martedì 6 ottobre 2009
Il Papa: apriamo tutti i confini all’amore di Dio (Mazza)
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Il Papa: "Mi sembra questo un elemento molto importante: il Dio vicino. Le cose della scienza, della tecnica comportano grandi investimenti: le avventure spirituali e materiali sono costose e difficili. Ma Dio si dona gratuitamente. Le cose più grandi della vita — Dio, amore, verità — sono gratuite. Dio si dà nel nostro cuore. Direi che dovremmo spesso meditare questa gratuità di Dio: non c'è bisogno di grandi doni materiali o anche intellettuali per essere vicini a Dio. Dio si dona gratuitamente nel suo amore, è in me nel cuore e sulle labbra" (Meditazione "a braccio")
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SINODO PER L'AFRICA (4-25 OTTOBRE 2009): LO SPECIALE DEL BLOG
Il Papa: apriamo tutti i confini all’amore di Dio
Domenica il via al Sinodo «africano» con la Messa celebrata da Benedetto XVI nella Basilica vaticana
DA ROMA
SALVATORE MAZZA
Si chiamano «materialismo pratico» e «fondamentalismo religioso». Sono le scorie tossiche che rischiano di «inquinare» le «risorse spirituali e culturali» dell’Africa, questo «immenso 'polmone' spirituale per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza».
È entrato subito in medias res , Benedetto XVI, nell’omelia della solenne celebrazione che, domenica mattina, in San Pietro, ha aperto il secondo Sinodo per l’Africa sul tema La Chiesa in Africa a servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.
«Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo» . Per il Papa, i tesori del Continente Nero non sono infatti solo le risorse materiali, che spesso causano sfruttamento, conflitti e corruzione, ma soprattutto «il suo profondo senso di Dio»; tesoro «inestimabile » per tutto il mondo» di cui proprio l’Africa è «depositaria», e che va da un lato preservato da quella «pericolosa patologia» già diffusa nel mondo occidentale rappresentato dal «materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista», e, dall’altro, dal «fondamentalismo religioso, mischiato con interessi politici ed economici».
«Gruppi che si rifanno a diverse appartenenze religiose – ha sottolineato al riguardo il Pontefice – si stanno diffondendo nel continente africano; lo fanno nel nome di Dio, ma secondo una logica opposta a quella divina, cioè insegnando e praticando non l’amore e il rispetto della libertà, ma l’intolleranza e la violenza».
Benedetto XVI, che ha presieduto la Messa concelebrata da 239 padri sinodali e 55 sacerdoti collaboratori del Sinodo, e accompagnata anche da un coro congolese, ha dedicato la sua omelia a delineare i confini entro cui deve muoversi l’azione della Chiesa per l’emancipazione del Continente (il testo integrale è pubblicato a pagina 6).
E proprio riallacciandosi a questo tema, ieri mattina, intervenendo all’inizio della prima mattinata dei lavori, ha sottolineato «i tre doni dello Spirito» che accompagneranno quel percorso, nella consapevolezza che il Sinodo può essere realmente un’esperienza di «responsabilità pastorale collegiale» e, insieme, un’occasione per «rinnovare lo slancio di evangelizzazione».
A condizione che il vero protagonista sia, appunto, lo Spirito, forza che supera la nuova babele dell’egoismo e «unisce senza uniformare», e dunque con l’auspicio che la carità gratuita di Dio, che ogni cristiano è tenuto ad annunciare, «apra i confini di tribù, etnie e religioni».
«Tutte le nostre analisi del mondo – ha detto papa Ratzinger – sono insufficienti se non consideriamo il mondo alla luce di Dio, se non scopriamo che alla base delle ingiustizie, della corruzione c’è un cuore non retto, c’è una chiusura verso Dio». E riflettendo sull’inno dell’Ora Terza, la preghiera che aveva introdotto la prima Congregazione generale, Benedetto XVI si è soffermato su «tre doni essenziali dello Spirito Santo». Il primo, ha spiegato, è la «confessione », da intendersi sia come riconoscimento della piccolezza umana davanti a Dio sia come ringraziamento a Dio per i suoi doni. «Le cose della scienza, della tecnica – ha detto – costano grandi investimenti. Ma Dio si dà gratis. Le più grandi cose della vita – Dio, l’amore, la verità – sono gratuite e direi che su questo dovremmo spesso meditare».
Il secondo dono dello Spirito, ha proseguito, discende dal primo: l’uomo che scopre l’intimità con il divino deve poi testimoniarlo con tutto se stesso. «Importante – ha detto al riguardo – è che il cristianesimo non è una somma di idee, una filosofia, una teoria, ma è un modo di vivere, è carità, è amore. Solo così diventiamo cristiani: se la fede si trasforma in carità, se è carità. Il nostro Dio è da una parte Logos, Ragione eterna, ma questa Ragione è anche Amore. Non è fredda matematica che costruisce l’universo: questa Ragione eterna è fuoco, è carità. Già in noi stessi dovrebbe realizzarsi questa unità di ragione e carità, di fede e carità».
Anche il terzo dono è connesso agli altri: la carità di Dio, che va annunciata all’umanità, a ogni uomo, e che per un cristiano è un prossimo e un fratello. Infatti «la carità – ha ricordato il Pontefice – non è una cosa individuale, ma universale. Universale e concreta. Occorre aprire realmente i confini tra tribù, etnie, religioni all’universalità dell’amore di Dio nei nostri luoghi di vita, con tutta la concretezza necessaria».
© Copyright Avvenire, 6 ottobre 2009
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