martedì 13 ottobre 2009
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A colloquio con monsignor Volante sulla visita del Papa alla Fao il 16 novembre prossimo
La preoccupazione di Benedetto XVI per il dramma della fame nel mondo
di Mario Ponzi
Benedetto XVI inaugurerà il prossimo 16 novembre il vertice mondiale sulla sicurezza alimentare in programma a Roma, nella sede della fao. Sarà la prima visita di Benedetto XVI all'organizzazione dell'onu per l'alimentazione e l'agricoltura, la quarta in assoluto compiuta da un Pontefice. Monsignor Renato Volante, Osservatore permanente della Santa Sede presso le organizzazioni e gli organismi delle Nazioni unite per l'alimentazione e l'agricoltura, nell'intervista rilasciata al nostro giornale, ha inserito la prossima visita di Benedetto XVI nell'ottica della grande attenzione che i Pontefici hanno sempre avuto per quanti soffrono nel mondo a causa della fame.
Lunedì pomeriggio l'intervento del direttore generale della fao al Sinodo dei vescovi per l'Africa e martedì mattina l'annuncio della presenza del Papa al prossimo vertice mondiale sulla sicurezza alimentare. Quale significato dare a questa decisione di Benedetto XVI?
L'unico possibile: la grande attenzione e la grande preoccupazione della Chiesa davanti al dramma della fame nel mondo, connesso con i problemi della malnutrizione e della sicurezza alimentare. Con la sua presenza all'inaugurazione del vertice, Benedetto XVI si pone sulla scia dei suoi predecessori. La fao come è noto, è stata fondata nel 1945 e la sede è stata trasferita a Roma nel 1951. La prima visita di un Papa all'organismo fu compiuta da Paolo vi nel 1970. L'occasione fu il venticinquesimo anniversario di attività. Giovanni Paolo ii visitò la fao nel 1979, in occasione della ventesima conferenza dell'organismo, e poi nel 1992 e, ancora, nel 1996 per altrettanti vertici mondiali sulla sicurezza alimentare. Ciò, ripeto, sta a dimostrare con quanta attenzione e con quanta preoccupazione i Pontefici hanno sempre seguito la questione della fame nel mondo.
Nella Caritas in veritate il Papa ha scritto che "eliminare la fame nel mondo è divenuta, nell'era della globalizzazione, anche un traguardo da perseguire per salvaguardare la pace e la stabilità del pianeta". Questo messaggio, ma più in generale l'intera enciclica, sono stati recepiti?
Sono sicuro di sì. Ho potuto personalmente sperimentare che ogni documento, ogni atto di Benedetto XVI è accolto con grandissima gratitudine e seguito con grande attenzione. Nell'ambito della mia missione ho potuto constatare con quale ansia si attende un intervento del Papa su un argomento di rilevanza mondiale. L'enciclica è stata letta in tutti gli ambienti fao, e con particolare attenzione, soprattutto per i paragrafi nei quali si parla della fame nel mondo. Jacques Diouf, rivolgendosi ai padri sinodali, ha citato più volte l'enciclica nei suoi punti focali.
Rispondendo a una domanda di un padre sinodale, proprio l'attuale direttore generale della Fao ha smentito la diretta dipendenza dell'aumento della fame nel mondo con l'aumento della popolazione.
Si tratta certamente di un falso problema. Già Giovanni Paolo ii nel 1996 lo disse chiaramente: "Sarebbe illusorio credere che una stabilizzazione arbitraria della popolazione mondiale possa direttamente risolvere il problema della fame". Ieri il signor Diouf, in modo chiaro e sintetico, ha ripetuto il medesimo concetto: non è il numero della popolazione che crea la fame nel mondo; è la mancanza di infrastrutture, la mancanza di acqua, le differenze tra un mondo opulento, che spreca cibo, e un mondo povero, che non ha cibo; è lo scandalo della distruzione di derrate alimentari in esubero nei paesi ricchi che non possono essere donate ai paesi affamati per motivi giuridici. Questi sono gli elementi che creano la fame nel mondo e non la popolazione. E a questi elementi devono purtroppo aggiungersi la mancanza di solidarietà e l'egoismo di molti di noi.
Diouf ha fatto anche cenno all'importanza della convergenza degli insegnamenti della Chiesa cattolica e dell'Islam sulla responsabilità del mondo evoluto nei confronti dei più poveri, dell'Africa in particolare.
È chiaro il ruolo che devono svolgere le religioni nel richiamare la necessità della solidarietà. Si tratta certamente di una responsabilità che tutte le religioni condividono. Soprattutto nel richiamare l'etica nella distribuzione della ricchezza del mondo fra tutti gli uomini. Non c'è etica senza giustizia. Il Papa fa un passo in più quando dice che non c'è etica senza amore, senza donazione di sé. Quando si riuscirà a entrare in questa dimensione di amore universale, si farà un grande passo in avanti nella lotta contro la fame nel mondo. E questo è il grande contributo che possono dare le religioni.
Il Sinodo sull'Africa risponde secondo lei a questa esigenza di amore?
Per quanto posso testimoniare dopo aver partecipato al dibattito di ieri, io credo che questo Sinodo per l'Africa corrisponda in maniera splendida a tale esigenza.
(©L'Osservatore Romano - 14 ottobre 2009)
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