mercoledì 12 agosto 2009

Nuovo attacco all’ora di religione ma non servirà a nulla. Presto i crediti saranno sostituiti dai voti numerici e quello in religione farà media


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Il Tar del Lazio vuole retrocedere l’ora di religione

La sentenza: non contribuisce ai crediti

Ma l’opinione del Consiglio di Stato era diversa

DA MILANO PAOLO FERRARIO

Nuovo attacco all’ora di religione. Dopo diversi tentativi andati a vuoto, il gruppo di associazioni laiciste e di altre confessioni non cattoliche che da tempo hanno messo nel mirino questo insegnamento, hanno trovato una sponda nel Tar del Lazio.
I giudici amministrativi, con la sentenza 7076 hanno infatti disposto l’annullamento delle ordinanze del ministro Fioroni, emanate per gli esami di Stato del 2007 e del 2008. In pratica, il Tar ha stabilito che frequentare l’ora di religione non può portare crediti aggiuntivi e che gli insegnanti di religione non possono partecipare «a pieno titolo» agli scrutini.
In particolare, nella sentenza i giudici scrivono che «lo Stato, dopo aver sancito il postulato costituzionale dell’assoluta, inviolabile libertà di coscienza nelle questioni religiose, di professione e di pratica di qualsiasi culto “noto”, non può conferire ad una determinata confessione una posizione “dominante” - e quindi una indiscriminata tutela ed un’evidentissima netta priorità - violando il pluralismo ideologico e religioso che caratterizza indefettibilmente ogni ordinamento democratico moderno».
La decisione del Tar laziale ha già suscitato la legittima protesta dei docenti, per l’evidente tentativo, già per altro portato avanti anche nel recente passato, di emarginare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche italiane. «Questa sentenza è semplicemente assurda», tuona Nicola Incampo, docente e membro della commissione paritetica Ministero-Cei per la valutazione dell’insegnamento della religione cattolica. «Già nel 2006 – prosegue l’insegnante – una sentenza del presidente del Consiglio di Stato, organo giudicante di grado superiore rispetto al Tar , aveva già dichiarato la legittimità delle ordinanze del ministro Fioroni. Non si capisce, quindi, come adesso i giudici amministrativi possano tornare indietro pronunciandosi su una questione già definita a livello superiore».
Un’altra incongruità del dispositivo del Tar riguarda la presunta “discriminazione” contenuta nell’ordinanza Fioroni. Per i giudici, infatti, frequentare l’ora di religione non può essere considerato meritevole di crediti scolastici aggiuntivi, rispetto a chi, invece, ha deciso di non avvalersi dell’insegnamento. «Ma non è così – protesta Incampo –. Mentre la precedente ordinanza Berlinguer prevedeva, questa sì, i crediti soltanto per chi aveva deciso di frequentare l’ora di religione, il ministro Fioroni ha dato la possibilità di accumulare crediti a tutti, anche a chi frequenta attività sostitutive. Mi sembra evidente, in definitiva, il tentativo di estromettere, a colpi di sentenze, l’insegnamento della religione dai programmi scolastici».
Un tentativo alquanto maldestro. La sentenza del Tar , infatti, arriva dopo la conclusione dei lavori della commissione paritetica Ministero dell’Istruzione-Cei, che ha deciso all’unanimità di passare dalla votazione con gli “aggettivi” (sufficiente, buono...) ai voti numerici.
Quando la decisione sarà avallata dal Consiglio di Stato, anche il voto di religione farà media e il problema dei crediti sarà quindi superato una volta per tutte.
Di «decisione estemporanea, bizzarra e discriminatoria, che sarà sicuramente cancellata da ulteriori gradi di giudizio» ha parlato anche il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri, mentre l’ex-ministro Giuseppe Fioroni, chiamato direttamente in causa, ha ricordato di aver soltanto «applicato la legge». «Offro un ulteriore spunto di riflessione – ha proseguito l’ex-titolare dell’Istruzione –: visto che al conseguimento dei crediti formativi concorrono una serie molto ampia e varia di discipline, non ultimi anche corsi di danza caraibica, ritengo quindi che possa contribuirvi anche l’ora di religione o della materia sostitutiva, come previsto per legge».
Contro la sentenza del Tar si è espressa la parlamentare del Pd, Paola Binetti, che si è detta contraria a creare «professori di serie A e altri di serie B». Non ammettere i docenti di religione agli scrutini, inoltre, secondo Binetti sarebbe «massimamente scorretto» e avrebbe ripercussioni negative «anche sugli studenti, in particolare su quelli che hanno scelto di avvalersi dell’insegnamento della religione e si aspettano che, una volta scelto, non sia un optional ma entri a pieno titolo nella valutazione ». Infine, per la parlamentare dell’Udc, Luisa Santolini, la sentenza del Tar del Lazio è «ideologica » e ha come fine quello di «distruggere le tradizioni italiane ed il sentire della gente».

