giovedì 1 ottobre 2009
Lo sviluppo tra Malthus e Benedetto XVI (Zenit)
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Lo sviluppo tra Malthus e Benedetto XVI
di Emanuel Bernardi
PAVIA, martedì, 29 settembre 2009 (ZENIT.org).
Pavia e la sua Università offrono bellezze dal sapore antico e suggestivo, in grado di incantare il visitatore. Una di queste è certamente l'Aula Alessandro Volta dell'Ateneo, dove dal 1778 insegnò l'esimio scienziato, inventore della pila elettrica, che le ha dato il nome.
Sabato 12 settembre, la bellissima Aula è stata la cornice dell'incontro "C'era una volta lo sviluppo? Qualche riflessione tra Malthus e Benedetto XVI", promosso dal movimento universitario di ispirazione cattolica "Ateneo Studenti" e patrocinato dal Comune.
Intento dell'incontro, vagliare criticamente la concezione di sviluppo economico come inteso finora, approfondendo anche la recente Enciclica "Caritas in Veritate".
Il relatore Antonio Gaspari, direttore del Master in Scienze Ambientali dell'Università Europea di Roma, ha ricordato la figura di Alessandro Volta, noto come illuminista, in realtà uomo di profonda devozione. Una figura che dimostra come scienza e fede possano dialogare. Se scopo di entrambe è elevare l'uomo, non può esserci contraddizione.
La contraddizione è esplosa negli ultimi decenni, quando di fronte allo sviluppo economico si sono sviluppate scuole (apparentemente) opposte.
La prima scuola, che si può chiamare del lasseiz faire, o più precisamente di carattere utilitarista, ha sostenuto che in funzione del mercato tutti gli interessi utili a singoli o gruppi sono legittimi. E se l'interesse di pochi va in contraddizione o a danno di altri, si richiede all'uomo di adeguarsi, di sopportare l'apparente costo in funzione del benessere collettivo.
La seconda scuola, quella degli autoproclamati no global, ha visto nel progresso un totem da abbattere, un male in sé che mette a rischio l'identità dei popoli.
In realtà, il limite della due ideologie sta nel fatto che hanno una matrice materialista, intendono cioè il benessere solo nell'aspetto materiale, escludendo o combattendo quello civile e spirituale. Entrambe hanno una visione riduzionista dell'umanità intesa come mera espressione dell'evoluzione animale.
Per questo motivo, entrambe hanno caratteri profondamente anti-umani: sono pronte cioè a sacrificare la persona sull'altare del progresso di pochi o su quello dell'avversione ad esso.
Ne è una prova la diffusione di progetti neo-malthusiani, sostenuti da organizzazioni internazionali che affermano che le risorse crescono meno velocemente della popolazione, la quale va tenuta sotto controllo tramite politiche di contraccezione e aborto di massa.
Tuttavia, ha notato Gaspari, l'idea di risorsa non è stabile nel tempo: se ne scoprono sempre di nuove e si inventano nuovi metodi per sfruttare meglio quelle già conosciute (si pensi al caso del petrolio). La verità è che laddove ci sono state le possibilità tecniche, la crescita demografica non è mai stata un problema, anzi ha accresciuto opportunità e progresso.
Di fronte a tutto questo, l'Enciclica di Papa Benedetto XVI ribadisce la concezione dell'uomo come essere dedito al lavoro: il comando di Dio "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate" (Gn 1,29) configura una vera e propria vocazione. L'uomo realizza se stesso in armonico equilibrio col creato facendo buon uso della natura e delle sue risorse.
Il Santo Padre riprende e sviluppa così l'idea di ecologia umana, fondata su tre elementi inscindibili: la difesa della persona, il sostegno della famiglia, la libertà d'educazione.
Cosa c'entra ciò con lo sviluppo economico?
La persona è ciò che gli studiosi chiamano il capitale umano, la conditio sine qua non dello sviluppo.
La famiglia è ciò che crea il capitale umano: essa è la più grande sfida all'egoismo, il luogo dove si sviluppa la gratuità (nei rapporti uomo-donna, genitori-figli, nonni-nipoti). Per questo l'enciclica parla di famiglia di famiglie a proposito della comunità internazionale: senza relazione e gratuità non può esserci vero sviluppo.
"La libertà d'educazione è fondamentale perché lo sviluppo non nasce dalle cose, ma dalle persone - ha concluso Gaspari -. E' solo educandoci alla gratuità e al desiderio che possiamo essere protagonisti del nostro progresso".
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