giovedì 20 agosto 2009
Il Papa sui seminari ed i nuovi preti: Chiamati a formare «uomini di cuore e anima» (Masciarelli)
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Il Papa: "Il Concilio di Trento, nel 1563, aveva emanato norme per l'erezione dei seminari diocesani e per la formazione dei sacerdoti, in quanto il Concilio era ben consapevole che tutta la crisi della riforma era anche condizionata da un'insufficiente formazione dei sacerdoti, che non erano preparati per il sacerdozio in modo giusto, intellettualmente e spiritualmente, nel cuore e nell'anima...Anche oggi si avverte la necessità che i sacerdoti testimonino l’infinita misericordia di Dio con una vita tutta "conquistata" dal Cristo, ed apprendano questo fin dagli anni della loro preparazione nei seminari" (Catechesi)
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LE PAROLE DEL PAPA SUI SEMINARI E SUI NUOVI PRETI
Chiamati a formare «uomini di cuore e anima»
MICHELE GIULIO MASCIARELLI
L’intento dell’Anno sacerdotale è quello di ricostruire nel prete una forte identità spirituale, fedele alla sua missione originaria.
Nel cono di luce di questa splendida intenzione pastorale si pone il discorso all’Udienza generale che il Papa ha tenuto ieri a Castel Gandolfo, che guarda alla formazione permanente dei presbiteri in radice, a quella che si realizza negli anni del Seminario, che vanno pensati come uno squisito tempo di grande formazione.
«Il Concilio di Trento – ha affermato Benedetto XVI – aveva emanato norme per l’erezione dei seminari e la formazione dei sacerdoti, perché la crisi era anche condizionata dall’insufficiente formazione del sacerdote, che spesso non era intellettualmente e spiritualmente pronto, non era preparato nel cuore e nell’anima».
La formazione è, perciò, la migliore prevenzione della crisi. Questa è una felice intuizione della pedagogia cristiana, che trova, ad esempio nei grandi preti educatori dell’Ottocento italiano, una conferma lucidissima: Jean-Baptiste Girard (1765-1850), Ferrante Apporti (1793-1858), Antonio Rosmini-Serbati (1797-1855), Raffaello Lambruschini (1788-1873) hanno sempre ritenuto che la vita la si prepara e la si pone al riparo da crisi proprio con l’educazione. In modo speciale san Giovanni Bosco (1815-1888) ha visto annidata la forza 'salvifica' dell’educazione nella sapienza della 'prevenzione': arrivar prima di sbagliare, arrivar prima di entrare in crisi, arrivar prima della bella ma rischiosa opera pastorale. Arrivar prima, ma come? Benedetto XVI dice come farlo: con una forte e completa opera educativa che investa e plasmi «il cuore e l’anima».
E tutto questo in termini di urgenza.
I grandi maestri cristiani hanno intuito che educare è cosa da porre nell’ordine del principio e da praticare con la subitanea determinazione dell’urgenza. Così era, ad esempio, per san Giovanni Eudes (1601-1680), che con la sua opera missionaria ed educativa, ha contribuito a rendere il Seicento «il grande secolo delle anime», come l’ha chiamato Daniel Rops.
A Eudes, di cui ieri ricorreva la memoria liturgica, il Papa ha voluto riferirsi sulla formazione del clero decisa da Trento: «Ma poiché l’applicazione delle norme tardava, San Giovanni Eudes – ha detto il Papa in riferimento al sacerdote del Seicento la cui festività cade oggi nel calendario dei santi – ha visto l’inadeguatezza di gran parte del clero e ha formato un seminario».
Il profilo di prete delineato dal Concilio tridentino ha caratterizzato la vita della Chiesa cattolica fino alla metà del Novecento. Ne è stato un modello il santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney.
Si aspetta che il post-Concilio del Vaticano II mostri la sua fecondità con la fioritura di nuovi preti santi, sagomati, per così dire, sulle figure di spiritualità disegnate dai sedici documenti conciliari.
Negli ultimi decenni – è vero – l’identità del prete cattolico si è in varia misura mutata, offuscata, sbriciolata, sotto l’azione martellante della secolarizzazione, fuori e dentro la Chiesa.
S’impone una svolta: occorre una stagione di robusta formazione nei seminari, attenta non solo alle pur giuste prudenze delle 'scienze dell’educazione', ma anzitutto basata su solide e granitiche ragioni teologiche e di sapienza educativa fiorita dentro la casa cristiana.
«Grandi libri e grandi maestri fanno grandi uomini», ha scritto Rosmini, il quale vedeva nella mancata formazione del clero una delle cinque piaghe della Chiesa.
Occorrono uomini di cuore nel senso più severo della sapienza cristiana, uomini che siano prima discepoli e poi apostoli, uomini forti e dolci, capaci di parola e di silenzio, forniti di buonsenso umano e di profezia cristiana, radicati nella Tradizione della Chiesa e lettori dei 'segni dei tempi'.
«Anche oggi – ha concluso il Pontefice facendo riferimento all’Anno Sacerdotale da lui indetto – si avverte la necessità che i sacerdoti testimonino la misericordia di Dio con una vita tutta conquistata da Cristo».
Questo discorso di Benedetto XVI è uno di quelli destinati a durare perché si iscrive nelle anse del suo 'grido' pedagogico che chiede di passare, anche nei seminari, dall’emergenza educativa alla pedagogia del cuore, come don Bosco intendeva: «L’educazione è questione di cuore». E aggiungiamo: è questione di fede e di teologia.
© Copyright Avvenire, 20 agosto 2009
Moltissimi giovani seminaristi sono volenterosi e desiderosi di imparare. Personalmente ho grande fiducia nelle giovani generazioni, che, a parte alcune eccezioni, non sono alimentate dai pregiudizi e dalle ideologie degli ultimi decenni.
Il punto e': a parte il Papa, hanno i maestri giusti?
Questa e' la grande domanda a cui la Chiesa attuale, su sollecitazione di Benedetto XVI, e' chiamata a rispondere.
R.
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