© Copyright Avvenire, 12 agosto 2009

Vedo che c'e' una certa "goduria" nei siti di Repubblica e del Corriere ma consiglio di non vendere in anticipo la pelle dell'orso...si possono avere pessime sorprese :-)
Questo stop momentaneo (il Consiglio di Stato e' giudice superiore rispetto al Tar) sia occasione per riflettere sull'insegnamento della religione cattolica nelle scuole.
E' davvero utile cosi' come e' impostata attualmente? Gli insegnamenti sono in linea con il Magistero?

R.

Ora di religione. Mons. Coletti commenta la sentenza del Tar

L’insegnamento della religione è una componente importante della cultura di questo Paese. Così mons. Diego Coletti, presidente della Commissione episcopale per l'educazione cattolica, commenta la sentenza del Tar che ha escluso la partecipazione “a pieno titolo” agli scrutini da parte degli insegnanti di religione cattolica, ritenendo illegittimi i conseguenti crediti scolastici. In sostanza i magistrati amministrativi, accogliendo il ricorso di alcuni studenti, supportati da diverse associazioni laiche e confessioni religiose non cattoliche, hanno annullato le Ordinanze ministeriali emanate dall'allora Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni per gli esami di Stato del 2007 e 2008 che prevedevano la valutazione della frequenza dell'insegnamento della religione cattolica o della materia sostitutiva ai fini della determinazione del credito scolastico. Luca Collodi ha raccolto il commento di mons. Diego Coletti:

R. – Mi sembra che, tra quello che si è potuto leggere nell’immediato, nelle motivazioni della sentenza, si vada in due direzioni: entrambe, mi sembra, molto discutibili, come motivi per questa sentenza. La prima motivazione sarebbe quella di dire che gli alunni devono essere tutti uguali e, quindi, siccome alcuni non si avvalgono dell’insegnamento scolastico della religione cattolica, questi sarebbero discriminati se questo insegnamento contribuisse a stabilire i crediti o, comunque, il giudizio sull’alunno. La seconda motivazione è ancora più interessante: le cose che riguardano una scelta religiosa individuale non devono entrare nella costruzione di una valutazione generale scolastica, in uno Stato laico. Allora, io prenderei in esame, se posso, brevemente, entrambe queste motivazioni. La prima è chiaramente pretestuosa, perché i crediti e il valore generale del giudizio sull’alunno vengono dati in base alle sue scelte. Il ministro Fioroni ha addirittura citato che c’è la possibilità di avere dei crediti per dei corsi di danza caraibica. Figurarsi che se il 92 per cento delle famiglie italiane scelgono l’insegnamento della religione cattolica, questo non debba entrare nel computo della valutazione dell’alunno. Sarebbe davvero una cosa strana. Tanto più che si tratta di scelte responsabili che devono in qualche modo contribuire a dare una figura generale di valutazione dell’alunno. L’altra motivazione, come dicevo, è ancora più strana, perché non si tratta di un insegnamento che va a sostenere delle scelte religiose individuali, ma si tratta di un insegnamento da tutti riconosciuto come una componente importante di conoscenza della cultura di questo Paese, con buona pace degli irriducibili laicisti e, purtroppo, dobbiamo dire, con buona pace anche di tanti nostri fratelli nella fede di altre confessioni cristiane. Non è colpa di nessuno se la cultura di questo Paese è stata segnata da secoli, e in misura massiccia, dalla presenza della religione cattolica. Per cui entrare in un dialogo fecondo, da qualunque punto di vista e a partire da qualunque religione o cultura, con la cultura italiana, vuol dire conoscere dal punto di vista culturale, non dal punto di vista catechistico strettamente confessionale, la religione cattolica. E questo è il motivo dell’insegnamento per cui eventualmente ciò che è un problema e che va spiegato è l’esenzione, cioè la possibilità di non avvalersi, che credo sia giusto rispetto per chi dovesse sentire un qualche turbamento alle proprie convinzioni religiose, dovendo approfondire il punto di vista della religione cattolica. Ma il corso fatto a scuola, di una scuola laica, di uno Stato laico, è un corso culturale, non è un corso che costruisce scelte religiose.

