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Svolta di Ratzinger sul Vangelo di Giovanni
GIACOMO GALEAZZI
CITTA’DEL VATICANO
Il Vangelo di Giovanni è stato scritto da «un testimone oculare», assicura Benedetto XVI anticipando le date dell’opera del quarto evangelista rispetto a quanto ritenuto di consueto, decennni dopo i fatti secondo molti teologi.
«La novità inaudita e umanamente inconcepibile proclamata dal prologo del Vangelo di Giovanni (il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi) non è una figura retorica, ma un’esperienza vissuta», ha sottolineato Benedetto XVI all’Angelus, precisando che «a riferirla è Giovanni, testimone oculare». La sua, ha spiegato il Pontefice senza citare le teorie che datano più avanti la redazione del quarto Vangelo, «non è la parola dotta di un rabbino o di un dottore della legge ma la testimonianza appassionata di un umile pescatore che, attratto giovane da Gesù di Nazareth, nei tre anni di vita comune con Lui e con gli altri apostoli ne sperimentò l’amore, tanto da autodefinirsi “il discepolo che Gesù amava”, lo vide morire in croce e apparire risorto, e ricevette poi con gli altri il suo Spirito».
Il Papa ha evidenziato che il prologo di Giovanni viene letto nella prima domenica dopo il Natale per consentire una riflessione meditata su questo grande mistero. «Dopo il frastuono dei giorni scorsi con la corsa all’acquisto dei regali, la Chiesa ci invita nuovamente a contemplare il mistero del Natale di Cristo, per coglierne ancor più il significato profondo e l’importanza per la nostra vita - afferma Joseph Ratzinger - si tratta di un testo mirabile, che offre una sintesi vertiginosa di tutta la fede cristiana».
Secondo il Papa teologo, dalla sua esperienza di «testimone oculare», dopo averla «meditata nel suo cuore», Giovanni trasse un’intima certezza: «Gesù è la sapienza di Dio incarnata, è la sua parola eterna fattasi uomo mortale».
Una «verità sconvolgente», ma, ha rilevato il Pontefice, «per un vero israelita, che conosce le Sacre Scritture, questo non è un controsenso, anzi, è il compimento di tutta l’antica alleanza». E ciò perché «in Gesù Cristo giunge a pienezza il mistero di un Dio che parla agli uomini come ad amici, che si rivela a Mosè nella legge, ai sapienti e ai profeti». Esperienza diretta, quindi, non racconto riferito da altri.
© Copyright La Stampa, 5 gennaio 2009
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