mercoledì 12 agosto 2009
Obama e quel relativismo che fa bene ai Cattolici (Lorenzo Albacete)
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OBAMA/ Quel relativismo che fa bene ai cattolici
Lorenzo Albacete
mercoledì 12 agosto 2009
Questa settimana ho deciso di intervistare me stesso.
Alcuni hanno citato il suo ultimo editoriale per dimostrare la sua opposizione al progetto di riforma del sistema sanitario proposta dal Presidente Obama. È una interpretazione corretta della sua posizione?
No. Io non sostengo né contesto le proposte di Obama, sto solo aspettando che i politici finiscano le loro discussioni in modo da poter giudicare la proposta finale. Per quel che capisco, si tratterà di un documento che fonderà tra loro tre disegni di legge approvati dalla Camera e due del Senato.
Secondo lei ci deve essere una legge? Lei sostiene la necessità di una riforma sanitaria?
Certamente! Per quanto riguarda la salute, la mia stessa situazione assicurativa è terribilmente inadeguata, così sono anche motivato da un interesse personale (spero non egoistico!). Inoltre, come cattolico, credo che il diritto a un'adeguata assistenza sanitaria sia un diritto naturale della persona. Lo si può trovare nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa. Dovere dello Stato è riconoscerlo e fare il possibile per creare le condizioni perché questo diritto venga riconosciuto: lo Stato non concede questo diritto, lo riconosce e difende.
La maggioranza degli americani considera un diritto naturale il diritto ad una adeguata assistenza sanitaria?
Penso che la maggioranza degli americani lo pensi dentro di sé e per questo sono convinto che i più siano in favore di una qualche riforma del sistema attuale. Il problema, tuttavia, è che molti americani sono scettici, e a ragione, sul modo in cui lo Stato usa questa terminologia per imporre soluzioni ideologiche. Questa è la ragione per cui è importante comprendere correttamente la realtà della sussidiarietà così come la Chiesa la concepisce.
Ma la Dottrina Sociale della Chiesa non proviene dalla fede? Come si può convincere chi non condivide la fede cattolica?
Questo è in effetti il punto cruciale. Il fatto fondamentale è che la fede è una via per conoscere la Realtà, cioè la Realtà che incide sulla vita di tutti gli esseri umani, non solo di quelli che hanno fede. Non vi è nulla che noi possiamo fare per dare la fede a noi stessi o ad altri, ma noi possiamo testimoniare quella parte di Realtà che la fede ci permette di afferrare. Il punto è se ciò di cui diamo testimonianza può essere capito da chi non ha fede.
E può essere capito da chi non ha fede?
Credo che la risposta debba essere sì. La fede è riconoscere la presenza di Cristo e la Vita che lui ci offre. Il desiderio di questa Vita è impresso nella struttura stessa della nostra umanità, è un destino oggettivamente iscritto nelle nostre vite come desiderio di infinito. È questo desiderio, sperimentato da tutti quelli che non lo hanno soffocato, che rivela ciò che è “naturale” per la nostra umanità in quanto tale. La fede è ragionevole, almeno fino a che noi non restringiamo l’orizzonte aperto della ragione. È a questa esperienza di desiderio dell’infinito che ci rivolgiamo quando proponiamo la testimonianza su quanto abbiamo appreso attraverso la fede. Il Concilio Vaticano II ci ha insegnato che “Cristo rivela l’uomo all’uomo” (GS 22), perciò dalla nostra fede in Cristo noi apprendiamo la verità di ciò che ci fa persona umana ed è questa verità che testimoniamo a tutti, chiedendo loro di cercarla nella propria esperienza di ciò che potrebbe soddisfare questa sete di felicità. È in questo modo che tutti possono scoprire cosa significa dire che un certo diritto è un diritto naturale, che deve essere rispettato e promosso dallo Stato al servizio del bene comune.
Perché lei dice che questo è un momento privilegiato per i cattolici che sono consiglieri o comunque sostengono Obama?
Il Presidente non è un cattolico ed è una specie di “relativista by default”, alla ricerca di certezze compatibili con questo relativismo. Penso che i cattolici al suo fianco abbiano l’opportunità di testimoniare come certezza non significhi intolleranza o disprezzo della diversità. Ovviamente, questo è possibile se loro stessi hanno vissuto questa esperienza della fede come un metodo di conoscenza della Realtà, in questo caso della Realtà della dignità di ogni essere umano fino dal primo momento della sua esistenza.
© Copyright Il Sussidiario, 12 agosto 2009
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