D. – Mons. Coletti, questa decisione del Tar del Lazio, secondo lei, danneggia proprio la laicità dello Stato italiano?

R. – Secondo me sì, perché per laicità si intende la giusta neutralità di una comunità civile, che, però, dovrebbe essere preoccupata di valorizzare tutte le identità, ciascuna a seconda del proprio peso e della propria rilevanza culturale, per esempio sul territorio. Perché se per laicità si intende l’esclusione dall’orizzonte culturale, formativo, civile di ogni identità, vuol dire che si è proprio nel più bieco e negativo risvolto dell’Illuminismo; prevede che la pace sociale sia garantita dalla cancellazione delle diversità delle identità. Mentre io credo che uno Stato sanamente laico debba preoccuparsi di far emergere e di rispettare, di mettere in rete casomai e di far crescere tutte le identità, soprattutto quelle di alto profilo etico e culturale.

D. – Qualcuno dice che si tratta anche di una scelta ideologica che punta ad estromettere la religione dalla vita delle persone...

R. – Io non conosco i giudici del Tar del Lazio, anche se questo Tribunale amministrativo ha una sua lunga storia, che credo molti conoscano. Casomai ci sarà da chiedersi come mai su una questione così delicata, la competenza venga data ad un Tribunale amministrativo regionale; ma io credo che ci sia dietro a queste pretestuose motivazioni qualche atteggiamento pregiudiziale, anche se non del tutto ideologico. C’è un pregiudizio di “doverosa liberazione” dei “poveri” bambini, ragazzi e giovani italiani dal peso schiacciante della religione cattolica. Questo mi sembra piuttosto un equivoco pesante, grave, sul quale varrebbe la pena di aprire un dibattito culturale, di sentire motivazioni pro e contro, senza, a partire da questo pregiudizio, arrivare addirittura a dare delle sentenze che, alla fine, rischiano di incrementare ancora di più quella sorta di diffidenza, di sospetto, in genere, sulla magistratura, che è già fin troppo alto in Italia e che va invece, in tutti i modi, contrastato e ridotto.

D. – Fra l’altro, qui c’è il rischio anche di discriminare quel 90 per cento di studenti che scelgono l’ora di religione in Italia e che rischiano di non essere più valutati...

R. – Sì, questo è vero. E’ come se si dicesse che una parte del proprio curriculum studentesco, per motivi appunto ideologici e pregiudiziali, venga azzerata. Questa è una sentenza particolarmente pesante per uno Stato che deve rispettare le scelte educative delle famiglie, che sono soprattutto dei genitori, che sono fino alla maggiore età i diretti responsabili dell’educazione dei figli e anche, in qualche misura, soprattutto andando avanti nell’età, le scelte stesse degli studenti che, tranne che in alcune regioni, nella stragrande maggioranza delle regioni del Paese, in larghissima maggioranza, scelgono ancora di avvalersi. Vorrei far notare che la cosa è talmente vera che in molte classi a noi risulta che figli di famiglie addirittura non cristiane o di altre confessioni religiose volentieri si avvalgano dell’insegnamento della religione cattolica appunto come elemento arricchente, culturale, per la conoscenza della cultura italiana.

