sabato 10 ottobre 2009
Lettera di Mons. Zimowski per l’Anno Sacerdotale: accanto al malato, il sacerdote rappresenta Cristo che soffre con noi (Radio Vaticana)
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Lettera di Mons. Zimowski per l’Anno Sacerdotale: accanto al malato, il sacerdote rappresenta Cristo che soffre con noi
Cristo non è indifferente alla nostra sofferenza: è quanto sottolinea l’arcivescovo Zygmunt Zimowski, presidente del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari in una Lettera per l’Anno Sacerdotale. Nel documento, indirizzato in particolare ai malati e sofferenti e a quanti prestano servizio agli infermi, mons. Zimowski scrive che il sacerdote quando è accanto al malato rappresenta Cristo stesso. Il servizio di Alessandro Gisotti:
“Tramite i Sacramenti della Chiesa, amministrati dal sacerdote – scrive mons. Zimowski – Gesù Cristo offre al malato una guarigione attraverso la riconciliazione e il perdono dei peccati, attraverso l’unzione con l’olio sacro e infine nell’Eucaristia”. Per questo, sottolinea il presule, “nella persona del sacerdote è quindi presente accanto al malato lo stesso Cristo che perdona, guarisce” e conforta. Gesù, infatti, “Medico Divino”, “non è indifferente alla sorte di chi soffre”. Riecheggiando l’esortazione di Benedetto XVI nella Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale, l’arcivescovo Zimowski invita la comunità cristiana “a riscoprire la bellezza della vocazione sacerdotale e, quindi, a pregare per i sacerdoti”.
Mons. Zimowski rammenta inoltre che l’Anno Sacerdotale si concluderà nel giugno del 2010, anno in cui il Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari celebrerà il 25.mo anniversario della sua istituzione da parte di Giovanni Paolo II, con un pellegrinaggio dei cappellani ospedalieri prima a Lourdes e dopo ad Ars. Il presule sottolinea che la Chiesa ha bisogno delle preghiere dei malati e sofferenti e chiede loro una “preghiera speciale per i sacerdoti ammalati e provati nel corpo” che sperimentano “il peso del dolore, insieme alla forza della grazia salvifica che consola e risana l’anima”. La lettera si conclude con un invito a pregare per la Beatificazione e Canonizzazione di Papa Wojtyla e per le sante vocazioni sacerdotali e religiose.
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2 commenti:
Posso fare un commento che mi riguarda da vicino?
Qualche anno fa sono stato olpito da una grave malattia, improvvisa, che mi ha portato vicino alla morte. Arrivato in un ospedale ancora cosciente chiedo subito di chiamarmi il cappellano: dopo alcune ore non era arrivato!
Lo faccio richiamare una seconda volta; passano ancora delle ore e non arriva! Nel frattempo mi accorgo che sto morendo e chiedo ancora all'infermiera di chiamare il cappellano: è la terza volta. Il mattino seguente il cappellano non era ancora arrivato. Nel frattempo le mie condizioni peggiorano e vengo trasferito d'urgenza in altro ospedale: anche qui chiedo di chiamare il cappellano: lo chiedo una, due, tre volte e non arriva!
Appena accorre qualche mio parente mando uno di questi a cercare il cappellano e portarlo da me anche in catene: lo cerca in tutto l'ospedale e non lo trova da nessuna parte! Sulla porta della sua abitazione gli lascia un biglietto chiedendogli di recarsi urgentemente da un moribondo! Rimango in quell'ospedale alcuni giorni ma il cappellano non si vede! Le mie condizioni peggiorano ancora e vengo operato d'urgenza; fino al momento di farmi l'anestesia il cappellano non si vede. Dopo qualche giorno, svegliatomi dall'anestesia chiedo nuovamente del cappellano e non viene!
Vengo traserito in un altro ospedale ancora ed è sempre impossibile avere un cappellano. In due settimane e diversi ospedali non sono riuscito ad avere il cappellano. Grazie a Dio mi salvo e mi riprendo!
Vengo trasferito in altro ospedale e qui anche se di sfuggita il cappellano lo vedo, ma gli infermieri mi dicono che è più facile fare tredici al totocalcio che beccare il cappellano: non c'è mai.
In effetti, la volta che lo incontrai gli chiesi a che ora era la messa feriale e mi disse che non aveva orario! Come, gli dissi, non ha orario?
Mi rispose che celebrava se e quando poteva!!!
Qualcuno di voi mi dirà: magari quel cappellano aveva altri incarichi!
Mi sono informato: non ha nessun incarico oltre a quello di fare il cappellano in un piccolo ospedale!
Arriva la dpomenica e sebbene in sedia a rotelle, vado in cappella per la messa, ma..... la messa non c'è! C'è solo la sacrestana la quale mi informa che il cappellano ha avuto bisogno di uscire fuori sede! E lascia l'ospedale senza la messa la domenica? Si lascia l'ospedale senza messa!
In un altro reparto è ricoverato un frate francescano appena operato al ginocchio e pertanto costretto a letto: gli riferisco il fatto e mi dice, disperato che lui (superiore dei francescani di quella città) avrebbe potuto far venire uno dei suoi frati a dire messa, ma il cappellano non gli ha detto nulla! In parole povere il cappellano ha lasciato l'ospedale senza curarsi di cercare un altro prete per farsi sostituire.
Questa è la cura degli infermi della moderna pastorale; lo so che sono situazioni limite, ma l'incuria pastorale dei malati è grave lo stesso; per alcuni preti che si fanno in quattro ce ne sono molti che se ne fregano.
Una volta tornato a casa, dopo una grave e improvvisa malattia, il mio parroco è venuto da me una sola volta! Una sola volta in cinque mesi!
Ho sperimentato sulla mia pelle tutto l'abbandono pastorale in cui vengono lasciate le anime, sane o malate che siano.
Maurizio
ho avuto un'esperienza analoga con la mia anziana nonna, che purtroppo è morta senza poter vedere il parroco, nonostante le ripetute richieste, nel corso di un mese e non di giorni. Alle nostre rimostranze, ha risposto che non credeva la situazione fosse così grave (sic)...e siccome abbiamo osato lamentarci, ha snobbato il funerale e ha mandato come celebrante un collega, estraneo all'attività parrocchiale. Mia nonna era una persona molto devota, che finchè ha potuto per anni si è occupata con altre anche della manutenzione dei locali della chiesa. E' sempre stata il serbatoio della fede nella mia famiglia, per metà non credente. E tutto questo non lo avrebbe meritato. Sono piccole cose, ma spesso allontanano dalla chiesa. Grazie a Dio, in me ha prevalso la sua testimonianza di fede, soprattutto nella sofferenza, e non quella del pastore che avrebbe dovuto curarsi di lei, altrimenti non sarei qui adesso.
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