lunedì 17 agosto 2009

Anno Sacerdotale: quando il sacerdote esercita il suo ministero in realtà degradate, l’esperienza di padre Garau a Palermo (Radio Vaticana)


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Anno Sacerdotale: quando il sacerdote esercita il suo ministero in realtà degradate, l’esperienza di padre Garau a Palermo

Talvolta i sacerdoti si trovano ad esercitare il loro ministero in realtà difficili, minacciati dalla malavita e soggetti a regimi di protezione. E’ quello che è accaduto a padre Antonio Garau, oggi parroco della chiesa di Maria Santissima del Carmelo ai Decollati a Palermo, che impegnatosi in quartieri disagiati e degradati, ha vissuto alcuni anni sotto scorta. Il sacerdote palermitano ha raccontato la sua storia al microfono di Tiziana Campisi:

R. – La mia vocazione nasce da un’esperienza di vita dovuta alla morte di mio padre – avevo 8 anni – che mi ha fatto ritrovare a vivere in mezzo ai sacerdoti. Mi sono ritrovato in mezzo ai salesiani e come esperienza è stata molto forte, molto bella. La figura di San Giovanni Bosco mi ha molto toccato. E così, da quel giorno in poi, pian piano, ho maturato l’idea di andare avanti nel sacerdozio. Da seminarista ho fatto l’esperienza nel carcere dei minorenni dell’Ucciardone, e l’esperienza, il rapporto, il contatto con questi ragazzi ha dato una grande spinta alla mia scelta sacerdotale. Infatti, il mio essere sacerdote poi mi ha portato in quartieri “di prima linea” …

D. – Lungo questi anni, che cosa ha potuto assaporare della vita sacerdotale?

R. – Intanto, l’esperienza più bella è l’esperienza della misericordia di Dio, sia nel riceverla che nel darla. Una volta, ho confessato una bambina di prima comunione – appena nove anni! – che mi disse: “Devo chiedere perdono a Gesù perché ancora nella mia vita non riesco a metterlo al primo posto!”. Quando le ho dato l’assoluzione, mi sono messo a piangere. Ogni giorno mi sento sempre più piccolo nel vivere questo sacramento, per l’importanza che ha ma specialmente per la testimonianza cui sono chiamato giorno per giorno nel nome di Dio.

D. – Quali sono i “momenti bui” di padre Antonio Garau?

R. – I “momenti bui” sono tanti, sono stati tanti! Io ho vissuto dal ’93 al ’99 sotto la scorta della polizia perché dopo la morte di padre Puglisi, Palermo ha vissuto un momento drammatico; la speranza era proprio scomparsa. E lì è stato un momento molto difficile perché mi sono ritrovato solo ad affrontare la scorta, ad affrontare la mafia, ad affrontare questo andare peregrinando per tutta l’Italia a dare testimonianza di lotta alla mafia e di sensibilizzazione delle coscienze. Così, poi, momenti un po’ difficili quando ho dovuto cambiare parrocchia. Poi, dopo dieci anni, venire anche in questa nuova realtà dove mi ha mandato il cardinale De Giorgi. Prima non avevo le strutture, e avevo le persone; qui, invece, avevo le strutture e non avevo le persone. Avevo il campo di calcetto, camminavo, passeggiavo, pregavo e dicevo: “Signore, ma insomma, perché sono venuto qua? Ho tutto ma non ho le persone! Allora, a che serve?”. E la grazia di Dio mi ha sempre aiutato. Ma se oggi io sono ancora sacerdote è perché ho messo la mia vita nelle mani del mio confessore, che mi ha sempre aiutato, che mi ha sempre accompagnato, che mi ha sempre guidato alla luce della Parola di Dio, alla luce del discernimento sulla mia vita e mi ha sempre incoraggiato ad andare avanti e mi ha sempre dato degli ottimi consigli.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

bella testimonianza.
E' un invito alla preghiera per i sacerdoti in quest'anno dedicato a loro