lunedì 10 agosto 2009
Benedetto XVI ha definito i campi di sterminio – nazisti e non solo – atroci «simboli dell'Inferno in Terra» (Nicoli)
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Il Papa: "I lager nazisti, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell’inferno che si apre sulla terra quando l’uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce, usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte" (Angelus)
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Benedetto XVI, durante l'Angelus a Castelgandolfo, ha definito i campi di sterminio – nazisti e non solo – atroci «simboli dell'Inferno in Terra»
Contro il nichilismo che produsse i lager
Gravi insidie da quella cultura che troppo esalta la "libertà individuale": nessuno può sostituirsi a Dio
Alessandro Nìcoli
ROMA
Il male estremo che mostra il suo volto.
Questo furono i lager nazisti, questo sono stati e sono tutti i campi di sterminio. Benedetto XVI, ieri durante l'Angelus a Castelgandolfo, ha puntato l'indice contro i lager nazisti «simboli dell'Inferno in Terra» e ha lanciato un monito contro il nichilismo, morbo ancor oggi diffuso. A produrre quel "frutto malato", quell'orrore che fu il nazismo fu, anche allora, il nichilismo, pericolo «ampio e diffuso» anche nel Terzo Millennio. Ma nessun uomo può sostituirsi a Dio – ha rimarcato il Pontefice –, e attenti: «L'arbitrarietà assoluta è alla radice di ogni male».
I calendari ricordano in questi giorni i santi Teresa Benedetta della Croce-Edith Stein, ebrea convertita al cattolicesimo che si fece monaca carmelitana, e San Massimiliano Kolbe, francescano polacco. Entrambi martiri dell'inferno in terra del campo di sterminio di Auschwitz.
Entrambi straordinari esempi di santità. Di quella «carità nella verità» che è l'unica «risposta credibile ed esaustiva» alla «crisi profonda del mondo contemporaneo».
Benedetto XVI mette in guardia i cristiani da quelle «filosofie e ideologie» che si traducono – ahimè, troppe volte – in «modi di pensare e di agire»: esse sono alternative all'umanesimo cristiano e hanno «attraversato tutta quanta la Storia» raggiungendo «la punta culminante» nella follia dei campi voluti da Adolf Hitler. Esse sono il succo velenoso che inquina la nostra era: il nichilismo contemporaneo.
«I lager nazisti – scandisce la sua condanna Ratzinger –, come ogni campo di sterminio, possono essere considerati simboli estremi del male, dell'Inferno che si apre sulla Terra quando l'uomo dimentica Dio e a Lui si sostituisce, usurpandogli il diritto di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di dare la vita e la morte».
Un «triste fenomeno» – ha insistito il Papa – che «non è circoscritto ai lager, punta culminante di una realtà ampia e diffusa, spesso dai confini sfuggenti», e che non appartiene quindi solo al passato. Al contrario, secondo Benedetto XVI, oggi la cultura nichilista che «esalta la libertà individuale quale unico principio dell'uomo» è persino più insidiosa. È così, infatti, che l'uomo "si trasforma" in un dio e fa «dell'arbitrarietà il proprio sistema di comportamento».
Dunque una nuova severa censura da parte di Ratzinger dell'Olocausto e della furia nazista che si abbattè contro gli ebrei a distanza ravvicinata da altre condanne pronunciate in occasione del recente viaggio in Israele, a maggio, e di una significativa udienza a una delegazione di ebrei americani in Vaticano, a febbraio. Il Papa non perde occasione per tentare di ammorbidire il più possibile il rapporto con gli ebrei fortemente minacciato dalle dichiarazioni negazioniste del vescovo lefebvriano Richard Williamson a cui Benedetto XVI aveva revocato la scomunica, assieme agli altri tre presuli lefebvriani, destando molte polemiche.
Il Santo Padre guarda anche avanti, in particolare alle sfide della bioetica. E avverte che, così come l'uomo che rifiutò Dio all'epoca del nazismo creò l'abominio dei lager, così oggi, se vuol perseguire "il progresso" credendo di poter fare a meno di Dio, rischia di produrre altri informi mali.
Da Hannah Arendt a Steven Spielberg
La definizione dei lager nazisti (ma anche tutti gli altri) come simboli dell'inferno – che è stata usata ieri da Papa Benedetto XVI – è una costante nella memorialistica, nella saggistica e anche nelle arti visive alle prese con la narrazione e la rappresentazione della Shoah.
La filosofa Hannah Arendt nel suo celebre «Le origini del totalitarismo» ricorre spesso al paragone tra il lager e l'inferno: «Improvvisamente – scrive con la consueta lucidità la Arendt – si scopre che quanto per millenni la fantasia aveva relegato in un regno al di là della competenza umana può essere realmente prodotto qui sulla terra, che l'inferno o il purgatorio, e persino un riflesso della loro durata eterna, possono essere istaurati con i più moderni metodi di distruzione e terapia». E ancora: «Come gli aspetti volgarizzati della società senza classi hanno una strana somiglianza con l'era messianica, così la realtà dei campi di concentramento corrisponde in modo sorprendente alle immagini medievali dell'inferno».
Primo Levi ha ricostruito la sua esperienza di sopravvissuto in "Se questo è un uomo", con un continuo parallelismo con l'inferno dantesco. A pagina 29 del libro il soldato tedesco che sorveglia i deportati è definito «il nostro Caronte», così come nella pagina successiva il viaggio verso Auschwitz è una destinazione verso l'inferno. Sulla porta dell'ingresso del lager c'è la famosa frase "Arbeit macht frei" (Il lavoro rende liberi) che riecheggia il senso delle parole sulla porta dell'Inferno dantesco, «Per me si va nella città dolente...». Inoltre la prima giornata ad Auschwitz è definita «antinferno» e il lager è «la casa dei morti». Si parla di «contrappasso», così come Alex, il capo del kommando Chimico, è assimilato ai diavoli di Malebolge di Dante.
E non è un caso che per rappresentare visivamente il «male assoluto» in terra, il cinema, i documentari, le arti, abbiano usato l'immagine «inferno» per raccontare: basti ricordare "Schindler's list" di Spielberg, oppure le scene e i racconti contenuti in "Shoah" di Claude Lanzmann.
© Copyright Gazzetta del sud, 10 agosto 2009
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1 commento:
non basta neppure questo agli Ebrei per rappacificarsi con il monod. Son troppo polemici e non si combina nulla con loro. Che capocce dure!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
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