giovedì 13 agosto 2009

È lo sviluppo la chiave dell'ultima enciclica (Nucci)


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I COMMENTI

È lo sviluppo la chiave dell'ultima enciclica

Di Alessandra Nucci

L'analisi

Benedetto XVI ci aveva abituati a documenti profondi ma accessibili, quasi poetici nella loro linearità. Per questo sulla stampa si è aperto il dibattito sulla provenienza della sua terza enciclica, Caritas in Veritate, paragonata dal teologo George Weigel a un ornitorinco (specie a se stante, mammifero palmipede che fa le uova, con il becco d'anatra e la coda di un castoro). Di questo intrico ognuno ha evidenziato cose diverse.
Il Washington Post ne trae motivo per dichiarare il Papa un ammiratore di Obama, rispetto al quale sarebbe addirittura più a sinistra.
Il Wall Street Journal fa notare che non vi si parla né di avidità né di capitalismo, né cede alla moda di dare ogni colpa al mercato. Il New York Times si sofferma invece semplicemente sulla pesantezza del testo, che ipotizza dovuta o ai troppi cuochi o alla preoccupazione di spiegare troppe cose in una volta. In effetti l'enciclica, che doveva uscire nel 2007, è dichiaratamente il prodotto di più mani e ha visto almeno due stesure. Ed è fondata pure l'ipotesi dell'ambizione enciclopedica, visto che ricapitola tanti argomenti diversi fra loro.
Ma il filo conduttore che tiene insieme il tutto è lo sviluppo, tematizzato nel sottotitolo e ribadito 255 volte nel testo. È un concetto che potrebbe sembrare scontato, ma che da tempo è al centro di attacchi diretti o indiretti, da parte per esempio della congerie di sacerdoti dell'ambientalismo estremista che riescono un po' ovunque nel mondo a bloccare iniziative pubbliche e private, in nome della fragilità della Terra e dell'invadenza dell'uomo. Le catastrofi più varie, dal cambiamento climatico, all'esaurimento di ogni risorsa, all'impossibilità di smaltire i rifiuti, vengono attribuite all'attività umana e definite irrisolvibili a meno di non imboccare decisamente la via del regresso tecnologico e ovviamente della diminuzione delle nascite. L'enciclica afferma invece con chiarezza che «l'idea di un mondo senza sviluppo esprime sfiducia nell'uomo e in Dio», e riserva tutto l'ultimo capitolo alla difesa e al buon uso della tecnica quale espressione della creatività umana. Ciò, insieme alla riaffermazione del primato dell'uomo sulla natura, dà uno stop inappellabile al primitivismo paganeggiante di stile New Age veicolato, si direbbe in tutto l'Occidente, da organizzazioni come il Wwf e da personalità come Carlo d'Inghilterra. Da adesso dovrebbe essere più difficile per le manifestazioni Nimby («Not in my backyard») contrapporsi a ogni cosa, dai termovalorizzatori alle pale eoliche, senza accettare di aprire il dibattito sulle questioni scientifiche che essi stessi sollevano. Ovvero, si spera che debba essere così, almeno fra i cattolici.

© Copyright Italia Oggi, 12 agosto 2009 consultabile online anche qui.

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