mercoledì 13 maggio 2009

Il Papa in Terra Santa: Il volto e i gesti. Dalle immagini ai pensieri (Deriu)


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PAPA IN TERRA SANTA - Il volto e i gesti

Dalle immagini ai pensieri

Marco Deriu
docente di etica della comunicazione
Università Cattolica di Milano

Il Papa che dal Monte Nebo guarda la Terra Promessa, che pianta un Ulivo, che prega davanti al Muro del pianto, che cammina nella Spianata delle moschee, che tiene il discorso al mausoleo di Yad Vashem, che ricorda i sei milioni di ebrei uccisi nell’Olocausto nazista, che alimenta la fiamma perpetua per gli uccisi nella Shoah, che ha sulle spalle la kefiah, che prega nella basilica del Santo Sepolcro...
Queste e moltissime altre sono le immagini del pellegrinaggio di Benedetto XVI in Terra Santa che resteranno a lungo impresse nella nostra memoria e che più di molti resoconti richiamano il senso di questa visita: preghiera, contemplazione, intercessione, incontro. È affascinante l’idea di un dialogo favorito proprio dalla portata di azioni e gesti altamente simbolici.
Anche Gesù Cristo parlava per immagini e nella società mediatica è ancor più vero che un’immagine lascia il segno ben al di là di mille parole.
Non che i messaggi verbali siano stati di poco conto, anzi. Ma stavolta più di altre il Pontefice è riuscito ad accompagnare e sintetizzare il senso delle sue parole con gesti semplici ed essenziali ma di grande impatto. Fra i media, finora la parte del leone è stata ad appannaggio – naturalmente – della regina delle immagini: la televisione. Le principali edizioni dei telegiornali hanno seguito da vicino, con i loro occhi elettronici, i movimenti del Santo Padre. Come di consueto, hanno però ecceduto nella sintesi dei contenuti. D’altra parte, lo spazio di un notiziario televisivo è limitato e lo spettacolo televisivo ha bisogno di rilanciare continuamente nuovi argomenti dell’attualità quotidiana.
Analisi, opinioni e commenti più distesi hanno invece occupato le pagine dei quotidiani nazionali, che hanno generalmente riportato l’evento in prima pagina, spesso in apertura. Rispetto a precedenti viaggi o ai discorsi del Papa pronunciati in altre occasioni, stavolta i toni delle analisi sono stati generalmente più benevoli e meno pronti a rilanciare criticamente qualunque possibile appello verbale. Anche i giornali hanno fatto largo uso di fotografie, privilegiando lo spazio visivo rispetto a quello della lettura e sfruttando il potere evocativo di fotografie, immagini e infografiche capaci di sintetizzare visivamente il contenuto di molte notizie.
Tra i commentatori, chi ha riportato letture di segno negativo lo ha fatto citando la stampa israeliana e parte di quella araba. Le principali testate informative di Israele hanno espresso delusione per il discorso di Benedetto XVI a Yad Vashem, dopo aver ampiamente anticipato che nella intera visita di Benedetto XVI (“il Papa tedesco”) nella loro terra il momento saliente sarebbe stato il suo ingresso al Mausoleo della Shoah di Gerusalemme. È stato riferito anche come un “momento di imbarazzo”, il polemico discorso anti-israeliano tenuto da un religioso islamico al cospetto di un Papa “molto contrariato”, ma sono stati anche riportati due eventi commoventi: l’incontro del Pontefice con i genitori di un soldato israeliano da tre anni prigioniero di Hamas a Gaza (“Un momento di speranza”) e la sua stretta di mano con il ministro che da bambino fu cresciuto da una famiglia cristiana, nel Belgio occupato dai nazisti. La stampa araba ha insistito sull’esortazione di Benedetto XVI alla creazione di uno Stato indipendente palestinese, sulla condanna dell’antisemitismo, sull’appello per la riconciliazione fra palestinesi e israeliani.
Le testate italiane a diffusione nazionale hanno agito di rimessa su questi temi, trovando spunti di riflessione proprio a partire dall’atteggiamento espresso dai giornali in loco. In generale, i quotidiani nostrani hanno mantenuto un atteggiamento rispettoso e “benevolo” verso il viaggio papale e, probabilmente, verso i luoghi stessi della Terra Santa in cui il Pontefice si è recato a muovere i propri passi. È come se – con poche eccezioni – stavolta un sussulto di essenzialità e ascolto avesse animato la scelta di ricorrere a toni meno sensazionalistici e più referenziali per raccontare le tappe salienti della visita.
Se questo è il segnale di un’inversione di tendenza rispetto a recenti speculazioni mediatiche, sarà il tempo a dirlo. Per il momento, accontentiamoci di una copertura informativa tutto sommato adeguata da parte dei media generalisti e apprezziamo con un occhio di riguardo le cronache delle testate di ispirazione cattolica che stavolta più che mai hanno potuto “giocare in casa”.

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