martedì 11 agosto 2009

“L’Eucaristia ci impegna verso i poveri”. Così, il cardinale Arinze, Inviato Speciale del Papa alla IX Plenaria dei vescovi dell'Asia, a Manila (R.V.)


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“L’Eucaristia ci impegna verso i poveri”. Così, il cardinale Arinze, Inviato Speciale del Papa alla IX Plenaria dei vescovi dell'Asia, a Manila

La centralità dell’Eucaristia e l’attenzione ai poveri: al centro delle parole del cardinale Francis Arinze, Inviato speciale del Papa alla IX Assemblea Plenaria della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, che si è aperta oggi a Manila. “Vivere l’Eucaristia in Asia” è il tema della Plenaria, che proseguirà fino al 16 agosto. Sulla riflessione del cardinale Arinze nell’omelia della Messa di apertura, ci riferisce nel servizio Fausta Speranza:

“Nell’incredibile sviluppo economico e tecnologico, l’Asia vede il suo popolo povero e sofferente, oppresso e represso, senzatetto e bisognoso”. Così, il cardinale Arinze invita a considerare il contesto in cui la Chiesa vive nel continente che raccoglie il 60% dell’umanità e che purtroppo è stato colpito da diversi disastri naturali. L’Eucaristia è il bene spirituale della Chiesa ed è un bene che ci trasforma. “Vivere la Santa Eucaristia – dice esplicitamente – significa portare Gesù ai poveri dell’Asia”. “L’Eucaristia ci impegna verso i poveri”. La Beata Madre Teresa di Calcutta e le sue suore “vivono la forza trasformatrice dell’Eucaristia”.
E’ questa forza trasformatrice – dice l’Inviato del Papa – che deve spingere a “cercare i modi per aiutare i poveri a uscire dalla loro condizione di povertà e a vivere una vita umana il più possibile degna”. “Dio non vuole – afferma il cardinale Arinze citando la Gaudium et Spes – che alcuni si impossessino delle cose buone di questo mondo, creando un’oasi di godimento ed eccessivo consumo, mentre la maggioranza resta in un deserto di bisogno e di miseria”.

L’altro punto centrale messo in luce dal cardinale Arinze è “l’importanza dell’unità della comunione fra il Papa e i vescovi, e poi tra vescovi stessi, sacerdoti, laici, consacrati”. E c’è poi il rapporto con gli altri: “Con altri cristiani che non condividono ancora la piena unità cattolica e con molte altre persone di altre religioni”. In riferimento all’Eucaristia, il cardinale Arinze è chiaro: “La celebrazione eucaristica non è un servizio ecumenico” ma è “una celebrazione che richiede comunione ecclesiastica piena”. Dunque la possibilità di amministrare la Comunione a un cristiano la cui famiglia religiosa non aderisce completamente al cattolicesimo è rara e strettamente subordinata alle condizioni stabilite dalla Chiesa nei suoi documenti ufficiali. Quando si tratta di musulmani, indù, buddisti o fedeli di altri religioni è evidente l’impossibilità della Comunione. Il cardinale Arinze tiene a raccomandare di non invitarli alle celebrazioni senza le dovute spiegazioni. Inoltre sottolinea che “l’evangelizzazione non è proselitismo”.

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1 commento:

D. MERCENARO ha detto...

Quale ipocrisia questa eucarestia per i poveri.
A proposito della liturgia della riforma conciliare occorre anzitutto spazzare via una serie di equivoci che ancora gravano pesantemente sul modo con cui la comprendiamo: questo a causa di un nuovo fenomeno di arretramento ritualistico, che per sconfiggere il revival tridentino, cerca di farne proprie alcune posizioni.
Così si afferma che la liturgia, per restare se stessa, non possa essere ridotta a “funzione” o “occasione” per una “comunicazione diversa”: ma questo non è altro che panliturgismo sotto mentite spoglie e chiusura alla vita: non è il rito che giudica la vita dall’esterno, ma la vita che giudica il rito e lo sconfessa quando sconfina nel magismo e nella superstizione. Gesù non ha cert fondato una liturgia, quindi è scorretto e viziato di tridentinismo dire che la liturgia
essa “comunione originaria”con lui. L’ideologia della liturgia come fonte e culmine cancella l’esperienza dello Spirito che soffia dove vuole, quindi non necessariamente soffia nella liturgia. Non ha senso parlare come i tridentini fanno di ex opere operato, anche nella ritrascrizione caseliana come Mistero che rende presente l’Evento. Simili teorie smentiscono la rivoluzione rahneriana: non è certo il sacramento la via privilegiata di comunicare con il Signore.
Checchè ne dica il tridentinismo di ritorno che si veste di ritualismo nonvusordo, la liturgia non è “culmen et fons”, “culmen et fons” è la vita terrena ripiena di Spirito anche in modo atematico: questo è il vero sacramento fondamentale.
La chiesa, nella versione ritualistica tridentina o postconciliare, teme il mondo e lo rifiuta, oppure o strumentalizza per interessi di potere. La società secolare ha dimostrato l’inutilità di ogni strategia di manifestazione e copertura, rifiuta una chiesa esoterica, intimistica e pudibonda, come rifugge da ogni chiesa compromessa col Potere ed essa stessa Potere. Oggi è il seculum che ha da dire, come capì Bonhoeffer. Non basta dirci conciliari per non essere integralisti, se non si assume come teologumeno e liturgoumeno il mondo profano.
MENO EUCARESTIE, MENO CARESTIE!