giovedì 22 ottobre 2009

Gli apripista anglicani (Aldo Maria Valli)


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Gli apripista anglicani

Aldo Maria Valli

La decisione di Benedetto XVI di accogliere nella Chiesa cattolica gruppi di anglicani che hanno chiesto di tornare alla comunione con Roma apre importanti prospettive ma anche alcuni problemi.
Da quanto è emerso finora, in attesa di conoscere il testo della costituzione apostolica firmata dal papa, gli anglicani che ne hanno fatto richiesta, sia in quanto singole persone sia in quanto gruppi organizzati, saranno ammessi alla piena comunione nella Chiesa cattolica (il che implica chiaramente da parte loro il riconoscimento del primato del papa) pur mantenendo invariati alcuni aspetti qualificanti della tradizione anglicana in campo liturgico e spirituale.
Ciò sarà possibile attraverso la costituzione di speciali ordinariati, sul modello di quelli militari, all’interno dei quali gli anglicani risponderanno non al vescovo cattolico locale ma al loro ordinario.
È previsto che i chierici sposati già anglicani potranno essere ordinati sacerdoti cattolici mantenendo il loro stato civile, ma non potranno diventare vescovi. I vescovi anglicani sposati dovranno “retrocedere” allo stato di semplici preti, mentre i chierici anglicani non sposati potranno aspirare a diventare vescovi.
L’adesione alla Chiesa cattolica è stata chiesta da alcuni settori dell’anglicanesimo (si calcola circa mezzo milione di fedeli in tutto il mondo, tra i quali una trentina di vescovi) soprattutto dopo che la Chiesa anglicana ha permesso l’ordinazione sacerdotale delle donne e ha aperto al riconoscimento delle nozze gay e dell’ordinazione sacerdotale di omosessuali dichiarati.
La richiesta, arrivata in particolare da Africa e Asia, ha messo in moto un delicato processo di avvicinamento al quale il Vaticano, dopo mesi di studio, ha deciso di rispondere appunto con la formula degli ordinariati.
Anche nei paesi di lingua inglese e di tradizione anglicana si aprirà così uno scenario simile a quello dei paesi dell’Est europeo (è il caso in particolare dell’Ucraina) nei quali sono presenti i cosiddetti “uniati”, cioè cristiani di rito e spiritualità orientale (con preti sposati) che però alcuni secoli fa sono tornati in seno alla Chiesa cattolica riconoscendo la giurisdizione del papa.
E proprio qui si apre un problema ecumenico. Se infatti, da un lato, la porta che Benedetto XVI ha aperto agli anglicani può essere considerata un segnale di forte attenzione e di impegno per il ritorno alla piena unità dei cristiani, dall’altro rischia di diventare un’altra pietra di inciampo nel dialogo con le confessioni cristiane non cattoliche proprio perché ripropone quel modello di uniatismo che ampi settori del cristianesimo non cattolico condannano da sempre in quanto “invasione di campo” e forma di proselitismo.
L’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, massima autorità religiosa della Chiesa anglicana, in una lettera ha sentito il bisogno di rassicurare i fedeli precisando che la decisione del papa non equivale a un atto di proselitismo o di aggressione, ma è chiaro che il provvedimento vaticano fa capire quale deve essere per Benedetto XVI l’esito dell’ecumenismo: il ritorno nelle braccia di Roma attraverso la fedeltà al papa. Idea sulla quale gli ortodossi non sono affatto d’accordo.
Colpisce poi la tempistica del Vaticano nel dare l’annuncio.
Rivolto ai suoi vescovi, Williams si è detto dispiaciuto di non averli potuti avvertire prima perché lui stesso è stato avvisato all’ultimo momento. Da parte del Vaticano un’accelerazione che è forse da mettere in relazione con l’altra partita aperta da tempo, quella con i lefebvriani.
Lunedì prossimo, 26 ottobre, nel palazzo del Sant’Uffizio avverrà infatti il primo incontro dei colloqui, rigorosamente a porte chiuse, fra la delegazione vaticana e quella della Fraternità San Pio X in vista del recupero della piena comunione, alla quale Benedetto XVI ha dimostrato di tenere moltissimo accettando entrambe le condizioni poste dai lefebvriani per riprendere il confronto, ovvero la liberalizzazione del messale preconciliare e la revoca della scomunica ai quattro vescovi tradizionalisti consacrati illecitamente.
I lefebvriani puntano a ottenere dal Vaticano lo status di prelatura personale, una sorta di diocesi senza territorio o sovraterritoriale, sul modello di quanto è avvenuto nel caso dell’Opus Dei (che infatti ha al suo vertice un prelato con funzioni di vescovo ma sganciato dalla struttura diocesana). La linea della commissione vaticana potrebbe invece andare nella direzione dell’ordinariato, che garantisce sì l’autonomia ma in una forma più attenuata (per quanto riguarda, per esempio, i seminari), e in questo senso il caso degli anglicani potrebbe fare da apripista.

© Copyright Europa, 22 ottobre 2009 consultabile online anche qui.

Credo che i Lefebvriani chiederanno una piena autonomia dai vescovi diocesani, come ha gia' detto Mons. Fellay.
In ogni caso ecumenismo non e' sinonimo di strette di mano e bei discorsi, ma di passi importanti per raggiungere l'unita'.
Siamo di fronte ad un evento storico: tentare di sminuirlo e' un vero peccato
.
R.

3 commenti:

gianniz ha detto...

Secondo me la strategia comunicativa scelta dalla Santa Sede è stata minuziosamente calcolata.
Non è stata data alcuna notizia con tempi larghi, anche agli Anglicani, per evitare, il più possibile, le fughe di notizie, le "pressioni" (esplicite o subliminali), le polemiche strumentali e le confusioni che, purtroppo, da un pò di tempo a questa parte, sembrano caratterizzare le comunicazioni della Santa Sede.
Durante il "briefing" sono state rese note le linee guida della prossima Costituzione, ma non il testo definitivo. Volutamente, io penso, perchè così si ha la possibilità, prima di tutto, di monitorare le reazioni,e, poi, di intervenire, dove serve, per aggiustare, limare, approfondire, rendere più chiaro, perfezionare, ampliare il testo definitivo della Costituzione, riuscendo così ad evitare, il più possibile, strascichi e contraccolpi.
Mi associo, questa volta, ai complimenti che tu, Raffaella, in questo caso, hai già rivolto alla Sala Stampa.

sam ha detto...

Anch'io finalmente mi complimento con la Sala Stampa. E' un buon segnale. Tra i media e gli spifferatori vaticani, è proprio necessario imparare a seguire alla lettera il Vangelo ed essere semplici come colombe e prudenti come serpenti. Errare è umano, l'importante è non perseverare nell'errore.
Stavolta sono felice di poter dire: bravo Lombardi!

A.R. ha detto...

Mi dispiace della confusione finale che Valli fa, pensando che una prelatura personale sia una esenzione dei vescovi maggiore di un "ordinariato" personale. Ma non è così. E' esattamente il contrario. Un ordinariato personale, come una Amministrazione apostolica o un Ordinariato militare è una vera e propria diocesi. Una prelatura personale è un ibrido tra una società di vita apostolica e un ordinariato, ma deve fare i conti con i vescovi territoriali molto più che nell'altro caso.