D. – Mons. Coletti, che cosa succederà ora? Lei personalmente pensa ad un ricorso?

R. – Non credo che tocchi alla Chiesa come tale fare un ricorso. Tocca a cittadini italiani, più o meno organizzati in partiti o in associazioni culturali, esprimere il loro parere, il loro dissenso, di fronte ad una sentenza così povera di motivazioni. Credo che lo stesso Ministero dovrà fare un ricorso, perché ciò che è stato messo sotto accusa non è un’opinione della Chiesa o dei vescovi, ma è una circolare del Ministero e qualcosa che attiene all’organizzazione della scuola di Stato. Quindi, io credo che siano questi i soggetti che devono muoversi.

Radio Vaticana

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Ottime domande, Raffa. L'ora di religione va senz'altro ripensata in linea con gli insegnamenti del Magistero di Papa Benedetto e dei predecessori. Anche l'insegnamento del catechismo, per non parlare dei catechisti ... C'è carenza di ortodossia.
Alessia

Anonimo ha detto...

niente da dire. Non resta che piangere. Credono di agire in nome della libertà e invece tolgono cultura, coscienza, moralità, valori. Siamo alla frutta......

Un insegnante IRC ha detto...

A volte non sono in linea con il magistero nemmeno i vescovi (Card. Martini....) e i preti... Nonostante tutto i più fedeli sono proprio i laici e disprezzati insegnanti di religione...

Raffaella ha detto...

Grazie per la testimonianza :)
R.

Michele ha detto...

Anch'io sono convinto che l'ora di religione vada ripensata, anche perché credo che, per come è impostata attualmente, sia la causa principale dell'irreligione giovanile. Anzitutto si dovrebbe fare vera catechesi e non, come ora, cultura religiosa e poi si potrebbe pensare ad uno stipendio dato dalla Curia e non dallo Stato. Così si prenderebbero due piccioni con una fava: si evangelizza e si spuntano le armi degli anticlericali.

Anonimo ha detto...

l'ora di religione, così com'è è più dannosa che fruttuosa. E non da oggi:io l'ho frequentata 25 annifa e il prete ci faceva una lezioncina di 10 minuti, poi ognuno faceva quello che voleva. E i temi trattati spesso non avevano nulla che vedere con la religione.

L'ora andrebbe riformulata ma partendo dai docenti: più severità nella selezione e più preparazione.

Per questo come per altri argomenti la responsabilità è di chi ha permesso che la religione cattolica non fosse più considerata religione di stato (sicuramente poteva essere ripensata l'espressione, ma non abolito anche il concetto); se il cattolicesimo è una religione tra le altre non si capisce certo per qual motivo debba avere certi trattamenti dallo Stato (come l'insegnante di religione a scuola).
La Chiesa rinunciando alla religione di stato ci ha guadagnato in credibilità o in altro modo?
Secoondo me ci ha guadagnato e basta (con l'8 per mille che sostituisce la congrua).
Gli errori si pagano a rate. Per ora abbiamo solo iniziato a restituire gli interessi:il bello verrà negli anni e nei decenni a venire, quando si inizierà a restituire pure il capitale!

Antonello

don Marco (ex prof di storia) ha detto...

condivido Antonello!!!
Ma si sa che i cattolici per il politicamente corretto tacciono davanti alla bagarre di 4 gatti anticlericali, quelli si che son 4 e non di più.

Fabiola ha detto...

