanno una propria casa e una propria famiglia.
D. – Quale esempio ci lascia Sigismondo Felice Felinski?
R. – Era un uomo di grande semplicità e umiltà, era di povertà francescana. Cristo era per lui Via, Verità, Vita. Noi possiamo attingere anche per i nostri tempi alla sua spiritualità. In lui è da sottolineare questo servire Dio e gli uomini con grande semplicità, e attraverso lo stile di vita del Beato Sigismondo è possibile rileggere il Vangelo. Era un grande veneratore della Madonna e si appoggiava molto alla Divina Provvidenza. Non si è mai scoraggiato, ha sempre avuto una fiducia incondizionata nella Provvidenza divina. Oggi ognuno può rileggere di nuovo il Vangelo tenendo presente il modo in cui è vissuto Sigismondo e portare nella propria vita e nel proprio lavoro la serenità e la semplicità che lo hanno contraddistinto.
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