domenica 23 agosto 2009

Immigrazione, Mons. Vegliò: “I governi non pensino solo all’ordine pubblico” (Galeazzi)


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“I governi non pensino solo all’ordine pubblico”

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’ DEL VATICANO

Arcivescovo Antonio Maria Vegliò (presidente del Pontificio consiglio per i migranti) cosa replica a Bossi?

«La Santa Sede parla al mondo senza entrare in polemiche politiche e nel disastro di Lampedusa ci sono responsabilità e cause da accertare. La Chiesa non può tacere quando vengono lesi i diritti umani, il silenzio di fronte a una simile tragedia è contrario alla nostra missione. Chi può impedire a un essere umano di emigrare per sfuggire alla fame, alla guerra, a condizioni di vita disumane? Il Papa e il dicastero vaticano dei migranti lo hanno ribadito spesso e continueranno a farlo ogni volta che sarà necessario. Ho servito la Santa Sede per trent’anni nelle rappresentanze diplomatiche di tutto il mondo, ho visto interi villaggi in fuga dalla morte, ma di fronte alle carrette del mare lasciate alla deriva nel Canale di Sicilia provo uno sconforto e una tristezza indicibili. Mentre vittime innocenti affogavano nell’indifferenza, la tv trasmetteva le immagini di un centro benessere dove i cani e i gatti venivano coccolati, pettinati, massaggiati ai lati di una piscina tutta per loro. Intanto sull’accoglienza di esseri umani si montano strumentalizzazioni, sciacallaggi politici, calcoli di convenienza. E invece un’accoglienza graduale, ordinata e rispettosa aumenta il potenziale produttivo in campo economico e arricchisce gli scambi sociali».

La Lega richiama il diritto alla difesa dei confini. E’ d’accordo?

«I governi nazionali non possono basare le politiche dell’immigrazione esclusivamente sulle esigenze di ordine pubblico, quindi vanno armonizzati gli assetti legislativi tra accoglienza e sicurezza. La dignità di ogni vita umana deve essere il punto di partenza. Già in vent’anni si stimano 15 mila vittime nei viaggi verso le sponde d’Europa; se le cose a Lampedusa sono andate davvero così, c’è da rabbrividire. Se è vero che quei disperati sono stati avvistati e poi lasciati andare incontro la morte, è assurdo pretendere che la Chiesa taccia. L’etica di soccorrere i naufraghi è antica quanto l’etica marittima, per secoli i capitani delle navi hanno salvato naufraghi pronti a rischiare tutto, anche la vita. A Lampedusa è successo un fatto gravissimo, pensare di farlo passare sotto silenzio è indice di chiusura nel proprio egoismo. Sul gommone alla deriva non c’erano numeri, ma migranti, cioè persone con diritti inalienabili da rispettare, incluso essere accolti e soccorsi da chi sorveglia quel tratto di mare».

Colpa dei respingimenti?

«Ogni Stato ha diritto di difendersi e di garantire sicurezza e legalità. Ed è necessaria una reale cooperazione internazionale per affrontare un fenomeno epocale. Però in società cosiddette civili i sentimenti di rifiuto dello straniero ostacolano una gestione lungimirante del fenomeno migratorio. Anche nella legittima regolazione dei flussi, un governo deve salvaguardare il diritto umano al soccorso e all’accoglienza. Viviamo in un mondo sempre più globalizzato e segnato da spaccature profonde, ma non ci si interroga se siamo di fronte a un’invasione dalla quale bisogna difendersi o se i poveri non abbiano piuttosto il diritto di migrare verso società benestanti. La logica del mercato, degli spostamenti di merci o capitali, va bene a tutti, però poi quando si rivolge ai movimenti delle persone non vale più. Le frontiere ormai esistono solo per gli esseri umani».

Quale soluzione indica la Santa Sede?

«Un ordinamento giuridico internazionale che faccia condividere le responsabilità tra i paesi di partenza, di transito e di destinazione dei flussi migratori. E’ una tragica violazione del principio di solidarietà alimentare il senso di paura e chiudersi nelle proprie mura per trincerarsi nel livello di benessere raggiunto. A una questione mondiale non si possono dare risposte localistiche, provinciali. I flussi migratori alimentati dalla disperazione non ci sono solo nel Mediterraneo. La Chiesa, esperta in umanità, è al loro fianco e incoraggia lo spirito di accoglienza e di solidarietà. Guai ad addossare ai migranti le responsabilità delle crisi sociali e delle nuove paure collettive. La Chiesa è impegnata nella soluzione di problemi come la carenza di alloggi, la mancanza di risorse alimentari e di strutture assistenziali, il fenomeno della irregolarità, il traffico di esseri umani e lo sfruttamento, in particolare di donne e bambini. E l’integrazione è indispensabile, per favorire il benessere di tutti».

© Copyright La Stampa, 23 agosto 2009 consultabile online anche qui.

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