lunedì 26 ottobre 2009

Il Papa: La Sacra Scrittura, interpretata dalla Chiesa, dia forza ai credenti per affrontare le sfide del mondo secolarizzato


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Il Papa al Pontificio Istituto Biblico: la Sacra Scrittura, interpretata dalla Chiesa, dia forza ai credenti per affrontare le sfide del mondo secolarizzato

Avvicinare la Bibbia alla vita del Popolo di Dio: è l’esortazione rivolta da Benedetto XVI ai membri del Pontificio Istituto Biblico, ricevuti stamani in Vaticano in occasione del centenario di fondazione. Il Papa, salutando il preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Adolfo Nicolàs, ha ringraziato i Padri gesuiti a cui l’Istituto è affidato sin dalla nascita per volere di Pio X e che conta studenti provenienti da 60 nazioni diverse. Nel suo intervento, Benedetto XVI si è soffermato sull’importanza della Costituzione conciliare Dei Verbum, che ha dato rinnovato vigore agli studi biblici. L’indirizzo d’omaggio è stato rivolto dal cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica. Il servizio di Alessandro Gisotti:

“Un traguardo e al tempo stesso un punto di partenza”: Benedetto XVI ha definito, così, il centenario del Pontificio Istituto Biblico. Ha quindi esortato la comunità dei docenti e allievi dell’istituzione universitaria a proseguire nel servizio di “avvicinare la Bibbia alla vita del Popolo di Dio, perché sappia affrontare in maniera adeguata le inedite sfide che i tempi moderni pongono alla nuova evangelizzazione”:

“Comune auspicio è che la Sacra Scrittura diventi in questo mondo secolarizzato non solo l’anima della teologia, bensì pure la fonte della spiritualità e del vigore della fede di tutti i credenti in Cristo”.

Il Papa ha così auspicato che il Pontificio Istituto Biblico continui a crescere come “centro ecclesiale di studio di alta qualità nell’ambito della ricerca biblica, avvalendosi delle metodologie critiche moderne” e “assicuri un’accurata formazione ai futuri professori della Sacra Scrittura”. Né ha mancato di ricordare che la prestigiosa istituzione, nel corso dei decenni, ha formato più di settemila professori di Sacra Scrittura. Ha poi messo l'accento sull'attività dell'Istituto "tesa ad interpretare i testi biblici nello spirito nel quale sono stati scritti ed aperta al dialogo con le altre discipline, con le diverse culture e religioni". Benedetto XVI si è così soffermato sul contributo dato dal Concilio Vaticano II all’accresciuto interesse per la Bibbia. In particolare, il Pontefice si è riferito alla Costituzione dogmatica Dei Verbum, alla cui elaborazione, ha ricordato, partecipò come teologo. Grazie a quel documento conciliare, ha ribadito, “si è avvertita molto più l’importanza della Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa”:

“Ciò ha favorito nelle comunità cristiane un autentico rinnovamento spirituale e pastorale, che ha interessato soprattutto la predicazione, la catechesi, lo studio della teologia, e il dialogo ecumenico. A questo rinnovamento il vostro Pontificio Istituto ha dato un proprio significativo contributo con la ricerca scientifica biblica, con l’insegnamento delle discipline bibliche e la pubblicazione di qualificati studi e riviste specializzate”.

La Dei Verbum, ha proseguito, ha “sottolineato la legittimità e la necessità del metodo storico-critico”. Al tempo stesso, mantiene “fermo” il carattere “teologico” dell’esegesi. E ciò, ha spiegato, perché “il presupposto fondamentale sul quale riposa la comprensione teologica della Bibbia è l’unità della Scrittura” ed a tale presupposto “corrisponde come cammino metodologico l’analogia della fede, cioè la comprensione dei singoli testi a partire dall’insieme”:

“Essendo la Scrittura una cosa sola a partire dall’unico popolo di Dio, che ne è stato il portatore attraverso la storia, conseguentemente leggere la Scrittura come un’unità significa leggerla a partire dalla Chiesa come dal suo luogo vitale e ritenere la fede della Chiesa come la vera chiave d’interpretazione”.

Se l’esegesi vuole essere anche teologia, ha rilevato Benedetto XVI, “deve riconoscere che la fede della Chiesa è quella forma di ‘sim-patia’ senza la quale la Bibbia resta un libro sigillato: la Tradizione non chiude l’accesso alla Scrittura, ma piuttosto lo apre”:

“D’altro canto, spetta alla Chiesa, nei suoi organismi istituzionali, la parola decisiva nell’interpretazione della Scrittura. È alla Chiesa, infatti, che è affidato l’ufficio di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta e trasmessa, esercitando la sua autorità nel nome di Gesù Cristo”.

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1 commento:

massimo ha detto...

questo principio della scrittura interpretata nella chiesa e non solo dagli specialisti e arbitrariamente nell'individualità è stato uno dei principi ispiratori della teologia del giovane Ratzinger al concilio V.II,credo che questo abbia salvato la chiesa,sicuramente non siamo diventati tutti protestanti per questo,non ricordo ma credo sia stato il teologo luterano Cullmann Oscar a rimproverare ai cattolici una progressiva perdita di identità,lui vedeva la protestantizzazione del cattolicesimo come una vera e propia corruzione,invitava i cattolici a preservare la loro tradizione,penso stimasse molto il teologo Ratzinger per la sua chiara e solida dottrina.