lunedì 10 novembre 2008

Sergio Minerbi: "Ratzinger ha fermato il tentativo di cristianizzazione della Shoah tentato dal suo predecessore. La difesa di Pio XII? Atto dovuto"


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La difesa di Pio XII è stata un atto dovuto, tuttavia credo che non sarà lui a concludere la beatificazione


ALBERTO STABILE

GERUSALEMME

Con una serie di manifestazioni che andranno avanti per dieci giorni, Israele ricorda la Notte dei Cristalli. Ed inevitabilmente rimbalzano a Gerusalemme le parole di Benedetto XVI, il suo appello contro ogni forma di discriminazione e antisemitismo, il suo invito alla preghiera per le vittime di allora, la solidarietà espressa verso il mondo ebraico. Tutto questo, appena 24 ore dopo aver elevato a «dono di Dio», la figura di Pio XII, che il mondo ebraico, incluse le autorità israeliane, ha criticato per il «silenzio» tenuto durante la Shoah.

Che ne pensa Sergio Minerbi, docente di relazioni internazionali all´Università di Haifa ed ex ambasciatore israeliano presso la Comunità Europea?

«Quello di ieri del Papa è stato un monito condivisibile. Personalmente sono più propenso nei confronti di Benedetto XVI più di quanto non fossi nei confronti del suo predecessore e mi spiego. Quando Giovanni Paolo II si recò ad Auschwitz, disse che in quel luogo erano morti 6 milioni di polacchi. Anche Benedetto XVI disse la stessa cosa, poi tornato a Roma si corresse e spiegò che ad Auschwitz erano morti 6 milioni di ebrei. A prescindere dall´errore nel numero delle vittime assassinate, Benedetto XVI ha fermato il tentativo di «cristianizzazione» della Shoah a cui il suo predecessore voleva arrivare, appropriandosi del simbolo stesso della Shoah. Questo processo cominciò già con Pio XII, che affermò che la Chiesa non fu collaboratrice del Nazismo, bensì una sua vittima».

Come si conciliano le posizioni espresse dal Papa con la sua strenua difesa dell´operato del suo predecessore?

«Benedetto XVI sa benissimo che cosa è successo durante la Seconda Guerra Mondiale. Due cose dette nelle scorse settimane mi fanno pensare che forse non sarà lui a fare la beatificazione di Pio XII. La prima cosa è che ha affermato di volersi prendere un periodo di riflessione e la seconda è che ci vorranno almeno 5 o 6 anni finché sarà possibile aprire gli archivi. Quindi ritengo che voglia lasciare la patata bollente al suo successore».

Questo appello è suscettibile di alleviare la tensione fra Vaticano e Stato d´Israele?

«La tensione fra la Santa Sede e Israele è salita per ragioni artificiali ed è stata montata da un certo numero di persone, fra cui non ultimo il segretario di Stato, il cardinale Bertone, che già il 5 giugno 2007 aveva affermato che le accuse a Pio XII risalgono al 1946-1948, "quando gli ebrei stavano formando il loro Stato". Non ci sono fatti obiettivi e divergenze possono esserci anche fra Stati amici. La cosa importante nei rapporti fra S. Sede ed Israele è che siano risolte le controversie sulle esenzioni fiscali delle istituzioni ecclesiastiche attive nel paese con piena soddisfazione della Chiesa. Israele ha generosamente concesso uno statuto, che tuttavia non ha quasi mai rispettato. Altri screzi seri non ce ne sono».

La difesa di Papa Pacelli da parte di Benedetto XVI è convincente?

«Si tratta di una difesa d´ufficio, non poteva farne a meno».

Ma non ritiene che sarebbe opportuno lasciare alla Chiesa gli affari delle Chiesa, senza intromettersi in questioni di santità?

«La Chiesa ha pieno diritto di fare santo chi vuole e sono affari suoi. Tuttavia, durante questo processo, ha il dovere di ascoltare i dissensi. Se durante un passato processo di beatificazione è stato convocato un testimone da Israele, che aveva delle cose buone da raccontare, ora non possono ignorare i pareri dei non - cattolici, solo perchè sono sfavorevoli».

© Copyright Repubblica, 10 novembre 2008 consultabile online anche qui.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Suvvia, stracciatevi le vesti anche per l'affondo su Giovanni Paolo II.
Per par condicio almeno.
O forse quella definizione Vi sta bene????