Scusate, ma, a parte alcuni, leggo una serie di luoghi comuni o vere e proprie inesattezze circa la cosiddetta "ora"di religione.
Gli insegnanti, oggi, sono in genere molto qualificati, anche se, in prevalenza, laici. Per ovvi motivi. Devono essere muniti di un titolo ecclesiastico equipollente ai titoli statali: diploma di magistero in scienze religiose o laurea in teologia. Moltissimi hanno, addirittura, anche una laurea in filosofia o in lettere.
Nel 2004-05 è stato bandito un concorso per titoli ed esami riservato a chi insegnava, provvisto di titoli, da almeno cinque anni.
Il concorso non è stato affatto un pro-forma. Su base regionale, in alcune regioni (mi risparmio di elencarvele) molti non l'hanno superato. (qualcuno insegnava da più di vent'anni). Il concorso ha verificato la conoscenza pedagogica, metodologica, didattica e normativa (ordinamento e legislazione scolastica anche nel suo sviluppo storico). Sostanzialmente lo stesso programma di un concorso a preside, fatta salva la parte riguardante l'amministrazione. La verifica delle conoscenze diisciplinari è, invece, affidata, agli Ordinari Diocesani.

Si insegna "religione cattolica" con impostazione culturale e non catechetica: obiettivi e contenuti sono decisi da un'intesa tra il Ministero e la CEI.
Sostanziamente si tratta di insegnare "Weltanschauung" cattolica, perchè lo statuto epistemologico della disciplina giustifica la sua presenza nella scuola pubblica italiana, per l'importanza del cattolicesimo nella formazione dell'identità nazionale ed europea.

E' insegnata male? E' ora di "svago" o "cinema" o "talk show"... Il problema non è la non qualificazione dei docenti, piuttosto la loro auto-coscienza. E qui, non c'è alcuna differenza con tutte le altre discipline.E con tante altre componenti della Chiesa italiana.

Una bella "ora" di storia delle religioni "obbligatoria"? Con insegnanti attinti da graduatorie solo statali, reclutati tra i tanti "filosofi" disoccupati?
Come no? Diventerebbe, ben presto, un'ora di ateismo più o meno scientifico, di relativismo o nichilismo comparato.
Come se si facesse insegnare "storia" o "filosofia" a gente che non le sopporta proprio.

La norma concordataria su cui si poggia resta un baluardo contro la pretesa dello Stato di farsi "educatore" anche religioso e morale.

I nostri fratelli maggiori e minori (varie denominazioni protestanti, tra cui spiccano i valdesi) cui dobbiamo l'iniziativa sfociata nella sentenza del TAR del Lazio,(chiaro segno di passione ecumenica ) anzichè lavorare per cancellare gli spazi di libertà nella scuola chiedano, a loro volta, l'organizzazione di corsi da loro gestiti, laddove lo ritengano opportuno. Poi, chi avrà più filo da tessere, lo farà.
Benedetto XVI ha ricevuto gli insegnanti di religione italiani il 25 aprile di quest'anno. Era la prima volta che un Papa lo faceva. Evidentemente questo insegnamento gli sta a cuore così come le persone che lo svolgono.

Fabio Pari ha detto...

Speriamo che questa sentenza sia il primo passo per una sostituzione dell'ora di religione così come la conosciamo, magari con un'ora di "Storia e Filosofia delle Religioni", affrontando così storia e i principi delle religioni più diffuse, con la possibilità di far eseguire agli studenti un'analisi comparativa per valutarne il livello d'apprendimento (molto liberamente).

Sarebbe costruttivo, culturalmente utilissimo e anche complementare al processo d'integrazione di bimbi e ragazzini immigrati (e probabilmente non cristiani) che non si vedrebbero così costretti a chiedere l'esonero ed a aspettare "fuori dalla porta" la fine della liturgia.

Raffaella ha detto...

Assolutamente no!
Nessun sincretismo e nessuna confusione fra fedi!
Partecipare all'ora di religione cattolica non e' un obbligo.
Lo Stato si occupi di predisporre insegnamenti di altre religioni per chi lo desidera, ma nessun cedimento al religiosamente corretto.
R.