lunedì 10 agosto 2009
Fabio Salviato: «La Caritas in veritate chiama a una nuova stagione di impegno civile» (Calvi)
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VANGELO E SOCIETÀ
«L’enciclica chiama a una nuova stagione di impegno civile»
Salviato: no ai ghetti per la responsabilità
«La Caritas in veritate rappresenta una svolta per l’economia. Ora va costruito un nuovo modello di sviluppo, partendo dalla persona, e il terzo settore non può restare con le mani in mano»
DI MASSIMO CALVI
«La Caritas in veritate è un’enciclica fortemente innovativa, di portata storica per quanto si discosta dal pensiero fino a ora dominante nell’economia.
Il Papa indica la strada e contribuisce a delineare un nuovo pensiero economico che sia fondato sulla centralità della persona umana, su un’etica amica dell’uomo e non separata dall’economia, con il bene comune come fine ultimo. Ma se è evidente la necessità di rifondare l’economia, ora la società civile deve fare la sua parte» .
Fabio Salviato, 51 anni, presidente di Banca Etica – l’istituto di credito popolare nato dieci anni fa sulla spinta di alcune tra le anime più rappresentative del non profit italiano – è un ' uomo del fare', uno dei protagonisti dell’economia sociale e della finanza etica in Italia. Sfoglia l’enciclica di Papa Benedetto, e l’opuscolo è consumato da sottolineature, evidenziature, appunti a margine: «In queste pagine – dice – ci si sente a casa» .
Quali insegnamenti sente di aver tratto dall’enciclica, quali sono i passaggi che più hanno acceso il suo interesse?
Nel dire che l’economia ha bisogno dell’etica per il suo corretto funzionamento, il Papa compie un passo avanti molto ampio rispetto al pensiero comune. La Caritas in veritate ci insegna che le dimensioni dell’etica e della responsabilità non vanno confinate in settori marginali del mercato. Che si deve passare da un sistema basato sulla massimizzazione del profitto a uno nel quale il ' giusto' profitto viene utilizzato per investire nella direzione di uno sviluppo equilibrato. Ci dice anche che il nuovo modello di sviluppo ha bisogno della gratuità e del dono come espressione di fraternità. Sono concetti innovativi. Sottolineano la necessità che tutte le dimensioni che contribuiscono allo sviluppo devono essere caratterizzate da una tensione etica nella direzione del bene comune.
L’enciclica suggerisce di dare « ampio sostegno » alle iniziative di finanza etica, e tuttavia evidenzia il rischio di ricorrere alla parola « etica » in modo « ideologicamente discriminatorio » nei confronti di altre proposte pur valide. Come accoglie queste osservazioni?
Negli ultimi dieci anni l’intero sistema bancario italiano ha avviato una riflessione sui temi della responsabilità e ha via via offerto sempre più prodotti finanziari con il bollino etico. Il processo è stato incentivato dall’emergere di una nuova sensibilità nella società ma anche dalla presenza di iniziative come Banca Etica, che hanno stimolato e favorito il contagio. Ora, però, credo che il Papa inviti a fare un salto di qualità. L’etica non può più essere confinata in un ghetto, non può essere un’isola nella quale ci si sente a posto mentre altrove tutto funziona come prima. L’intera attività economica e finanziaria deve essere permeata da una sensibilità nuova, di responsabilità circa quello che si produce e come lo si produce.
L’universo della finanza alternativa come può, concretamente, recepire questo messaggio?
Il movimento della finanza etica ha avuto e ha tuttora un ruolo importantissimo.
Ha dimostrato che è possibile operare nel mercato seguendo princìpi che il mercato non ha mai considerato degni di attenzione. Bene, oggi dobbiamo lavorare per fare in modo che in tutta l’economia vengano inseriti elementi forti di responsabilità. Credo che nelle parole del Papa vi sia una sollecitazione a non restare chiusi, a non accontentarsi nell’essere ' duri e puri', ma a compiere un ulteriore passo in avanti.
