lunedì 22 giugno 2009

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Bruno Bartoloni

CITTA’ DEL VATICANO

Benedetto XVI ha dedicato ieri un panegirico così entusiasta al «servo di Dio» Alcide De Gasperi da far supporre un rilancio del suo processo di beatificazione, rimasto congelato nella diocesi di Trento per varie polemiche dal 2003, quando si è dimesso il postulatore.
Il Papa ha proposto come esempio da seguire sia al governo che a tutti gli uomini politici italiani di estrazione cattolica e non solo, la testimonianza di questo statista «che con la sua azione politica ha reso servizio alla Chiesa, all’Italia e all’Europa ». «Docile ed obbediente alla Chiesa — ha sottolineato — fu dunque autonomo e responsabile nelle sue scelte politiche, senza servirsi della Chiesa per fini politici e senza mai scendere a compromessi con la sua retta coscienza».
Ha auspicato che «il ricordo della sua esperienza di governo e della sua testimonianza cristiana siano incoraggiamento e stimolo per coloro che oggi reggono le sorti dell’Italia e degli altri popoli, specialmente per quanti si ispirano al Vangelo».
Il pontefice si rivolgeva ai membri del Consiglio della Fondazione Alcide De Gasperi ricevuti in Vaticano. C’erano la figlia Maria Romana ed il senatore Giulio Andreotti che ne fu il suo stretto collaboratore e per il quale «non c’è alcun dubbio: De Gasperi è un santo».
Nel rievocare l’impegno dello statista trentino, Benedetto XVI è andato a ripescare una dichiarazione di De Gasperi al primo congresso cattolico regionale: «Non basta conservare il cristianesimo in se stessi, conviene combattere con tutto il grosso dell’esercito cattolico per riconquistare alla fede i campi perduti». Ed ha insistito sulla sua straordinaria capacità «di tradurre in atti concreti e coerenti la fede che professava ». «Spiritualità e politica furono in effetti due dimensioni, ha commentato, che convissero nella sua persona e ne caratterizzarono l’impegno sociale e spirituale». Ha messo in evidenza «la dirittura morale, basata su un’indiscussa fedeltà ai valori umani e cristiani, come pure la serena coscienza morale che lo guidò nelle scelte della politica».
E ad uso di tutti i parlamentari di estrazione cattolica ha ammonito con le parole di «questo personaggio che ha onorato la Chiesa e l’Italia»: «Nel sistema democratico viene conferito un mandato politico amministrativo con una responsabilità specifica, ma parallelamente vi è una responsabilità morale dinnanzi alla propria coscienza, e la coscienza per decidere deve essere sempre illuminata dalla dottrina e dall’insegnamento della Chiesa». Insomma De Gasperi «non conobbe tentennamenti nella sua adesione alla Chiesa ».
La canonizzazione eventuale dello statista democristiano porterebbe agli onori degli altari il primo capo di governo della storia, se si escludono alcuni monarchi del passato. Il processo è stato introdotto al livello diocesano nel 1993. Ora è arrivato all’esame degli scritti da parte della commissione storica. Ma l’iter è stato congelato in seguito alle dimissioni del postulatore Tito Sartori, fratello dell’ex arcivescovo di Trento, dovute, ci ha spiegato, «a motivi personali non legati alla causa».
Rimane il fatto che gli altoatesini non lo vogliono santo. Un frate cappuccino di Bressanone, padre Josaphat Wieser ha perfino promosso una raccolta di firme contro il processo, primo firmatario il vescovo ausiliare di Bolzano-Bressanone, monsignor Heinrich Forer. Lo accusano di aver impedito l’autodeterminazione del Sud-Tirolo, facendo diventare i sudtirolesi una minoranza di altoatesini, per quanto autonomi proprio grazie all’accordo De Gasperi-Gruber. Silenzio per ora da parte dell’attuale arcivescovo di Trento monsignor Luigi Bressan.

© Copyright Corriere della sera, 21 giugno 2009

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