martedì 13 ottobre 2009

Migliorare la sanità in Africa per sviluppare il continente: ne hanno parlato i Padri sinodali riuniti in Vaticano (Radio Vaticana)


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Migliorare la sanità in Africa per sviluppare il continente: ne hanno parlato i Padri sinodali riuniti in Vaticano. Intervista col cardinale Turkson

I problemi sanitari dell’Africa sono stati al centro, stamani, della 13.ma Congregazione generale del secondo Sinodo dei Vescovi per l’Africa, in corso in Vaticano sui temi della riconciliazione, la giustizia e la pace. In particolare, i presuli si sono soffermati sulla piaga dell’Aids e sul commercio di medicinali illegali che attanaglia in continente. Ribadita, al contempo, la necessità di rispettare il valore della vita, messo a dura prova dalle politiche sulla salute riproduttiva. Il servizio di Isabella Piro:

La vita è sacra, dal concepimento fino alla morte naturale e la Chiesa ha il compito di intervenire in sua difesa. Parlano chiaramente i Padri sinodali di fronte ad un’Africa attanagliata da Aids, malaria, tubercolosi. Chiedono un accesso equo e globale alle cure mediche, ricordano l’importanza di formare gli operatori pastorali sulle questioni bioetiche, plaudono all’impegno interreligioso ed ecumenico per fronteggiare le pandemie.

Ma sono amare le pagine dell’Africa sulla sanità: vi si legge il dramma dell’aborto, della prostituzione, della promiscuità sessuale diffusa dal relativismo. E poi la piaga della vendita di medicinali non approvati nei Paesi di produzione, ma diffusi in Africa. Le proprietà curative di tali farmaci spesso non sono stati provate, ma vengono venduti al continente africano in via sperimentale. I dosaggi, però, sono pericolosi e spesso se ne ignorano le conseguenze.

Un’altra denuncia che arriva dal Sinodo riguarda i bambini-soldato, soprattutto in Uganda: 20 mila o 30 mila, nessuno sa con certezza quanti siano i minori costretti alla guerra, che diventano schiavi delle armi e dello sfruttamento sessuale, soffrono la fame, non ricevono istruzione né cure mediche. La loro difesa, allora, passa attraverso un’etica consistente che la Chiesa deve promulgare guardano alla Bibbia.

Altro scenario tragico quello del Ciad, dove la riconciliazione sembra possibile solo a colpi di denaro e diventa un mercanteggiare. In questo contesto, forse un concordato tra il Paese e la Santa Sede, suggerisce il Sinodo, potrebbe aiutare a rafforzare l’autorità della Chiesa locale che si adopera per la pace.

Dal fronte giovani, invece, arrivano notizie incoraggianti: la pratica delle Giornate nazionali della Gioventù sembra diffusa, in Africa, e i ragazzi diventano testimoni di una riconciliazione che oltrepassa i confini geografici, le razze le culture.

Quindi, i Padri Sinodali si soffermano sul dialogo con l’Islam e sottolineano che esso può essere conseguito attraverso la carità: anche i musulmani, infatti, credono al Dio della carità. E nell’ambito di questa missione di concretizzazione della carità divina, diventa indispensabile operare perché la libertà religiosa sia diffusa in tutto il mondo musulmano.

E ancora: il Sinodo si sofferma sullo sfruttamento minerario delle risorse naturali dell’Africa da parte delle multinazionali straniere. La Chiesa, dice, non può rimanere in silenzio di fronte a questo fatto che fomenta i conflitti interetnici e la vendita delle armi. Poi, un appello per i lavoratori cinesi che operano in tutta l’Africa, per i quali il Sinodo chiede una pastorale migrante per favorire la loro evangelizzazione.

Infine, l’appello dei presuli è all’autofinanziamento delle Chiese particolari in Africa, così da interrompere la dipendenza dall’Occidente.

Ieri pomeriggio, invece, l’Aula Sinodale ha visto l’intervento di Jacques Diouf. Il direttore generale della Fao si è rivolto a Benedetto XVI e ai Padri Sinodali in veste di Invitato Speciale.

"La sécurité alimentaire est indispensable à la réduction de la pauvreté…"

La sicurezza alimentare è indispensabile, ha detto, alla riduzione della povertà, all’educazione dei bambini, alla salute della popolazione, ma anche ad una crescita economica duratura. Essa, ha aggiunto, condiziona la stabilità e la sicurezza del mondo.

