martedì 17 novembre 2009

Il Papa alla Fao: la terra ha risorse per tutti Sicurezza alimentare, servono nuove logiche (Mazza)


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DA ROMA

SALVATORE MAZZA

Una sola certezza: la fame si può sconfiggere. Perché il cibo c’è, e può bastare per tutti, suffi­ciente «sia a soddisfare la domanda at­tuale, sia quella prevedibile in futuro». Ma in mezzo, tra questa realtà e la vit­toria sulla fame e la denutrizione, esi­stono un mare di problemi che solo u­nendo gli sforzi di tutti, e riconoscen­do il valore trascendente della persona, possono essere superati. Perché se «la fame è il segno più crudele e concreto della povertà», e «non è possibile con­tinuare ad accettare opulenza e spre­co, quando il dramma della fame as­sume dimensioni sempre maggiori » , riconoscere «il valore trascendente di o­gni uomo e di ogni donna resta il pri­mo passo per favorire quella conver­sione del cuore che può sorreggere l’impegno per sradicare la miseria, la fame e la povertà in tutte le loro for­me ».
Invitato ieri mattina all’apertura del Vertice mondiale sulla sicurezza ali­mentare, in corso a Ro­ma presso la sede del­la Fao, Benedetto XVI ha detto chiaramente che la sconfitta della fame del mondo non sta in soluzioni tecni­che, quali che siano.
Cooperazione, inter­venti finanziari, aper­tura dei mercati e quant’altro, compresi i vari richiami alla 'giu­stizia', non potranno mai, da soli, offrire soluzioni piene al problema se non si parte da una «con­versione » alla solidarietà. Così da «ri­definire i concetti ed i principi sin qui applicati nelle relazioni internaziona­li » e «così da rispondere all’interroga­tivo: cosa può orientare l’attenzione e la successiva condotta degli Stati ver­so i bisogni degli ultimi?». Discorso ' forte', quello di Papa Rat­zinger.
Che senza indulgere alla retori­ca e sfuggendo la tentazione di rincor­rere la facile via della denuncia su ri­tardi e omissioni dei Paesi ricchi, è an­dato dritto al cuore di un problema che, già con Giovanni Paolo II, la Santa Se­de aveva individuato. La necessità, cioè, di 'rifondare' la convivenza tra le na­zioni sui diritti fondamentali di ogni donna e ogni uomo che vivono sul pia­neta. Tutto ciò, ha spiegato, in quanto «la Chiesa non pretende di interferire nelle scelte politiche», ma, «rispettosa del sapere e dei risultati delle scienze, come pure delle scelte determinate dal­la ragione quando sono responsabil­mente illuminate da valori autentica­mente umani, si unisce allo sforzo per eliminare la fame».
Per questo allora, ha proseguito di fron­te all’assemblea riunita nella romana dell’agenzia Onu per l’alimentazione e l’agricoltura, c’è bisogno «della solida­rietà animata dalla carità » , senza la­sciare «spazio a ritardi e compromes­si ». Tale solidarietà, ha osservato Be­nedetto XVI, «si affida alla tecnica, alle leggi ed alle istituzioni» ma «non deve escludere la dimensione religiosa, con la sua potente forza spirituale e di pro­mozione della persona umana».
In questo sforzo, ha tuttavia aggiunto, è necessario individuare «nuovi para­metri », anzitutto etici, ma anche giuri­dici ed economici, capaci di rifondare i rapporti tra le nazioni sulla base del­la loro «fondamentale eguaglianza». In­fatti, la «drammatica crescita» del nu­mero di coloro che soffrono la fame, nonostante la produzione alimentare sia «sufficiente per soddisfare sia la do­manda attuale, sia quella prevedibile per il futuro», è colpa non solo di «e­goismo » e « speculazioni » , ma anche della 'debolezza' degli attuali mecca­nismi di cooperazione internazionale. Quest’ultima infatti, senza il necessa­rio riferimento al principio di sussi­diarietà, non può essere «strumento ef­ficace, libero da vincoli e da interessi che possono assorbire una parte non trascurabile delle risorse destinate al­lo sviluppo». Ogni Paese invece deve poter scegliere liberamente il proprio modello economico, anche grazie a nuove regole che sottraggano il com­mercio internazionale alla «logica del profitto fine a se stesso».
Papa Ratzinger, che e­ra stato accolto al suo arrivo alla Fao dal di­rettore generale Jac­ques Diouf, dal segre­tario generale dell’O­nu Ban Ki-moon, da A­li Triki, presidente del­l’Assemblea generale delle Nazioni Unite e da Silvio Berlusconi, in veste di presidente dell’Assemblea del­la Fao, s’è anche soffermato sul rap­porto «tra lo sviluppo e la tutela am­bientale ». E, al riguardo, ha sottolinea­to che per raggiungere un corretto e­quilibrio in quel rapporto «non basta­no normative, legislazioni, piani di svi­luppo e investimenti», ma «occorre un cambiamento negli stili di vita perso­nali e comunitari, nei consumi e negli effettivi bisogni, ma soprattutto è ne­cessario avere presente quel dovere morale di distinguere nelle azioni u­mane il bene dal male per riscoprire così i legami di comunione che uni­scono la persona e il creato».
La Chiesa, ha ricordato ancora il Pon­tefice, è sempre stata in primo piano nella lotta contro la fame e la miseria, creando una «coscienza solidale». Per­ché «solo in nome della comune ap­partenenza alla famiglia umana uni­versale – ha precisato – si può richie­dere a ogni Popolo e quindi ad ogni Paese di essere solidale, cioè disposto a farsi carico di responsabilità concre­te nel venire incontro alle altrui neces­sità, per favorire una vera condivisio­ne fondata sull’amore». Benedetto XVI, che era accompagnato tra gli altri dal cardinale segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, prima di lasciare la sede della Fao e rientrare in Vaticano ha salutato nella 'Sala Ca­raibi', adiacente all’auditorium, la qua­rantina di capi di Stato che, tra quelli presenti, avevano espresso il desiderio di incontrarlo personalmente.

© Copyright Avvenire 17 novembre 2009

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