sabato 4 aprile 2009

Giornata mondiale della gioventù: il Papa invita i giovani a porre la speranza in Dio (Radio Vaticana)


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Giornata mondiale della gioventù: il Papa invita i giovani a porre la speranza in Dio

Tra il ricordo di Sydney e l’attesa di Madrid del 2011, centinaia di migliaia di ragazze e ragazzi in tutto il mondo si apprestano a vivere la 24.ma Giornata mondiale della gioventù a livello diocesano, che cade come da tradizione la Domenica delle Palme. Per l’appuntamento di domani, Benedetto XVI ha proposto nel suo Messaggio scritto per l’occasione, e già reso noto, un tema di riflessione che si rifà a una frase di San Paolo “Abbiamo posto la nostra speranza nel Dio vivente”. Una speranza, scrive il Papa, che può davvero condizionare in positivo la vita di un giovane se radicata nel Vangelo, piuttosto che sulle fragili opzioni che il mondo di oggi offre come surrogato alla fiducia in Dio. Il servizio di Alessandro De Carolis:

“Diventare testimoni credibili della speranza cristiana” in un mondo che ha in gran parte smarrito la “grande speranza” in Dio e vive di piccole speranze che spesso si dissolvono in solitudini e sfiducia. E’ la consegna che Benedetto XVI ha affidato ai giovani che domani vivranno la 24.ma Giornata mondiale della gioventù. Nel suo Messaggio, il Papa descrive la giovinezza come “il tempo delle speranze”, perché intrisa di “ideali, sogni, progetti”. Ogni ragazzo misura il futuro su queste aspettative e le sue domande si fanno stringenti, osserva Benedetto XVI, allorché la vita è lastricata di ostacoli: difficoltà negli studi, crisi in famiglia, mancanza di soldi, l’insorgere di una malattia. In queste circostanze il cuore ha bisogno di una “grande speranza” che, afferma il Papa, “può essere solo Dio”. E tuttavia il giovane che si guarda attorno non è aiutato a sperare in Dio. Le società, nota il Pontefice, presentano “risvolti di solitudine e violenza” e dunque la “crisi di speranza colpisce più facilmente i giovani in contesti socioeconomici privi di certezze, di valori”.

E qui, specie ai giovani cristiani, Benedetto XVI indica la concretezza di San Paolo. Per lui, scrive, la speranza “non è solo un ideale o un sentimento, ma una persona viva: Gesù”. E come si incontra Gesù, oggi? Il Papa è chiaro: anzitutto, nella “preghiera perseverante”. Quindi, nei Sacramenti, nella lettura della Parola. E poi, aggiunge, ci sono movimenti e gruppi che offrono vari modi “per familiarizzare con Lui”. Animati da una fede così irrobustita, conclude Benedetto XVI, “diffondete questa speranza intorno a voi, fate scelte che manifestino la vostra fede”. E davanti alle chimere di carriera o successo vissuti solo per sé preferite, soggiunge, “l’amore per il prossimo”, sapendo che “il cristiano autentico non è mai triste”, perché “la presenza di Gesù è il segreto della sua gioia e della sua pace”.

Su questa dinamica tra crisi dei valori e ricerca di una speranza che non delude, al centro del messaggio di Benedetto XVI si sofferma Silvia Sanchini, giovane presidente nazionale della Fuci, la Federazione universitaria cattolica italiana, intervistata da Fabio Colagrande:

R. - La parola “crisi” è una parola che in questi tempi ritorna con insistenza fortissima: si parla di crisi etica, di crisi educativa e ultimamente anche di crisi finanziaria ed economica. E’ un po’ un paradigma che sembra incombere sulle nostre vite e, in un modo o nell’altro, i giovani ne risentono in maniera particolare, perché quando si parla di crisi necessariamente si mette in discussione la nozione di futuro. E il futuro, proprio per sua natura, appartiene prima di tutto ai giovani. Quindi sicuramente i giovani, nel sentire parlare di crisi e nello sperimentare la crisi nella loro vita, vivono questo momento storico con una particolare paura e sfiducia. Sicuramente, alla nostra generazione è richiesto un supplemento di speranza, di amore proprio per affrontare questa crisi in maniera più consapevole e coraggiosa.

D. - Ci sono giovani feriti dalla vita, condizionati da immaturità, conseguenza di un vuoto familiare - come scrive il Papa - di scelte educative permissive? Chi sono questi “cattivi maestri” di cui parla il Papa nel Messaggio, secondo te?

R. - Una cosa che mi pare di riscontrare in molti ambiti educativi - quindi la famiglia, la scuola e l’università - è la mancanza di adulti che svolgano un ruolo educativo: adulti che hanno un po’ abdicato a questo ruolo di maestri, di testimoni, di accompagnatori dei giovani, lasciandoli in una profonda solitudine, che spesso ha anche le conseguenze disastrose che il Papa descrive nel suo messaggio.

D. - La tua generazione spesso sente la mancanza di maestri. Secondo la tua esperienza, cos’è che fa presa sui giovani?

R. - In primo luogo, una testimonianza di vita coerente: non ha senso predicare certi valori, annunciarli ad alta voce, se poi non si è capaci di tramutarli in una testimonianza di vita coerente. I giovani sono alla ricerca di persone che sappiano, con la loro vita, testimoniare che una esistenza di fede è possibile anche nel tempo attuale. E poi, mettersi in ascolto dei giovani: questa è una dimensione che manca oggi. Tutti parlano dei giovani, tutti danno ricette, categorie, definizioni del mondo giovanile, ma pochi li ascoltano veramente. (Montaggio a cura di Maria Brigini)

I giovani, dunque, chiedono ascolto e su questa esigenza - e sulla proposta di un itinerario di formazione alla fede - che si muove il Servizio di Pastorale giovanile del Vicariato di Roma. Lo conferma il direttore del Servizio, don Maurizio Secondo Mirilli, al microfono di Fabio Colagrande:

R. - L’impegno che il Papa lascia ai giovani attraverso questo Messaggio è quello di essere protagonisti, soggetti attivi, costruttori di comunità impregnate di amore, perché è quella poi la prima forma di evangelizzazione. Costruendo comunità che si vogliono bene, così come il Signore ci ha insegnato - comunità che si amano con lo stesso amore che il Signore ci ha donato - allora queste comunità diventano attraenti ed è la prima forma di evangelizzazione e di annuncio. I giovani non devono essere più soggetti passivi, ma devono sentirsi pienamente responsabili, inseriti in questa costruzione di una Chiesa che è impregnata di amore. I giovani hanno bisogno di speranza, ma anche noi abbiamo bisogno di giovani che diano speranza alla Chiesa.

D. - Don Maurizio, il Papa scrive che il cristiano autentico non è mai triste…

R. - E’ vero, ci sono troppe facce tristi in giro. Certo, bisogna essere realisti, la situazione è quella che è: c’è la crisi, ci sono le difficoltà, c’è lo smarrimento. Però, il cristiano sa navigare in mezzo alle difficoltà della vita e proprio a partire da Cristo, dal suo esempio, è capace di passare per la croce e mostrare la gioia della Risurrezione. Se noi non mostriamo questo non siamo credibili e coloro che sono lontani dalla Chiesa continueranno ad essere lontani perché ci diranno: ma perché mi devo avvicinare a un qualcosa che non mi cambia la vita e che non mi porta gioia e felicità in questa vita che è già tanto brutta? Gesù propone una vita di gioia non una vita di tristezza.

(Montaggio a cura di Maria Brigini)

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