martedì 13 ottobre 2009
Sinodo africano: riconciliazione e presenza in Unione Africana (Izzo)
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Continuiamo a pregare per Caterina Socci. La mia speranza per Caterina
SINODO PER L'AFRICA (4-25 OTTOBRE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG
Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:
SINODO AFRICANO: RICONCILIAZIONE E PRESENZA IN UNIONE AFRICANA
di Salvatore Izzo
(AGI) - CdV, 13 ott.
Per la Chiesa Cattolica in Africa, "la riconciliazione diventa non uno stato o un agire, ma un processo dinamico, un compito da comprendere ogni giorno, uno scopo per cui lottare, una realta' da ristabilire senza fine, con amore, misericordia, amicizia tollerante, legami fraterni, fiducia e confidenza".
Lo afferma la sintesi del dibattito presentata al Sinodo Africano dal relatore, il card. Peter Turkson, primate del Ghana. "Tutte le forme di esperienza e di (pratica) concretizzazione del tema del Sinodo (riconciliazione, giustizia e pace) necessitano di essere 'evangelizzate', cioe' comprese e vissute alla luce del Vangelo".
In tale ottica, "la riconciliazione e' la restaurazione della giustizia e delle giuste esigenze dei rapporti". "La giustizia (l'essere giusto) di Dio e il Suo Regno e' una rivelazione di Dio, che e' destinata ad essere la giustizia degli esseri umani", ha spiegato il porporato per il quale questo aspetto "e' della massima importanza, richiesto dalla nostra natura e dalla nostra identita'".
"I padri sinodali - ha rilevato - hanno ascoltato testimonianze della urgenza di riconciliazione dei nemici, e constatato quanto essa sia un atto di verita' e amore misericordioso". E se a livello delle singole comunita' "la liturgia e il sacramento della Penitenza offrono momenti privilegiati per la loro celebrazione", a livello continentale la Chiesa Africana si propone di favorire lo stesso processo: "si chiede - affermano infatti i vescovi - che il Secam (cioe' l'organismo che riunisce le Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar) cerchi di ottenere il ruolo di osservatore presso l'Unione Africana e le Conferenze regionali dovrebbero fare ugualmente con i parlamenti regionali e nazionali, come in Sud Africa".
Secondo Turkson, "una testimonianza attuale di questo desiderio di vivere in un'attiva comunione ecclesiale e' la decisione delle due Conferenze episcopali regionali dell'Africa occidentale finora distinte, quella anglofona e quella francofona, di formare un'unica Conferenza Episcopale Regionale".
“Gli episcopati africani - si legge ancora nella ‘relatio’ redatta da Turkson sulla base dei 160 interventi in aula - hanno pure un grande interesse a rinforzare la loro presenza nelle organizzazioni continentali in armonia con l’azione della Santa Sede per stimolare, incoraggiare e garantire le iniziative tendenti a promuovere la riconciliazione, la giustizia e la pace”. Inoltre, “i padri hanno proposto che le Chiese locali stabilissero cappellanie e che accompagnassero gli uomini politici con una formazione alla Dottrina sociale della Chiesa’”. Secondo i vescovi, “c’e’ grande bisogno di avere governi e politici in grado di assicurare una leadership al servizio dello Stato, con un esercizio trasparente e responsabile del potere, un rispetto dei diritti umani e una amministrazione delle risorse nazionali per il bene comune. E in linea con gli accordi del Nepad, sottoscritto da tutti gli stati-membri della Unione Africana, il Sinodo chiede che “vi sia rispetto per i governi democratici, che non si tollerino colpi di stato, e che si dia forma a una ‘Revisione dei meccanismi di Uguaglianza’ per correggere le scelte dei governi”.
Nel dibattito, poi, “i padri sinodali hanno colto come primo compito della Chiesa come ‘Famiglia di Dio in Africa’ la riabilitazione della famiglia africana nella sua dignita’ e nella sua vocazione dato che essa e’ minacciata: i padri sinodali hanno chiaramente denunciato le ideologie e i programmi internazionali che vengono imposti alle nostre nazioni sia con erronee motivazioni sia come condizionamenti in vista dell’aiuto per lo sviluppo. Sono dannosi per la famiglia. Per questo bisogna formare persone competenti e abilitarle, se necessario, a formare associazioni di famiglie cattoliche e altri movimenti di laici che difendono il bene della famiglia e si impegnano in pubblici dibattiti (conferenze, trasmissioni radio)”. Secondo i padri sinodali, infine, e’ necessario “introdurre nei seminari, nei noviziati, e nelle altre case di formazione delle contestuali analisi socio-pastorali allo scopo di evidenziare, valutare e prevenire ogni rischio o pericolo che possa minacciare l’istituzione famigliare”.
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2 commenti:
Una curiosità: perché la regina del Belgio porta il velo bianco? Non dovrebbe essere nero? Oppure è un privilegio concesso ad alcuni sovrani?
Ciao Michele, e' un privilegio concesso solo alle sovrane di religione cattolica.
La regina Paola del Belgio e la regina Sofia di Spagna si vestono di bianco, mentre la regina Rania (di religione musulmana) indossa il nero se viene ricevuta dal Santo Padre.
:-)
R.
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