Diouf ha poi ricordato le tante risorse naturali dell’Africa, ribadendo che esse vanno messe al servizio dell’emancipazione economica della popolazione. Poi, i dati drammatici: a causa della crisi economica mondiale, l’insicurezza alimentare è cresciuta ed oggi in Africa il 24% della gente è malnutrita, con un aumento del 12% rispetto allo scorso anno.

Quale soluzione cercare, dunque? Diouf ne ha indicate alcune, come migliorare le infrastrutture, incoraggiare il commercio interregionale, guardare ad un codice internazionale di buona condotta sugli investimenti stranieri diretti all’agricoltura.

"Un monde libéré de la faim est possible…"

Un mondo libero dalla fame è possibile, ha detto ancora Diouf, citando gli esempi del Cameroun, dell’Etiopia, del Ghana che hanno ridotto questa piaga.

E ancora, il direttore generale della Fao si è detto soddisfatto dei risultati dell’ultimo G8, che ha visto lo stanziamento di 21 miliardi di dollari in tre anni per la sicurezza alimentare.

"Je veux aussi rendre hommage à l’action de l’Église sur le terrain à côté des plus pauvres…"

Infine, Diouf, di religione islamica, ha reso omaggio alla Chiesa, ai missionari, ai religiosi per il loro impegno attivo a fianco dei più poveri ed ha sottolineato la sintonia tra la Chiesa cattolica e l’Islam sul diritto all’alimentazione.

Nel pomeriggio, i lavori del Sinodo proseguiranno con la “Relazione dopo la discussione” del relatore generale, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente dell’Associazione delle Conferenze episcopali dell’Africa Occidentale. Al microfono di Paolo Ondarza, il porporato parla dell’impegno assunto dalle chiese africane, dopo il sinodo del 1994, in favore della formazione dei laici:

R. - Il Sinodo per l'Africa ci ha invitato a considerare la Chiesa come famiglia di Dio. Questa è stata una delle grandi cose che il Sinodo ha lasciato alla Chiesa: pensare alla Chiesa come ad una famiglia che è esistita nel passato, con gli antenati, ed esiste nel presente e nel futuro, con i bambini che devono nascere. Ma ciò che è cambiato, nel frattempo, è stato il fatto che parecchi Paesi e Chiese locali per fare questo lavoro, questo compito di inculturazione, hanno dovuto cominciare a formare esperti. Non si può parlare di inculturazione senza esperti, geologi, glottologi, esperti del genere per fare questo lavoro. Parecchi hanno anche stabilito centri di studio in modo da dare ai laici e ai religiosi la possibilità di approfondire la loro stessa conoscenza della Chiesa e li hanno convinti a considerarsi responsabili per la Chiesa. In inglese c’è un’espressione molto bella - “they need to own the Church” - dove si parla di gente che deve considerare la Chiesa come propria, non solo dei preti e dei vescovi: loro non fanno la Chiesa, la Chiesa siamo noi.

D. - Questa è la premessa per essere sale e luce in Africa?

R. - Certo, considerando il ruolo che dobbiamo svolgere come un tipo di testimonianza, si finisce per adottare la presentazione di Giovanni Paolo II, che parlando ai laici dell’Africa dice che devono cercare di fare qualche differenza nell’ambiente in cui si trovano. Quelle due metafore sono molto potenti: il “sale” introduce la differenza e nel processo si perde; la “luce” illumina e poi nel processo pure si perde. Diventano come immagini di passione, come la passione di Gesù. Se gli africani amano la loro società e vogliono creare la Chiesa come famiglia di Dio, dimenticando tutti gli abusi del potere, abusi che hanno sofferto a causa dei politici, dei militari… Si deve dimenticare, si deve perdonare. Questa esperienza è un’esperienza di sale e luce. Si deve rinunciare a qualcosa per stabilire la comunione e i buoni rapporti fra la gente. Questo invito è suggerito a noi da queste due immagini.

D. - Al Sinodo si è anche molto parlato delle economie africane e dei principali problemi, delle lacune che presentano…

R. - Quasi tutti i Paesi africani sono deboli nel settore secondario, quindi non nella produzione delle cose primarie, ma in quella secondaria che è l’industria. E’ lì che tutti i Paesi in Africa sono deboli. Quando non c’è l’industria, vuol dire che mancano i posti di lavoro e non cresce l'economia. Questo è il problema che dobbiamo affrontare in questi giorni.

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