Nell’enciclica il Papa propone di superare la tradizionale distinzione tra imprese profit e organizzazioni non profit e parla di « una « nuova ampia realtà » che coinvolge il privato e il pubblico, che non esclude il profitto, ma lo considera strumento per realizzare finalità umane e sociali.
L’idea che Stato, mercato e società civile siano tre soggetti con pari dignità rappresenta un riconoscimento forte al settore non profit, e allo stesso tempo il Papa indica chiaramente come guardare al profitto per finalità sociali, abbattendo gli steccati. Per questo la società civile non può più restare con le mani in mano. Dobbiamo mobilitarci e impegnarci per promuovere un dibattito molto ampio su come tradurre in pratica le indicazioni di questa enciclica. C’è la necessità di elaborare un nuovo concetto di sviluppo, che non coincida solamente con lo sviluppo economico e tecnologico ma tenga conto di indicatori di benessere sociali più ampi, come l’istruzione, la sanità, l’indice di natalità e mortalità, l’inquinamento ambientale, lo sviluppo armonico. Il Papa chiede di fare uscire i poveri dalla fame, dalla miseria, dalle malattie e dall’analfabetismo, parla di un nuova autorità politica mondiale per governare la globalizzazione al servizio del bene comune. Sono tematiche troppo importanti per lasciare che siano affrontate agli alti livelli, e il Papa ha usato parole che non possono lasciarci indifferenti.
Da che cosa partire?
Nella Caritas in veritate sono indicate alcune opzioni molto precise delle riflessioni in corso nel mondo dell’economia. È da questo che dobbiamo ripartire. Penso a convegni, dibattiti, seminari... Il mio auspicio è che nella società civile si apra una nuova stagione di impegno, come fu quella avviata a metà degli anni Novanta, che portò alla nascita del Forum del Terzo settore e vide fiorire molte iniziative nel campo dell’economia sociale, tra le quali anche la Banca Popolare Etica. Purtroppo negli ultimi anni un’ampia fetta di società civile invece di essere motore di idee è stata al traino della politica e in questo momento si trova disorientata perché è venuto a mancare il punto di riferimento. Occorre uno scatto, un nuovo impegno, perché terminata questa crisi economica, non si potrà certo ripartire con le regole di prima.
«Acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico » e – dice il Papa – esiste una « responsabilità sociale del consumatore » . Come può rispondere il singolo cittadino?
È un messaggio importante. Il Papa chiama in causa i consumatori e, per esteso, anche i risparmiatori, attribuendo loro responsabilità precise. Perché ogni cittadino ha la possibilità di incidere, con le proprie scelte, e di orientare il mercato nella giusta direzione. Troppo spesso ci si dimentica che le imprese e le banche non sono buone o cattive per natura, e che se agiscono in un certo modo è anche perché, spesso, rispondono alle esigenze manifestate dai consumatori. In questi anni sono nate molte iniziative di consumo responsabile o di acquisto solidale, che hanno anche il merito di costruire relazioni tra le persone. Si tratta di esperienze importanti, perché contribuiscono a far crescere e ad alimentare quella « fiducia » di cui si parla anche nella
Caritas in veritate come elemento fondamentale del mercato.
Il Papa invita anche a un’azione di « discernimento » di fronte all’abuso dell’aggettivo « etico » , contro il rischio della diffusione di falsi valori. Come vede questo rischio?
L’enciclica indica una serie di opzioni e di strumenti attraverso i quali operare guardando al benessere della collettività, della «famiglia umana » , per realizzare una società più giusta. Ma al centro di tutto viene posta la persona con i suoi reali bisogni. Il punto forte del messaggio di Papa Benedetto è nella centralità della persona umana, perché è attorno a questa che vanno costruiti gli strumenti per una nuova economia. Senza questo cambiamento radicale rischiamo di andare incontro alla distruzione dell’uomo.
© Copyright Avvenire, 9 agosto 2009
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