domenica 25 ottobre 2009

Sinodo per l'Africa, Mons. Franzelli (Uganda): «Il colonialismo insidia le risorse e la cultura» (Mastrofini)


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«Il colonialismo insidia le risorse e la cultura»

DA ROMA

FABRIZIO MASTROFINI

Promuovere la riconcilia­zione e la solidarietà ed af­frontare quei « meccani­smi » della società che impedi­scono un autentico sviluppo del Continente. È il punto di vista di monsignor Giuseppe Franzelli, vescovo di Lira, in Uganda, una diocesi gemellata con Firenze e che sta uscendo da 23 anni di guerra civile. Franzelli oltre che ai lavori del Sinodo ha partecipato in queste settimane a diversi ap­puntamenti ed iniziative di ana­lisi e studio. « Per quanto riguar­da la Chiesa – ha notato – c’è u­na responsabilità delle nostre strutture quando quello che si può fare viene frenato da una ca­renza di solidarietà interna e di appoggio finanziario per realiz­zare i progetti in cantiere » . So­prattutto però occorre confron­tarsi con problemi che riguarda­no lo sfruttamento delle risorse africane da parte dell’Occidente. « Il mondo occidentale – spiega Franzelli – vuole utilizzare per sé le risorse africane e trova appog­gi nei diversi Paesi a causa di in­teressi personali di gruppi o tribù. In questo modo gli inte­ressi economici provenienti dal­l’esterno hanno facile sponda con i gruppi al potere ed il risul­tato è una esplosione della po­vertà » . Sul piano della vita quotidiana la mentalità consumista provoca un vero e proprio sconvolgimen­to nella scala dei valori. « Tesori tradizionali come il senso della vita o l’idea della signoria di Dio sul mondo vengono attaccati e messi in pericolo dall’avanzare di un modello materialista, im­portato, che mette in pericolo le radici spirituali del continente » . Basti pensare, ad esempio sul te­ma della famiglia, « alla vera e propria invasione di profilattici cui assistiamo, oppure alle stru­mentalizzazioni che hanno avu­to le parole del Papa quest’anno nel corso del suo viaggio in Ca­merun, episodi dietro i quali si nascondono gli interessi delle in­dustrie farmaceutiche » .
Sul piano sociale, l’esperienza della guerra, dell’emergenza u­manitaria, della riconciliazione, attraversata dalla diocesi di Lira, è comune a molte altre situazio­ni africane. Il presule d’origine i­taliana ha spiegato che al suo ar­rivo in diocesi, quattro anni fa, circa un terzo della popolazione viveva nei campi, senza poter u­scire o coltivare la terra, in una situazione di sovraffollamento e di totale promiscuità. «Credo che oltre alla guerra sia stata proprio questa esperienza a segnare in maniera indelebile quella popo­lazione ugandese, perché l’ha co­stretta a restare inerme, in balia degli aiuti del resto del mondo, incapace di decidere il proprio futuro. È stata intaccata la fibra morale del popolo e non ci si de­ve quindi meravigliare se le nuo­ve generazioni si sono abituate ad aspettare l’aiuto e spesso a pretenderlo » .
E ha concluso: « Ora in Uganda si sta un po’ meglio, ma i meccani­smi di riconciliazione, giustizia e pace vanno promossi con pa­zienza, con rituali che mettano insieme ribelli, politici locali e tradizionali, istituzioni religiose locali. La giustizia in Africa deve restaurare i rapporti e le menti e non solo restituire denaro o ter­re. È stato questo uno dei temi promossi dal Sinodo » .

© Copyright Avvenire, 24 ottobre 2009

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